Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11418 del 26/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11418 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
L’AQUILA
nei confronti di:
EL GAZZAR OMAR N. IL 01/01/1970
inoltre:
EL GAZZAR OMAR N. IL 01/01/1970
avverso la sentenza n. 1494/2012 GIP TRIBUNALE di AVEZZANO,
del 22/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
lette/s~ le conclusioni del PG
A..e.cuu..t.u.(4–

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 26/02/2014

Rilevato in fatto
1. El Gazzar Omar – tramite difensore – censura davanti a questa Corte la
sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti emessa in data 22.4.2013
dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Avezzano in un
procedimento penale per cessione continuata di stupefacenti del tipo cocaina (artt. 81
cp e 73 comma 1 DPR n. 309/1990).
Il giudice di merito, ritenendo corretta la qualificazione giuridica dei fatti

determinata, ha recepito l’accordo applicando all’imputato, previo riconoscimento
dell’ipotesi di cui al quinto comma del DPR n. 309/1990, con vincolo della
continuazione, la pena finale, ridotta per il rito, di anni tre e mesi due di reclusione e
C. 3.300,00 di multa.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 comma 1 cpp lett. c) ed e), la
mancanza di motivazione in relazione all’art. 129 rimproverando al giudice di merito
osservando che si imponeva nel caso di specie una verifica positiva in ordine
all’insussistenza di una delle cause di non punibilità previste dalla suddetta norma,
essendo emerse dagli atti di indagini solo ipotesi di cessione vaghe e non riferibili al
ricorrente, in mancanza di perquisizioni o sequestri.
2.

La decisione è stata altresì impugnata per cassazione dal Procuratore

Generale presso la Corte d’Appello di L’Aquila il quale a sua volta ha denunziato, ai
sensi dell’art. 606 lett. b) cpp, la violazione dell’art. 99 comma 3 cp e 444 cpp,
rilevando l’omessa valutazione sulla contestata recidiva specifica infraquinquennale,
valutazione che, se compiuta, avrebbe comportato una pena diversa e più rispondente
al caso e al dettato normativo. Richiama la giurisprudenza di legittimità sui poteri del
giudice in tema di valutazione della recidiva.
Osserva inoltre che n sentenza viene annunziato come rato più grave quello
proceduto rispetto al giudicato, senza che seguano conseguenti modifiche della pena
base.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per l’inammissibilità di
entrambi i ricorsi.
Considerato in diritto
1. Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati e pertanto vanno dichiarati
inammissibili.
Quanto al ricorso dell’imputato, da tempo questa Corte, anche a sezioni unite,
ha precisato come, nell’ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità
alla richiesta formulata dalla parte secondo lo schema procedimentale previsto dall’art.
444 c.p.p., l’esigenza di specificità delle censure deve ritenersi addirittura “rafforzata”
rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la critica al
provvedimento che abbia accolto la domanda dell’imputato deve impegnarsi a
2

contestati, l’applicazione delle circostanze prospettate dalle parti e la pena così come

demolire, prima di tutto, proprio quanto dalla stessa parte richiesto (Cass. Sez. U,
Sentenza n. 35738 del 27/05/2010 Cc. dep. 05/10/2010 Rv. 247839; Sez. un.,
24.6.1998, Verga, rv 211468).
Sempre secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, (cfr. da ultimo
cass. 17.4.2011 n. 6455), in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p.,
l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la
sentenza che lo recepisce sia da considerare sufficientemente motivata con una

