Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11499 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 6 Num. 11499 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA
sulle richieste di rimessione del processo proposte da
1. GUERRA Maurizio, nato a Carrara il 28/08/1962
2. CARMAGNOLA Silvano, nato a Carrara il 13/10/1954
in relazione al processo pendente davanti al Tribunale di Massa per il giudizio
dibattimentale di primo grado nei loro confronti e di altri dieci coimputati, con la
presenza di numerose parti civili;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale dott.
Roberto Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità delle richieste;
uditi i difensori dei richiedenti, avv. Andrea Lazzari e avv. Stefano Beretti, che
hanno insistito per l’accoglimento delle richieste di rimessione del processo.
Motivi della decisione
1. Maurizio Guerra e Silvano Carmagnola sono stati tratti a giudizio, unitamente a
numerosi coimputati, davanti al Tribunale di Massa per rispondere di plurimi reati,
avvinti da continuazione, di associazione per delinquere, truffa aggravata in danno del
Comune di Massa, peculato, distruzione e soppressione di parti di cadaveri, falsità in atti
pubblici. Reati commessi a Massa dal 2004 al 2008 con abuso dei doveri inerenti a un
pubblico servizio ed incentrati sulla illecita attività della società Euroservizi s.r.1.,
affidataria del Comune di Massa dei servizi cimiteriali di cremazione, consistita nella
dispersione di ceneri di salme e di resti mortali di molteplici cadaveri (almeno 500) non
tutti identificati, omettendo -tra l’altro- di formare le attestazioni di avvenuta regolare
esecuzioni delle operazioni di cremazione o sepoltura o formandole in modo mendace.

Data Udienza: 21/10/2013

2. Premesso in limine il carattere eccezionale dell’istituto della rimessione,
derogante il principio costituzionale della previa competenza per territorio del giudice
naturale precostituito per legge (art. 25 co. 1 Cost.), l’istanza adduce come alla stregua
della vigente formulazione dell’art. 45 c.p.p. (novellato dalla L. 248/2002) acquistino
rilievo ai fini della eventuale translatio iudicii non solo le situazioni in cui il giudice e gli
altri soggetti del processo abbiano subito concrete menomazioni delle rispettive
imparzialità e serenità di giudizio, ma anche le ipotesi in cui sia possibile alimentare il
fondato o ragionevole “dubbio”, in termini di mera possibilità, dell’esistenza di motivi
suscettibili di porre in pericolo l’imparzialità del giudice o la serenità delle parti
processuali.
Vengono quindi elencati fatti ed episodi che alimentano le ragioni di sospetto
sulla necessaria persistente imparzialità e serenità di giudizio dell’organo giudicante
dopo il mutamento del collegio del Tribunale chiamato a decidere in primo grado e la
connessa necessità di rinnovare l’istruttoria dibattimentale già espletata.
2.1. All’udienza del 6.5.2013, avendo la stampa locale già dato risalto all’avvenuto
cambiamento del collegio e alla eventualità che il processo dovesse ripartire da ” zero” , a
fronte della “occupazione dell’aula di udienza” ad opera delle parti civili e dei familiari dei
defunti il Presidente del Tribunale (dr.ssa Failla) “scendeva” nell’aula di udienza, dove

