Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11494 del 21/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 11494 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto dalla parte civile
1. LO CICERO Giovanna, nata a Palermo il 08/07/1936
avverso la sentenza del 08/06/2012 del Tribunale di Palermo nei confronti di
2. MUTOLO Corrado, nato a Palermo il 10/05/1933;

letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita in udienza pubblica la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale dott.
Roberto Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto e diritto

1. Con sentenza del 19.5.2010 il Giudice di Pace di Palermo assolveva per
insussistenza del fatto Corrado Mutolo dal reato di danneggiamento dell’autovettura di
Giovanna Lo Cicero, a più riprese -secondo l’ipotesi di accusa- volontariamente
tamponata con il suo autoveicolo il 25.9.2007.
Adito dall’appello ex art. 576 c.p.p. della persona offesa Giovanna Lo Cicero,
costituitasi parte civile, il Tribunale di Palermo con sentenza del 15.2.2011 dichiarava
inammissibile il gravame per difetto di legittimazione dell’appellante ai sensi dell’art. 38
D.Lgs. 28.8.2000 n. 274 (competenza penale del giudice di pace), non avendo la Lo Cicero
a suo tempo richiesto, in veste di privato persona offesa, la citazione diretta a giudizio
del Mutolo ex art. 21 D.Lgs. predetto (imputato citato a giudizio dal p.m.).
2. Giudicando sul ricorso per cassazione proposto avverso tale decisione dalla
parte civile Lo Cicero, questa Corte con sentenza del 9.11.2011 (Sez. 2, n. 45917/11) ha
annullato senza rinvio la sentenza impugnata, disponendo la restituzione degli atti al
Tribunale di Palermo per il giudizio di merito di secondo grado.
Riportandosi ai principi fissati sul tema dalle Sezioni Unite (S.U., 29.3.2007 n.
27614, P.C. in proc. Lista, rv. 236539), questa S.C. ha puntualizzato come, in applicazione
della regola generale dettata dall’art. 576 c.p.p. valida anche per il giudizio penale

Data Udienza: 21/10/2013

3. All’esito del susseguente giudizio di appello il Tribunale di Palermo, con
sentenza in data 8.6.2012, ha respinto l’impugnazione della parte civile e confermato il
proscioglimento dell’imputato Mutolo. Condividendo le conclusioni già raggiunte dal
giudice di pace, il Tribunale ha valutato inattendibili le dichiarazioni accusatorie della Lo
Cicero sugli episodi di danneggiamento della sua vettura attribuiti al Mutolo. Vuoi per
aporie intrinseche alla sua narrazione dei fatti. Vuoi perché la sua descrizione della
vicenda appare in più punti contraddetta dalla testimonianza della stessa sorella della
parte civile, Giuseppa Lo Cicero, che pure sarebbe stata presente ai fatti ascritti al
Mutolo, la cui tesi difensiva di totale estraneità ai fatti denunciati dalla parte civile è -per
altro- avvalorata dallo stesso fratello della parte civile Rosario Lo Cicero. Emergenze alle
quali deve aggiungersi, rimarca il Tribunale, il clima di forte tensione tra imputato e
parte civile per pregresse vicende giudiziarie (“…esistenza di chiari motivi personali di
rancore [della Lo Cicero] che sono stati così profondi e inveterati da portare ad una serie di
denunce a carico del Muto/o, sempre archiviate o risultate infondate a seguito di processi penali”).
4. Con il ministero del difensore la parte civile ha impugnato per cassazione la
decisione assolutoria di appello, deducendo i seguenti due ordini di motivi.
4.1. Violazione dell’art. 34 c.p.p.

