Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11475 del 06/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11475 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CORDA GIUSEPPANDREA N. IL 04/02/1978
avverso la sentenza n. 790/2012 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
29/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 06/11/2013

OSSERVA
1. Con la sentenza in epigrafe veniva confermata la condanna di CORDA
Giuseppandrea per il delitto di cui all’art. 73 T.U. 309 del 1990, riconosciuta
l’attenuante di cui al V comma equivalente alla recidiva. Veniva inoltre confermata la
pena di anni 4 di reclusione ed C 16.000= di multa.

3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Quanto alle censure relative alla condanna esse sono generiche e non consentite
nel giudizio di legittimità, atteso che è stata riproposta la medesima tesi già
esaminata dalla Corte di merito. Nella giurisprudenza di legittimità è stato affermato il
seguente principio di diritto: “E’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su
motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità
del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (in termini, Sez. 4, N. 256/98 – ud. 18/9/1997 – RV. 210157; nello
stesso senso Sez. 4, N. 1561/93 – ud. 15/12/1992 – RV. 193046).

Nella concreta fattispecie la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto del
proprio convincimento, vagliando analiticamente le questioni sottoposte al suo esame
ed evidenziando come la responsabilità dell’imputato emergesse chiara dalle indagini
svolte. Le censure sul punto mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un
dissenso generico rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal
giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della
vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della
sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle
argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui
avere rilievo.
3.2. Quanto al trattamento sanzionatorio, il ricorrente invoca che in questa sede si
proceda ad una rinnovata valutazione delle modalità mediante le quali il giudice di
merito ha esercitato il potere discrezionale a lui concesso dall’ordinamento ai fini della
valutazione del giudizio di comparazione dell’attenuante con le aggravanti e la
recidiva.
In proposito va ricordato che questa Corte di legittimità, con giurisprudenza
consolidata ha statuito che “Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra
circostanze aggravanti ed attenuanti sono censurabili in cassazione soltanto nella
ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico, essendo
sufficiente a giustificare la soluzione della equivalenza aver ritenuto detta soluzione la
più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto” (Cass. I,
15542\01, Pelini).

Nel caso di specie, il giudice di merito, con adeguata motivazione, ha spiegato di non
ritenere il ricorrente meritevole della prevalenza dell’attenuante del V comma, in
ragione dei plurimi e reiterati precedenti penali anche specifici che non consentivano
una prognosi favorevole sul suo comportamento futuro.
Si tratta di una considerazione ampiamente giustificativa del diniego della prevalenza,
che le censure del ricorrente non valgono a scalfire.
Poichè la motivazione non fa leva sul disposto del 4° comma dell’art. 69, irrilevante è
il richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale nr. 251 del 2012.

1

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo la violazione di legge e vizio
di motivazione in ordine alla pronuncia di condanna ed al mancato riconoscimento
della prevalenza dell’attenuante del fatto di lieve entità sulla recidiva.

4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.000= (mille/00) a titolo di
sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese delle spese processuali ed al pagamento della somma di C 1.000= in favore
della Cassa delle ammende.

1 O MAR 2014

Così deciso in Roma il 6 novembre 2013

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