“incontrava i parenti dei defunti, assicurando loro tempi rapidi per la sentenza, due mesi al
massimo”. Evento di cui i giornali locali davano ampio rilievo.
2.2. Ritualmente oppostisi i difensori di Guerra e Carmagnola all’utilizzabilità
degli atti già acquisiti dal precedente diverso collegio giudicante, il Tribunale con
ordinanza resa all’udienza del 20.5.2013, dichiarate inutilizzabili le prove raccolte dal
precedente collegio, ha predisposto il calendario delle “nuove” udienze, prevedendo per
sole quattro udienze -nell’ordine- l’esame dei testi del p.m., delle parti civili, degli
imputati e dei testi di difesa. Vale a dire l’esame di ben 450 persone, certamente poco
plausibile e sintomatico della volontà di abbreviare al massimo la rinnovanda istruttoria
con palese compromissione delle esigenze di difesa.
2.3. Non a caso i successivi sviluppi dibattimentali hanno confermato tale
previsione. Il Tribunale, infatti, ha limitato l’escussione dei testimoni alla “conferma delle
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A giudizio dibattimentale pressoché concluso dopo molte udienze dedicate
all’assunzione delle prove prima della udienza fissata per la discussione il 7.5.2013 è
intervenuta la mutata composizione del collegio giudicante del Tribunale (in persona di
uno dei componenti), così delineandosi la problematica, correlata al principio di
immutabilità del giudice (art. 525 c.p.p.), della utilizzabilità piena o condizionata degli
atti istruttori già compiuti nell’anteriore istruzione dibattimentale. Utilizzazione cui
legittimamente i difensori degli imputati si sono opposti, richiedendo la nuova
assunzione delle prove davanti al collegio giudicante parzialmente mutato.
A partire da tali eventi, adducono i due imputati, è mutato il “clima giudiziario”
creatosi davanti al Tribunale di Massa, emergendo più fatti tali da far “trapelare il venir
meno della serenità e imparzialità di giudizio dell’organo giudicante”.
Di qui l’odierna istanza di rimessione del processo ai sensi dell’art. 45 c.p.p.
presentata dal Guerra e dal Carmagnola con unico atto redatto dai loro comuni difensori
e procuratori speciali. Istanza che, sul piano formale (con riguardo alla notifica dell’atto a
tutte le numerose altre parti del processo: art. 46 co. 1 c.p.p.), deve considerarsi rituale,
essendo stata proposta in udienza (24.6.2013) con consegna di copia dell’istanza a tutte le
parti presenti o rappresentate dai rispettivi difensori e (parti civili) procuratori speciali.

3. Le istanze rimessorie sono affette da palese infondatezza e vanno dichiarate
inammissibili.
Sul piano sostanziale, in vero, la prospettazione degli imputati Guerra e
Carmagnola è priva di reale specificità e destituita di giuridica consistenza per gli effetti
di cui all’art. 45 c.p.p., non indicando -al di là dei riferimenti agli elencati fatti e contegni
endoprocedimentali, di per sé non sintomatici di alcun pregiudizio ambientale- nessuna
evenienza davvero idonea a integrare contesti di legittimo sospetto avallanti
un’eventuale translatio judicii (v. Cass. S.U., 28.1.2003 n. 13687, Berlusconi, rv. 223638). Le
situazioni di pregiudizio paventate a sostegno della rimessione in tutta evidenza non
sono sufficienti a giustificare deroghe alla competenza per territorio del giudice naturale;
né vengono in risalto reali ostacoli al corretto e sereno svolgimento del giudizio nella sua
sede naturale costituita nel Tribunale di Massa.
L’istituto della rimessione, di cui si è già ribadito il carattere di eccezionale deroga
al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, non può, per ciò
stesso, non implicare una stretta interpretazione delle disposizioni che lo disciplinano. Di
tal che la “grave situazione locale” evocata dall’art. 45 c.p.p. deve necessariamente
intendersi come fenomenologia esterna alla dialettica processuale, scandita da tale e
manifesta abnormità da potersi leggere come fonte di reale rischio di parzialità
dell’ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il processo ovvero di reale lesione (o
pericolo di lesione) della libera determinazione delle persone che vi partecipano. Non
sono, quindi, ravvisabili gli estremi per la rimessione del processo quando l’istante si
limiti a prospettare soltanto il probabile rischio di turbamento della libertà valutativa e
decisoria del giudice, fondato su illazioni o su semplici timori e sospetti, non espressi da
fatti oggettivi, né muniti di intrinseca capacità dimostrativa (cfr., ex plurimis, da ultimo:
Sez. 6, 6.5.2013 n. 22113, Berlusconi, rv. 255375).
Ricordato che -come già chiarito da questa Corte regolatrice- gli articoli di stampa
o perfino una vera e propria “campagna di stampa” pur continua e animosa non
possono di per sé assumere rilievo a fini rimessori in mancanza di concreti dati rivelatori
di una coeva potenziale menomata imparzialità dei giudici locali (Sez. 3, 7.10.2009 n.
45310, Picardi, rv. 245315), deve constatarsi che tutti gli episodi ed eventi rappresentati