La sentenza del Tribunale è stata pronunciata dallo stesso giudice monocratico
persona fisica, che aveva dichiarato inammissibile l’appello della parte civile con la
sentenza del 15.2.2011 annullata con rinvio dalla Cassazione. Tale giudice in sede di
rinvio non ha ritenuto di astenersi, pur essendo a ciò obbligato, decidendo nel merito
una vicenda che aveva già trattato e giudicato. Ne discende la nullità della decisione.
4.2. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Se è indiscutibile che tra le parti sussista un clima di “aspra conflittualità”, non è
meno vero che il giudice, trascurando la richiesta di parziale riapertura dell’istruzione
formulata con l’appello contro la decisione del giudice di pace, ha omesso di accertare se
e quali procedimenti penali e civili siano attualmente pendenti tra il Mutolo e la Lo
Cicero. Di qui la illogicità del giudizio di inaffidabilità espressa sul conto della ricorrente
parte civile. Le marginali discordanze emerse tra le sue dichiarazioni e quelle della
sorella, comprensibili anche per la non più giovane età delle due donne, costituiscono
indice della genuinità delle loro deposizioni. Del pari non può ignorarsi che la
testimonianza del fratello della ricorrente (Rosario Lo Cicero, secondo cui il Mutolo si
sarebbe trovato in sua compagnia al momento dei fatti e non alla guida del suo veicolo) è
quanto meno sospetta, essendo lui stesso coinvolto nell’aspra contesa anche giudiziaria
che oppone la Lo Cicero al Mutolo e in cui ha assunto una posizione ostile alla sorella.
5. Il ricorso della parte civile è inammissibile per infondatezza manifesta e
indeducibilità delle delineate censure.
5.1. La doglianza in rito non ha ragion d’essere. La precedente sentenza del

Tribunale di Palermo emessa dal medesimo giudice persona fisica che ha pronunciato
l’odierna sentenza di appello non è stata annullata dalla Cassazione con rinvio, come si
2

davanti al giudice di pace (in virtù del richiamo dell’art. 2 D.L.vo 274/2000), la persona
offesa costituitasi parte civile possa proporre appello, ai soli effetti civili, avverso
sentenze di proscioglimento del giudice di pace pur quando non abbia citato
direttamente a giudizio l’imputato (ove ciò sia avvenuto, l’art. 38 D.L.vo 274/2000
legittima l’appello della parte civile anche ai fini penali).

5.2. Le censure che investono il merito del giudizio assolutorio del Tribunale di
Palermo nei confronti dell’imputato Mutolo non sono consentite nel giudizio di
legittimità, perché scandite da una mera rivisitazione alternativa delle risultanze fattuali
del processo analizzate dal giudice di merito, basata sulla prospettazione di dati storici
tutti ampiamente considerati dalla sentenza impugnata. Il Tribunale non aveva ragione
di pronunciarsi sulla ultronea rinnovazione dell’istruttoria per acquisire elementi di
conoscenza sullo stato delle varie pendenze giudiziarie interessanti la ricorrente e
l’imputato, emergendo già per tabulas l’esistenza dell’aspra contesa tra le parti evocata
nell’odierno ricorso. In ogni caso la “rilettura” delle evenienze fattuali del processo
prefigurata dalla parte civile si mostra altresì destituita di serio fondamento. In vero, sul
piano della completezza e logicità del percorso decisorio sviluppato dal Tribunale, la
sentenza impugnata è giunta al proscioglimento del Mutolo all’esito di una coerente e
logica disamina critica delle complessive evidenze processuali.
All’inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna della
ricorrente parte civile al pagamento delle spese processuali e al versamento dell’equa
somma di euro 1.000 (mille) in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, così deciso il 21 ottobre 2013
Il consigliere stensore

Il Presidente

afferma in ricorso, per la rinnovazione di un giudizio di appello non celebrato. Esso è
avvenuto (senza rinvio) per ragioni meramente processuali (erronea dichiarazione di
inammissibilità dell’appello della Lo Cicero) e gli atti sono stati trasmessi al medesimo
Tribunale per il rituale svolgimento del giudizio di merito in grado di appello. L’essere
stato quest’ultimo definito dallo stesso giudice persona fisica che aveva deliberato
l’iniziale inammissibilità dell’appello non integra alcuna elusione di eventuali cause di
incompatibilità ex art. 34 c.p.p. o ragioni implicanti l’eventuale astensione (art. 36 c.p.p.)
dello stesso giudice dalla conduzione e definizione del giudizio di appello.
Come affermato da questa Corte regolatrice, la latitudine dell’art. 34 c.p.p. non si
estende fino a delineare una causa di incompatibilità, connessa al principio di
imparzialità del giudice, per il magistrato giudicante che abbia assunto una decisione
meramente processuale, senza esprimere -come è accaduto nel caso di specie- alcuna
valutazione sul merito della regiudicanda e sulla eventuale responsabilità del giudicabile
o comunque sulle ragioni delle parti del processo (cfr. ex plurimis: Sez. 423.1.1997 n. 1271,
Scarici, rv. 207870; Sez. 6,24.6.2005 n. 39543, Hannachi, rv. 232758).

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA