Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11409 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11409 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PRINZ THOMAS CHRISTOPHER N. IL 25/07/1981
avverso l’ordinanza n. 21/2013 TRIB. LIBERTA’ di BOLZANO, del
28/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
l e/sentite le conclusioni del PG Dott.
D cA
–viz

Uditi difensor Avv.;

,ez

Data Udienza: 05/02/2014

28272/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 28 maggio 2013 il Tribunale di Bolzano ha respinto richiesta di riesame
avverso decreto di sequestro preventivo di bottiglie di liquori emesso dal gip dello stesso
Tribunale in data 29 aprile 2013 nel corso di indagini per il reato di cui all’articolo 517 c.p. nei
confronti dell’istante Prinz Thomas Christopher, al quale era contestata la vendita in Italia di
bottiglie di liquore/acquavite con segni mendaci sull’etichetta.

violazione degli articoli 517 c.p. e 28-29 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, nonché
della direttiva comunitaria 2000/13/CE in relazione al principio della libera circolazione delle
merci. Nel caso in esame, l’etichetta sui prodotti sarebbe rispettosa della normativa e non
mendace, perché il riferimento in essa alle Dolomiti non comporta inganno sulla provenienza
del prodotto- nel senso che il liquore fosse prodotto o imbottigliato presso la sede legale della
società Dolomiti Alpenfeinkost GmbH (di cui l’indagato è l’amministratore), cioè Bolzano – , non
essendo condivisibile l’affermazione dell’ordinanza impugnata, secondo cui, invece, tale
etichetta genererebbe nel compratore l’impressione che si tratti di un prodotto regionale della
zona delle Dolomiti. In realtà, le Dolomiti non sarebbero identificabili con l’Alto Adige, né con
questo sarebbero identificabili le Alpi. Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli 366,
369, 365 e 97 c.p.p.: al Prinz non sarebbe stato notificato il decreto del gip né l’avviso di
garanzia, e non gli sarebbe stato nominato difensore d’ufficio; infine al suo difensore non
sarebbe stato comunicato il deposito del verbale nella segreteria del PM. Il terzo motivo
denuncia vizio motivazionale in riferimento alle norme invocate nei due motivi precedenti.
Successivamente, in data 20 gennaio 2014 e in data 3 febbraio 2014, la difesa del Prinz ha
depositato due ulteriori memorie, che sviluppano la stessa tematica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1 II primo motivo concerne l’esistenza, in sostanza, di fumus commissi delicti in relazione
alla idoneità dell’etichetta delle bottiglie messe in vendita dalla società Dolomiti Alpenfeinkost
GmbH a comunicare in modo ingannevole all’acquirente il luogo di produzione. Nell’ordinanza
impugnata, infatti, si afferma che l’etichetta “accuratamente prodotto nell’Unione Europea per
Dolomiti Alpenfeinkost GmbH, Piazza Verdi, Bolzano” è mendace, perché lascia intendere che si
tratti “di un prodotto regionale dell’Alto Adige o perlomeno dell’area alpina appartenente
all’Italia”, in quanto “un cliente che acquista il prodotto in Alto Adige” con una siffatta dicitura
nell’etichetta “quando pensa al termine “Dolomiti” di sicuro non pensa alle Dolomiti di Lienz,
bensì ovviamente alle nostre Dolomiti in Alto Adige”. Si tratta, evidentemente, di una
valutazione fattuale espletata dal giudice di merito, in ordine appunto alla sussistenza o meno
di segni mendaci sui prodotti posti in vendita dalla società di cui l’indagato è amministratore

2. Hanno presentato ricorso i difensori adducendo tre motivi. Il primo motivo si denuncia la

La diffusa contestazione che nel ricorso e nelle successive memorie difensive la difesa del Prinz
ha sviluppato, per dimostrare che nessuno degli elementi contenuti nell’etichetta sarebbe
idoneo in effetti a ingannare, soprattutto in relazione al concetto geografico di “Dolomiti” come
non coincidente con l’Alto Adige, comporta una versione alternativa del quadro indiziario sulla
base del quale è stata apposta la cautela reale in questione, e persegue pertanto un’ulteriore
cognizione di fatto che al giudice di legittimità invece è preclusa.
3.2 Il secondo motivo denuncia inosservanza di norme processuali perché all’indagato non

sequestro l’indagato non era presente dove questo è stato eseguito (in una filiale della società
M-Preis Italia GmbH, deputata al commercio). Secondo il ricorrente, sarebbe stato quindi
violato l’articolo 369 c.p.p. poichè l’avviso di garanzia dovrebbe “avvenire già in occasione del
primo atto espletando nel procedimento al quale il difensore ha diritto di partecipare”, a ciò
dovendosi aggiungere che all’indagato “non è stato attribuito nessun difensore d’ufficio”
nonostante al momento del sequestro non avesse ancora nominato un difensore di fiducia. Si
tratta della riproposizione di una doglianza manifestata al Tribunale del riesame, che l’aveva
confutata osservando (e supportando le sue argomentazioni con la giurisprudenza di
legittimità) da un lato che il sequestro preventivo non deve essere preceduto dall’informazione
di garanzia essendo un atto a sorpresa, e, dall’altro, che né il PM né la polizia giudiziaria
avevano obbligo al momento della esecuzione del sequestro di nominare per l’indagato un
difensore di fiducia, non essendo l’indagato presente, ex articolo 365, comma 1, c.p.p. Il
ricorrente censura l’ordinanza impugnata assumendo che il sequestro è nullo “laddove
l’indagato non venga avvertito circa il diritto di nomina del difensore di fiducia”, come insegna
la giurisprudenza di questa Suprema Corte: ma in questo modo il ricorrente si rapporta a una
fattispecie diversa rispetto all’obbligo della nomina di un difensore d’ufficio.
In realtà, quanto affermato dall’ordinanza del Tribunale in ordine ai pretesi vizi di rito appena
esposti è pienamente condivisibile, come emerge da una mera lettura delle norme procedurali.
L’articolo 369 c.p.p., infatti, impone al pubblico ministero l’obbligo di inviare all’indagato
informazione di garanzia “solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di

