Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11431 del 14/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 11431 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 14/02/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Patrick Joseph, nato il 25.12.1964avverso la sentenza
del Tribunale diRiminidel 22.8.2012.Sentita la relazione della causa fatta dal
consigliere Fabrizio Di Marzio; lette le conclusioni del sostituto procuratore
generaleLuigi Riello, sulla inammissibilità e in subordine sul rigetto del ricorso

OSSERVA
Patrick Joseph ricorre avverso la sentenza in epigrafe, con la quale gli è stata
applicata la pena concordata tra le parti, ex art. 444 cod. proc. pen. e,
chiedendone l’annullamento, deduce violazione di legge in ordine alla
qualificazione del fatto contestato ai sensi dell’art. 337 cod. pen. (affermando
che la condotta posta in essere avrebbe integrato, al più, un’ipotesi di
disobbedienza o resistenza passiva); deduce inoltre la mancanza di una
adeguata motivazione oltre che violazione di legge per non avere il giudice
dichiarato assorbito il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) nel reato

1

di utilizzo fraudolento di carta di credito di provenienza illecita (art. 55,
comma 9 d.lgs. n. 231/2007).
In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice ha il
dovere di verificare la corretta qualificazione giuridica del fatto contestato in
termini non meramente formali, ma sostanziali e specifici, in ordine alla
fattispecie concreta quale emerge dagli atti, essendo tale indagine necessaria
per una corretta valutazione della congruità della pena (Cass. Sez. VI,

Nel ricorso non si evidenzia in nessun modo l’errore del giudice nella
qualificazione dei fatti sulla base degli atti del processo; molto diversamente,
il ricorrente prospetta, nel ricorso una ricostruzione dei fatti disancorata da
ogni riferimento agli atti.
Per il resto, il ricorso è, da un lato, privo della specificità prescritta dall’art.
581, lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p. e, dall’altro, manifestamente
infondato. Questa Corte ha stabilito: “La sentenza del giudice di merito che
applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle
ipotesi di proscioglimento di cui all’art.129 cod. proc. pen., puo’ essere
oggetto di controllo di legittimita’, sotto il profilo del vizio di motivazione,
soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza
delle cause di non punibilità di cui all’art.129 succitato”. (Cass. pen. sez. 3,
18.6.99, Bonacchi ed altro, 215071).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; peraltro nella sentenza risulta verificata la
insussistenza di elementi che importino decisioni ex art. 129 c.p.p.
Inoltre, deve rilevarsi che secondo la giurisprudenza di questa Corte, il reato
di indebita utilizzazione di carta di credito o di pagamento, di cui all’art. 12
d.l. 3 maggio 1991 n. 143, assorbe il reato di sostituzione di persona, di cui
all’art. 494 c.p., ogni qual volta la sostituzione contestata sia stata posta in
essere con la stessa condotta materiale integrante il primo reato. Ed infatti,
l’ipotesi delittuosa dell’indebito utilizzo del mezzo di pagamento lede, oltre al
patrimonio, anche la pubblica fede, mentre l’art. 494 c.p. contiene una
clausola di riserva destinata ad operare anche al di là del principio di specialità
(se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica). Sussiste,
invece, concorso materiale tra gli stessi reati nel caso in cui la sostituzione sia
stata realizzata con un’ulteriore e diversa condotta rispetto a quella che ha
integrato l’altra fattispecie delittuosa. (Nel caso di specie, la S.C. ha annullato
senza rinvio l’impugnata sentenza in quanto non risultava che la sostituzione

14.1.2013,n. 6165).

di persona fosse stata realizzata con ulteriore comportamento rispetto a
quello consistente nella mera utilizzazione indebita della carta di credito)
(Cass. sez. 5, 9.5.2003, n. 24816).
Al riguardo nulla è argomentato nel ricorso, che si limita ad affermare,
apoditticamente, che cadrebbe in questione, per entrambe le contestazioni, la
stessa condotta: con ciò sollecitando un accertamento di merito inammissibile
in sede di legittimità.

pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1500.

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1500 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deliberato il 14.2.2014

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al

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