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precedenti dichiarazioni”, replicando (udienza 27.5.2013) alle opposizioni dei difensori a
tale “abnorme” metodica processuale che “la prova acquisita davanti al giudice poi sostituito
fa legittimamente parte del fascicolo processuale”.
2.4. L’obiettivo di “definire immediatamente il processo con l’intento di non creare
motivi di frizione con le parti lese” perseguito dal Tribunale è reso palese anche dalla
ordinanza con cui il Tribunale (udienza 17.5.2013) ha invertito, nonostante l’opposizione
dei difensori, l’ordine di assunzione delle prove, acquisendo le testimonianze delle parti
civili presenti prima di esaurire l’esame dei testi di accusa, dal momento che le parti
civili sono chiamate a deporre soltanto sulle istanze risarcitorie e sulle rispettive ragioni
di danno (ciò benché molte parti civili abbiano, invece, riferito circostanze specificamente
afferenti ai fatti oggetto delle imputazioni ascritte ai giudicabili).
2.5. Alle descritte gravi anomalie processuali si sovrappongono, poi, i molteplici
articoli di stampa locali e nazionali che asseverano la generalizzata impressione di un
improprio “schieramento del collegio giudicante con posizioni] delle c.d. parti offese”.
Tutte le indicate emergenze concorrono, dunque, ad alimentare concreti motivi di
sospetto di parzialità o di mancanza di serenità dei giudici, quale “promanazione di un
generico e generalizzato clima ambientale ostile proprio dell’intera sede giudiziaria massese”.

m

Alla declaratoria di inammissibilità delle richieste segue per legge la condanna dei
richiedenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in
favore della cassa delle ammende, equamente fissata in euro 2.000,00 (duemila) pro capite.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili le richieste e condanna i richiedenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno alla cassa delle ammende.
Roma, così deciso il 21 ottobre 2013
Il consigliere stensore

nell’istanza del Guerra e del Carmagnola, qualificati come “irregolarità strettamente
processuali”, possono essere oggetto di critica nella sede giudiziaria loro propria con gli
strumenti impugnatori consentiti dall’ordinamento, giusta quanto riconoscono -deve
darsi atto- gli stessi istanti.
Nessuno di tali eventi legittima i prospettati dubbi di preventiva parzialità
dell’organo giudicante del Tribunale di Massa, individuando situazioni pregiudicanti
“esterne” all’ufficio giudiziario, poiché si tratta di situazioni di esclusiva valenza
endoprocedimentale sottese al giudizio di merito in corso di svolgimento nei confronti
dei due imputati. Nessuna delle “anomalie processuali” denunciate si mostra capace di
alimentare una qualche concreta ragione di sospetto di parzialità o di mancanza di
serenità dei giudici di Massa.
In particolare e tra l’altro nessun profilo di illegittima interferenza è mai
ravvisabile nell’intervento svolto dal Presidente del Tribunale di Massa per rassicurare la
moltitudine delle persone offese dai numerosi reati contestati agli imputati sulla
eventualità di un temuto protrarsi del già lungo giudizio di primo grado, segnatamente
in ragione del mutamento del collegio avvenuto a ridosso del periodo feriale dell’attività
giudiziaria. Il capo dell’ufficio giudiziario si è limitato a fare corretto uso dei suoi poteri
istituzionali afferenti alla regolare organizzazione del lavoro interno alla sede giudiziaria
(art. 47 Ord. Giud.). Parimenti alcuna ragione di incertezza è offerta dalla dinamica della
questione processuale integrata dal rinnovato esame dei testimoni a norma dell’art. 525
co. 2 c.p.p. Questione nell’ambito della quale non consta, alla luce dei verbali di udienza
prodotti dagli stessi imputati, che ai loro difensori sia stato precluso il diritto di porre le
domande ritenute necessarie od opportune ai diversi testimoni riesaminati. Del tutto
pertinente, inoltre, è il richiamo del Tribunale alla giurisprudenza di legittimità in punto
di legittima acquisizione dei verbali dell’istruttoria svoltasi davanti al precedente diverso
collegio (Sez. 5, 26.3.2009 n. 21710, Di Gregorio, rv. 243894).

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