Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11427 del 20/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 11427 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VANNUCCI CARLO ANSELMO N. IL 02/06/1961
avverso la sentenza n. 4638/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
12/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 20/02/2014

Letti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale,Giulio Romano, per l’ inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore dell’ imputato, avv. Nicola Bastiani„ che ne chiede accoglimento.
-1- Vannucci Carlo Anselmo, già condannato con doppia conforme – sentenze del tribunale di
Firenze in data 19.2.2009 e corte di appello della stessa città in data 12/18.4.2013 – per il delitto di
appropriazione indebita aggravata — essersi appropriato della somma di euro 148.867,86 incassata
quale agente assicurativo, riversata sul proprio conto personale e sottratta alla Sara Associrazione-,
ricorre avverso la seconda decisione, prospettando due ragioni di doglianza con il richiamare l’art.
606 lett. b) ed e) c.p.p.: a) carenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della condotta
appropriativa per avere egli versato sì i soldi ricevuti dagli assicurati sul suo conto corrente,come
da prassi, ma per non averli poi potuto riversare tramite assegno circolare all’ ordine della
compagnia di assicurazione perché nel frattempo gli era stato “revocato il fido; b) violazione della
legge processuale, e conseguente vizio di motivazione, per essergli stata rigettata illegittimamente la
richiesta di pena patteggiata subordinata alla concessione della sospensione condizionale della pena,
come dimostrato dal fatto che la sanzione inflittagli in seguito al rito ordinario era risultata la stessa
come proposta al P.M. ai sensi dell’art. 444 c.p.p..
-2- Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Invero il ritiro del fido da parte della compagnia assicuratrice non impediva certo all’ imputato di
versare le somme sottratte e riversate ,bene o male non è rilevante, sul suo conto corrente, alla
Assicurazione di cui era stato agente. Peraltro il delitto si era consumato ancor prima della visita
ispettiva che aveva riscontrato il mancato versamento delle somme consegnate ai clienti i all’agente
nell’ interesse della società assicuratrice. La replica della difesa del ricorrente nel senso che era
prassi, condivisa tra le parti, che le somme fossero versate previamente sul conto corrente personale
del!’ imputato, oltre che disconosciuta dalla persona offesa e del tutto eccentrica, si risolve nella
proposizione di una questione di fatto inammissibile in questa sede.
Quanto alla seconda censura, deve replicarsi che il giudice, chiamato all’applicazione della pena
concordata tra le parti, ove il richiedente abbia subordinato l’efficacia dell’accordo alla concessione
della sospensione condizionale della pena, a termini dell’espressa disposizione di cui all’art. 444
c.p.p., comma 3, è cioè tenuto a pronunziarsi sulla concedibilità o meno del beneficio, ratificando,
in caso positivo, l’accordo delle parti, oppure rigettando, in caso negativo, la richiesta di
“patteggiamento. Il che è puntualmente avvenuto a fronte del non consenso del P.M. Né giova al
ricorrente contestare la motivazione del rigetto della richiesta da parte del P.M:, per il fatto che il
precedente rilevato come ostativo al patteggiamento non era passato in giudicato. A parte che
l’imputato è venuto meno all’ onere, per il principio della autosufficienza del ricorso, di dare prova
dell’assunto, la valutazione in merito al periodo di reiterazione del reato non è certo condizionata
dal passaggio in giudicato delle sentenze di condanna. Senza dire poi che ,nel caso di specie, il
ricorrente avrebbe dovuto reiterare la richiesta, anche senza la sua pregressa apposta condizione, ai
sensi dell’art. 448 c.p.p., prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Il
che il ricorrente non rileva di aver fatto nel motivo di ricorso né allega documentazione in merito.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato
che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché,
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a
favore della cassa delle ammende della somma di mille, così equitativamente fissata in ragione dei
motivi dedotti. P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
euro
e al versamento della somma di
Così deciso in Roma il 20.2.2014 DEPOSITATO IN CANCELLERIA

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