Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1143 del 14/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1143 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: MICHELI PAOLO

Data Udienza: 14/05/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Taormina Giuseppa, nata a Palermo il 04/06/1969

avverso la sentenza emessa il 21/02/2012 dalla Corte di appello di Palermo

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Edoardo Scardaccione, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per la ricorrente l’Avv. Maria Beatrice Magro, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso, e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Giuseppa Taormina ricorre personalmente avverso la sentenza indicata in
epigrafe, con la quale la Corte di appello di Palermo risulta avere confermato la
condanna della medesima (inflitta in primo grado dal Tribunale della stessa città,
dir
11111141i;
111
11

sezione distaccata di Monreale, in data 10/12/2009) alla pena di mesi 4 di
reclusione ed euro 200,00 di multa, per il delitto di furto della somma di 100,00
euro, in ipotesi commesso dall’imputata presso l’abitazione della famiglia Aricò,
dove ella prestava attività di domestica.
La Corte territoriale risulta avere incentrato la propria decisione sugli
elementi di prova raccolti a carico della Taormina, in particolare sulle videoriprese effettuate all’interno del suddetto domicilio da parte dei proprietari,
insospettiti da continui ammanchi di denaro, che ritraggono l’imputata nell’atto

vicina di casa che aveva sentito il marito della Taormina affermare che la stessa
imputata aveva ammesso di aver preso due o tre volte dei soldi presso la casa
delle persone offese.
La ricorrente lamenta carenze motivazionali e violazione dell’art. 192 cod.
proc. pen., dal momento che la condanna risulta fondata sulle dichiarazioni
contraddittorie ed interessate dei coniugi Aricò, da vagliare rigorosamente anche
in ragione dell’intervenuta costituzione di parte civile. Ritiene la Taormina che
le controparti avrebbero orientato le proprie dichiarazioni per danneggiarla,
incorrendo in numerose contraddizioni tra loro (anche circa l’entità delle somme
volta a volta riposte nel portafogli custodito in uno dei cassetti della cucina),
affermando poi che l’imputata avrebbe avuto l’incombenza quotidiana di
preparare la loro figlia per accompagnarla a scuola, onde accusarla del maggior
numero possibile di furti, quando invece ella non aveva mai svolto quel compito
e si recava presso di loro ben più raramente.
La Taormina si duole altresì del mancato riconoscimento del beneficio della
non menzione, contraddittorio rispetto alla concessione di attenuanti generiche
prevalenti rispetto all’aggravante ex art. 61 n. 11 cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può trovare accoglimento.
1.1 Con riguardo alla credibilità riconosciuta alle persone offese, a dispetto
della loro costituzione di parte civile o delle presunte contraddizioni, la sentenza
impugnata ha correttamente richiamato i principi elaborati in proposito da questa
Corte, e va ricordato come le stesse Sezioni Unite abbiano di recente precisato
che «le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si
applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione,

2

di impossessarsi di contanti da un portafogli, nonché sulle dichiarazioni di una

della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo
racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto
a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone» (Cass.,
Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv 253214). Nella motivazione di
quest’ultima pronuncia è stato segnalata, nel caso di costituzione di parte civile
ad opera della persona offesa, l’opportunità di procedere al riscontro delle
dichiarazioni di quest’ultima con altri elementi: e ciò è esattamente quanto
accaduto nel caso di specie, laddove – a fronte di divergenze di contenuto del

prestato servizio avevano trovato una conferma nella deposizione della teste
D’Aie°.
1.2 II beneficio della non menzione risulta essere stato escluso dalla Corte
territoriale in quanto non sussisterebbe «alcun elemento suscettibile di
favorevole valutazione nei riguardi dell’imputata, che non ha esitato, a fronte
delle univoche ed oggettive prove a suo carico, a rivolgere gravi accuse alla
persona offesa nel vano tentativo di discolparsi».
Si tratta di una motivazione che si sottrae alle censure della ricorrente, e che
in particolare non presenta alcun profilo di contraddittorietà rispetto alla
contestuale concessione della sospensione condizionale od al riconoscimento di
attenuanti generiche in favore della Taormina. Secondo la giurisprudenza di
legittimità, infatti, il beneficio previsto dall’art. 175 cod. pen. «è diverso da
quello della sospensione condizionale della pena perché, mentre quest’ultima ha
l’obiettivo di sottrarre alla punizione il colpevole che presenti possibilità di
ravvedimento e di costituire, attraverso la possibilità di revoca, un’efficace
remora ad ulteriori violazioni della legge penale, il primo persegue lo scopo di
favorire il ravvedimento del condannato mediante l’eliminazione della pubblicità
quale particolare conseguenza negativa del reato, sicché non è contraddittorio il
diniego di uno dei due benefici e la concessione dell’altro» (Cass., Sez. VI, n.
34489 del 14/06/2012, Del Gatto, Rv 253484). Già da tempo, inoltre, si è
affermato che «la strutturale diversità delle rispettive finalità dei benefici della
sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna,
tendenti ad evitare gli effetti negativi della detenzione e dell’iscrizione della
condanna, e delle attenuanti generiche, previste per la più adeguata
commisurazione della pena nel caso concreto, escludono ogni possibilità di
concettuale contrasto fra la concessione dei benefici ed il diniego delle attenuanti
generiche» (Cass., Sez. V, n. 4916 del 21/02/1985, Catananti, Rv 169323).

2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità.

3

tutto marginali – gli assunti dei due coniugi presso cui la Taormina aveva

P. Q. M.

Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 14/05/2013.

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