della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p.
per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della
congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. (Cass. 27
settembre 1994, n. 3980; più di recente, Cass. 13 luglio 2006, n. 34494).
Con particolare riferimento all’onere di verifica dell’insussistenza delle cause di
proscioglimento immediato, questa Corte ha altresì precisato che la sentenza del
giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che ricorra
una delle ipotesi proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., può essere oggetto di
controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo
della sentenza impugnata appaia invece evidente la sussistenza di una causa di non
punibilità (Cass. 10 gennaio 2007, n. 4688).
In sostanza, l’esigenza minima di motivazione della sentenza a seguito di
“patteggiamento” della pena può ritenersi adempiuta, in relazione all’assenza di cause
di proscioglimento di cui all’art. 129 c.p.p., dal semplice testuale rinvio al medesimo
articolo, il cui contenuto entra in tal modo a far parte per relationem del ragionamento
decisorio ed esprime l’avvenuta verifica, da parte del giudice, dell’inesistenza di motivi
di non punibilità, senza che occorra una ulteriore e più analitica disanima, purché dal
testo della sentenza medesima non emergano in modo positivo elementi di segno
contrario.
Nel caso in esame, la sentenza del giudice di merito, previa una succinta
descrizione delle varie condotte (deducibile dal capo d’imputazione riportato in
epigrafe), e previa la verifica della congruità della pena patteggiata, ha recepito
integralmente le statuizioni concordate applicando la pena stabilita e rilevando che non
vi è spazio per un possibile proscioglimento nel merito dell’imputato ai sensi dell’art.
129 cpp;
Come si vede, alla luce dei principi di diritto sopra richiamati, il giudice di merito
con motivazione succinta ha dato conto in maniera sufficiente della insussistenza delle
cause di non punibilità ex art. 129 cpp e quindi la sentenza si sottrae certamente alla
censura mossa, non emergendo da essa in modo positivo alcun elemento di segno
contrario.

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succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione

In definitiva, il ricorso dell’imputato tende solo a rimettere in discussione i
termini dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena oggetto del patteggiamento.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna della parte
privata ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in
dispositivo.

Innanzitutto, il giudice di merito, seppure attraverso un percorso argomentativo
non certo brillante per chiarezza, ha in definitiva recepito l’accordo sul meccanismo di
calcolo per la continuazione, laddove ha considerato, come reato più grave da porre a
base del trattamento sanzionatorio, quello oggetto di precedente condanna di cui alla
sentenza n. 58/12: infatti, ha considerato come pena base quella di anni due e mesi
otto di reclusione e C. 3.000 di multa (inflitta appunto con la precedente condanna) e
su di essa ha applicato, a titolo di aumento per la continuazione, la pena di mesi sei di
reclusione e C. 300,00 di multa, (cfr. i termini dell’accordo riportati nella prima parte
della motivazione e dispositivo della sentenza).
Quanto alla valutazione della contestata recidiva specifica infraquinquennale
prevista dall’art. 99 comma 2 cp, va richiamato il principio generale secondo cui in
tema di patteggiamento, tutte le statuizioni non illegittime, concordate dalle parti e
recepite in sentenza, in quanto manifestazione di un generale potere dispositivo che la
legge riconosce alle parti e che il giudice ratifica, non possono essere dalle stesse parti
rimesse in discussione con il ricorso per cassazione; ne consegue che, qualora il p.m.
abbia prestato il proprio consenso all’applicazione di un determinato trattamento
sanzionatorio, non può poi dolersi della successiva ratifica del patto da parte del
giudice, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, in quanto ha implicitamente
esonerato quest’ultimo dell’obbligo di rendere conto dei punti non controversi della
decisione (sez. 3, Sentenza n. 42910 del 29/09/2009 Cc. dep. 11/11/2009 Rv. 245209
in motivazione; nello stesso senso v., ex plurimis, anche Cass., Sez. 6^, 10 aprile
2003 – 29 luglio 2003, n. 32004). Si è in particolare argomentato che le parti, che
hanno prestato il loro consenso all’applicazione di un determinato trattamento
sanzionatorio, hanno implicitamente esonerato il giudice dall’obbligo di rendere conto
dei punti non controversi della decisione.
Ancora, non è causa di nullità della sentenza di patteggiamento la mancata
esplicitazione del giudizio di comparazione tra circostanze e della riduzione
determinata dalla diminuente di rito ove il giudice affermi la congruità della pena
concordata, in quanto ciò costituisce espressione del giudizio valutativo implicitamente
effettuato, idoneo a soddisfare l’obbligo della motivazione (cfr. Sentenza n.
42910/2009 cit.).
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2. Manifestamente infondato è anche il ricorso del Procuratore Generale.

Nel caso di specie, il PM aveva prestato il proprio consenso alla pena finale nella
misura di anni tre e mesi due di reclusione e C. 3.300 di multa ed il giudice a sua volta
ha espresso comunque un giudizio di congruità della pena, sicché il vizio dedotto non
sussiste.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente El Gazzar Omar al pagamento
delle spese processuali e della somma di C. 1.500,00 in favore della Cassa delle

Così deciso in Roma, il 26.2.2014.

Ammende.

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