Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11428 del 20/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 11428 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PANELLA ANTONIO N. IL 31/05/1967
avverso la sentenza n. 7541/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
19/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 20/02/2014

-1- Panella Antonio, già condannato con doppia conforme – sentenze del tribunale di Benevento
in data 16.2.2012 e corte di appello di Napoli in data 19.2/5.4.2013 – per i delitti, in continuazione
di usura aggravata ed estorsione- ex art. 81 cpv. 629, 644 comma 1 c.p. —alla pena di anni sette di
reclusione ed euro 12.000,00 di multa, ricorre avverso la seconda decisione, deducendo, con il
richiamo all’art. 606 lett. b) ed e), quattro ragioni di doglianza: a) vizi di motivazione in ordine
alla declaratoria di responsabilità per avere fideisticamente e contraddittoriamente ritenuto
credibili le dichiarazioni della persona offesa costituitasi parte civile in ordine alla condotta di usura
compiuta ai suoi danni; b) erronea applicazione dell’art. 629 c.p., al più potendosi configurare nella
fattispecie il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni: c) ancora vizio i motivazione in
ordine al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle attenuanti generiche,d) illogicità della
decisione in ordine alle statuizioni civili.
-2-In breve i fatti di causa come ricostruiti dai giudici di primo e di secondo grado: Ciervo
Giuseppe, titolare di una attività commerciale di vendita e di riparazione di gomme, oberato di
debito con banche ,fornitori ed Agenzia delle Entrate, ricorreva anche all’amico Panella Antonio
per un prestito, nel corso degli anni 2008-2009, erogato a più riprese per la somma complessiva di
65.000,00, pattuendo interessi ammontanti al 2009 ad euro 5,650,00, equivalenti ad un tasso annuo
del 96%. A fronte della incapacità di restituire gli interessi l’ imputato lo avrebbe minacciato di
violenza fisica ai suoi danni ed alla di lui famiglia. I giudici di merito fondano il loro
convincimento di colpevolezza sulle dichiarazioni, ritenute affidabili, della persona offesa,
riscontrate peraltro dalla documentazione prodotta dalla predetta, tra la quale in specie il
preliminare di compravendita di un immobile a tale Paolo Giovanni, indicato dall’ imputato come
persona fiduciaria a cui intestare per l’appunto l’immobile onde sottrarlo ad eventuali azioni
esecutive promosse dai vari creditori, anche pubblici, nonché ancora riscontrate dall’essere l’
imputato colto dalla polizia giudiziaria, preavvertita nell’ occasione dalla denunciante persona
offesa, nell’atto di ricevere 3.000,00 a titolo per l’appunto di interessi.
-3- Le ragioni di doglianza sono centrate tutte su un giudizio di inattendibilità della persona offesa,
della quale si ripetono le considerazioni svolte in grado di appello promosse da condotte truffaldine
anche verso l’ Erario, volte a sottrarsi ai pagamenti correlati ai vari debiti contratti, funzionali
anche a farsi concedere con prospettazioni false mutui dalle banche, mirate a sottrarsi dal
versamento dell’ IVA e delle imposte. Denunciava anche il ricorrente il travisamento del risultato
probatorio conseguente alle dichiarazioni rilasciate in dibattimento in ordine alle contestate
minacce estorsive, riportando alcune risposte date al Presidente dl tribunale che gliene chiedeva
conto. Rilevava infine la non giustificazione delle statuizioni civili per la mancanza di alcun danno
patrimoniale subito dalla persona offesa che non aveva restituito né capitali né interessi.
-4- Il ricorso non può accogliersi perché infondato nella misura in cui oppone alla logicità del
discorso giustificativo giudiziale altro con una sua logicità, ma non in grado di infirmare, sul piano
della legittimità quello, per l’appunto, della sentenza che colloca la motivazione in un contesto
panoramico più ampio. Invero costituisce ius receptum in sede di legittimità quello per cui
nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del devolutum non può essere superato
ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di
rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non
esaminati dal primo giudice ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel
medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o
1

Letti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Giulio Romano, per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore dell’ imputato, avv. Pierluigi Pugliese, che ne chiede accoglimento.

-5- Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha
proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 20.2.2014

manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle
motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel
contraddittorio delle parti.
Ora le due condizioni non si sono verificate nel caso di specie: i giudici di merito hanno preso atto
dello stato di debitore “incallito” della persona offesa, oberato da debiti usurari con altre persone
me ne hanno ritenuto l’affidabilità per la coerenza del racconto, per i pregressi rapporti di amicizia
con l’ imputato, che servono ad escludere ragioni di astio o di rancore verso il mutuante, per la
coerenza del racconto e per i riscontri costituiti da una documetazione da lui stessa fornita nonché
dalla intestazioni fittizia del suo appartamento a persona indicata dal Panella, peraltro presente alla
redazione dell’atto. I riferimenti poi ai tentennamenti della persona offesa in sede di escussione
dibattimentale, se emotivamente comprensibili proprio per i rapporti pregressi di amicizia con l’
imputato mescolati con i timori conseguenti alle minacce ricevute, si erano risolti, a fronte della
secca domanda del Presidente del collegio, in una risposta pienamente di conferma delle
deposizioni rese alla polizia giudiziaria. In definitiva occorre richiamare il principio
giurisprudenziale che non registra arresti di sorta alla cui stregua la valutazione della credibilità
della persona offesa dal reato costituisce questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel
compendio motivazionale fornito dal giudice e che non può essere rivalutata in sede di legittimità,
salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni , nel caso di specie insussistenti.
Con riguardo alle restanti censure, il Collegio osserva che esaustiva è la motivazione in ordine al
trattamento sanzionatorio ,a1 diniego delle attenuanti generiche ed alle statuizioni civili: la gravità e
la reiterazione delle condotte di manaccia, come riferite, pur dopo qualche perplessità in sede di
escussione dibattimentale dalla persona offesa, la non occasionalità del comportamento del
prevenuto, evidenziata dall’ entità della somma prestata, lo stato di prostrazione della persona
offesa in seguito alle minacce ricevute sono tutti dati considerati dai giudici di merito nel proprio
discorso giustificativo che di conseguenza deve ritenersi insindacabile. Il risarcimento del danno,
peraltro, nel quantum è stato demandato al giudice civile, mentre la provvisionale di cinquemila
euro si sottrae a reclami in questa sede trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente
delibativa e non necessariamente motivata.

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