Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11489 del 06/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11489 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LEUCI PAOLO N. IL 12/02/1981
avverso la sentenza n. 1884/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
25/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 06/11/2013

OSSERVA
1. Con la sentenza in epigrafe, veniva confermava la condanna di LEUCI Paolo per il
reato di cui all’art. 186, co. 7 0 , C.d.S. per aver rifiutato di sottoporsi alla prova
alcolemica in qualità di conducente di un’auto Alfa Romeo (acc. in San Pancrazio
Salentino il 17\11\2008). In appello veniva anche confermata la pena di mesi tre di
arresto ed C 1.500= di ammenda.

3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Invero le censure formulate non sono consentite nel giudizio di legittimità, in
quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento
del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza del
giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da
censure logiche, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un
ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Come è noto la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che “l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) c.p.p., è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare
percepibile ictu ocu/i, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della
decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di
un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della
motivazione alle acquisizioni processuali” (Cass. 24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a
sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999; n. 6402/1997).

Più specificamente “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali” (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessimone).
Il riferimento dell’art. 606 lett. e) c.p.p. alla “mancanza o manifesta illogicità della
motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato” significa
in modo assolutamente inequivocabile che in Cassazione non si svolge un terzo grado
di merito, e che il sindacato di legittimità è limitato alla valutazione del testo
impugnato.
In particolare, la Corte di Cassazione non può sindacare la valutazione del giudice di
merito sulla attendibilità delle dichiarazioni dei tossicodipendenti acquirenti ove sul
punto sussista, come nel caso sussiste, un’adeguata e rigorosa motivazione basata
sull’estrema chiarezza della deposizione, definita logica, misurata e credibile.
D’altronde, la Corte di merito ha evidenziato come sul luogo dell’incidente i Carabinieri
intervenuti avessero trovato un’auto FIAT 600 e nelle sue vicinanze due persone
ubriache : Leuci Paolo e Re Massimo. Il giudice di merito ha ritenuto che a guidare
l’auto fosse l’imputato sulla base delle seguenti circostanze :
– l’auto era intestata al padre dell’imputato, Leuci Antonio;
– il Re non aveva patente;
– il m.11o Tondo, intervenuto nell’immediatezza, aveva accertato che alla guida vi era il
Leuci;
– l’imputato non sottoponendosi ad esame, non aveva dichiarato di avere affidato
l’auto a terzi.
Pertanto la coerente motivazione della sentenza che sul punto non palesa manifeste
illogicità ed è pertanto insindacabile in questa sede.

1

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo la violazione di legge e vizio
di motivazione in ordine alla mancata assoluzione, non essendo certo che lui fosse alla
guida dell’auto; nonché in relazione al complessivo trattamento sanzionatorio.

4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.000,00 (mille/00) a titolo di
sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese delle spese processuali ed al pagamento della somma di C 1.000= in favore
della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 6 novembre 2013
Il Consigliere estensore

3.2 Quanto al trattamento sanzionatorio, va ricordato che la determinazione della
misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere
discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia
valutato globalmente gli elementi indicati nell’articolo 133 c.p.. Anzi, non è neppure
necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta,
come nel caso di specie, contenuta in una fascia medio bassa rispetto alla pena
edittale (cfr. ex plurimis Cass. IV, 20 settembre 2004, Nuciforo, RV 230278).
Per quanto detto, anche tale motivo di censura è manifestamente infondato.

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