Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11426 del 20/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 11426 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GALVANO MAURO N. IL 30/03/1964
avverso la sentenza n. 8330/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
28/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 20/02/2014

- 1- Galvano Mauro, già condannato, in abbreviato dal gup del tribunale di Roma in data 7.3.2012
alla pena di anni sei, mesi sei di reclusione ed euro 1.800,00 per una serie di reati di usure,
estorsioni, danneggiamento, abusiva attività finanziaria, rivelazione di segreti di ufficio., accesso
abusivo ad un sistema informatico ex artt. 81 cpv. 629 comma 2, 644,1 e 5 comma n. 3 e 4,635,
326, 615 ter,c.p. 132 D.lvo. n. 385/1993 — capi da 1 a 13 —, ricorre, tramite difensore avvero la
sentenza della corte di appello della stessa città che, in parziale riforma della sentenza di primo
grado, previa derubricazione dell’estorsione continuata di cui al capo 3) in estorsione continuata
tentata, riduceva la pena ad anni quattro di reclusione ed euro 1.200,00 di multa.
-2- Due le ragioni di doglianza costitutive dei motivi di ricorso: carenza di motivazione in ordine
alla ritenuta sussistenza dei delitti di cui a tutti i capi della rubrica, per un verso, carenza ancora di
motivazione in relazione alla non concessione della prevalenza delle circostanze attenuanti
generiche sulle circostanze aggravanti.
-3- Il ricorso non è fondato perché svolto attraverso argomentazioni logiche sì ma non tali da
infirmare il valore preminente di quelle giudiziali..
Orai giudici di merito hanno tratto il loro convincimento in merito alla responsabilità del prevenuto
rimarcando il significato delle dichiarazioni delle persone lese e valorizzando il contenuto delle
conversazioni intercettate ritenute di significato chiaro ed univoco, una volta calate nel contesto
complessivo. Sul punto il ricorrente muove censure talune generiche, da un lato, segnalando l’
inattendibilità delle persone usurate, indicando un criterio di ragione evanescente deponente per la
loro inaffidabilità. Dall’altro, le critiche alla interpretazione giudiziale in merito alla conversazioni
intercettate, non colgono, sul piano della legittimità, per nulla nel segno, e perché se ne indicano
spezzoni disancorati dal contesto e perché, per giurisprudenza pacifica, l’interpretazione del
linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, è questione di
fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimità se la
valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate.
Parimenti non convincente è la censura in merito all’ ipotizzato delitto di cui all’art. 132 D.Lvo n.
3835/1993: i giudici di merito hanno segnalato una serie numerosissima di finanziamenti a più
persone che non può certo qualificarsi attività occasionale e sporadica, se si è protratta ,come
contestato, dal Novembre 2006 agli inizi del 2009. Ed è noto che integra il delitto di esercizio
abusivo di attività finanziaria previsto dall’art. 132 D.Lgs. n. 385 del 1993 lo svolgimento, verso
una platea indeterminata di soggetti, dell’attività di finanziamento, attraverso la monetizzazione di
titoli di credito ovvero cessioni di denaro a prestito, protratte nel tempo, collegate da un nesso di
abitualità, pur senza essere esponente, il soggetto attivo, di un’organizzazione professionalmente
strutturata.
Sempre poi valorizzando le conversazioni intercettate tra l’ imputato ed il carabiniere Morelli i
giudici di merito hanno ritenuto consumato, con il concorso morale del primo, le rivelazioni di
segreto di ufficio, richieste dal Galvano, tramite l’accesso da parte del secondo che si introduceva
abusivamente nella banca Dati C.E.D. del Ministero dell’ Interno. Ed anche su questo versante il
ricorrente si limita a contestare il proprio concorso morale, attribuendo,senza indicarne la ragione,
la responsabilità esclusivamente al p.u.
Quanto al secondo motivo di ricorso, centrato sulla ingiustificata equivalenza delle circostanze di
segno opposto, e sulla non a pieno valorizzata condizione di alcool dipendenza del prevenuto, lo
stesso deve ritenersi perdente a fronte di una valutazione congrua e corretta, sul piano logico, dei
giudici di merito che lo stato di dipendenza lo hanno tenuto presente per mitigare la entità della

Letti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Giulio Romano, per il rigetto del ricorso;

pena come inflitta dai giudici di primo grado, il giudizio di bilanciamento invece lo hanno
confermato ostandovi per la sua modifica la “pluralità, sistematicità ed aggressività delle condotte
contestate”. Valutazione di certo inattaccabile sul piano della legittimità.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha
proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 20.2.2014

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