sono stati notificati né il decreto del gip del 29 aprile 2013 né l’avviso di garanzia. Il giorno del

assistere”; e l’articolo 365, comma 2, c.p.p. attribuisce al difensore soltanto la “facoltà di
assistere al compimento”, tra l’altro, del sequestro. A sua volta, l’articolo 369 bis c.p.p. impone
al pubblico ministero, pena la nullità degli atti successivi, la notifica alla persona indagata della
comunicazione della nomina del difensore d’ufficio “al compimento del primo atto a cui il
difensore ha diritto di assistere”. E invero il sequestro preventivo, in quanto atto diretto alla
ricerca della prova, è da considerarsi atto a sorpresa, e quindi non deve essere preceduto a
pena di nullità dei successivi atti della sequenza procedurale dall’informazione di garanzia
(oltre a Cass. sez. I, 10 aprile 2003 n. 29002, citata dal Tribunale, cfr. Cass. sez. II, 25
maggio 2005 n. 23189 e Cass. sez. II, 17 marzo 2009 n. 13678).

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Aggiunge il motivo in esame una ulteriore doglianza: non è stata fatta “la comunicazione
circa il deposito del verbale nella segreteria della Procura al difensore”, visto che all’epoca
l’indagato non aveva ancora nessun difensore d’ufficio; ed erronea sarebbe la confutazione che
di questa censura – anch’essa già proposta dinanzi al giudice di merito – effettua il Tribunale
del riesame, per cui la mancata notifica di tale deposito sarebbe stata sanata dall’avere
l’indagato proposto ricorso attraverso il provvedimento di sequestro: argomento “insostenibile,
visto che la mancata notifica costituisce motivo principale per la proposizione del ricorso” al
suddetto Tribunale. Il quale, invece, ha correttamente evidenziato come, alla luce della

in questione costituisce una irregolarità che rileva solo ai fini del termine per l’esercizio delle
correlate attività difensive (oltre a Cass. sez. IV, 12 novembre 2003 n. 43376, citata
nell’ordinanza, cfr. Cass. sez. I, 11 marzo 2009 n. 21669, Cass. sez. I, 10 aprile 2008 n.
20629, Cass. sez. IV, 20 aprile 2004 n. 41702 e Cass. sez. IV, 4 maggio 2004 n. 39057) e, se
anche – si osserva meramente ad abundantiam – la si ritenesse comportante nullità, sarebbe
sanata dall’esercizio del diritto di difesa rappresentato proprio dalla istanza di riesame (sulla
necessità di una concreta deminutio in tal caso del diritto di difesa cfr. già Cass. sez. V, 22
febbraio 1996 n. 5276)
3.3 n terzo motivo, infine, censura mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, ex articolo 606, primo comma, lettera e), c.p.p. “in riferimento agli artt. 517 c.p.
e della direttiva comunitaria n. 2000/13/CE ed…agli artt. 366, 369, 365 e 97 c.p.p. Deve
anzitutto rilevarsi che il vizio motivazionale ex articolo 606, primo comma, lettera e), c.p.p.
non è ammissibile, ex articolo 325 c.p.p., nel ricorso per cassazione avverso provvedimenti ex
articoli 322 bis e (come nel caso de quo) 324 c.p.p. Il vizio motivazionale residuamente
proponibile avverso un’ordinanza di riesame relativa a provvedimento genetico di cautela reale
consiste nella violazione dell’articolo 125 c.p.p., ovvero nell’assoluta mancanza di motivazione
o nella motivazione apparente, perché apodittica o intessuta solo di formule di stile (da ultimo
Cass. sez. VI, 10 gennaio 2013 n. 6589; v. altresì Cass. sez.V, 1 ottobre 2010 n. 35532; Cass.
sez.III, 15 giugno 2004 n. 26583; S.U. 13 febbraio 2004 n. 5876) non rilevando invece una
mera illogicità o incompletezza dell’apparato motivazionale (Cass. sez.VI, 20 febbraio 2009 n.

interpretazione nomofilattica, la mancata comunicazione al difensore del deposito del verbale

7472; Cass. sez.V, 28 febbraio 2007 n. 8434). A ciò si aggiunga che comunque il vizio
motivazionale ex articolo 606, primo comma, lettera e), c.p.p. afferisce a questioni di fatto, e
non all’interpretazione delle norme di diritto, perché, sotto tale aspetto, il vizio configurabile è
il risultato del ragionamento interpretativo, non il percorso seguito per raggiungerlo ( cfr. p.es .
Cass. sez. II, 20 maggio 2010 n. 19696: “Il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di
legittimità è solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacché ove
queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente
motivata, siano comunque esattamente risolte, non può sussistere ragione alcuna di
doglianza”; conformi Cass. sez. II, 21 gennaio 2009 n. 3706; Cass. sez. V, 22 febbraio 1994 n.
4173; Cass. sez. IV, 7 marzo 1988 n. 6243; trattasi peraltro di principio generale che governa

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l’ambito della giurisdizione di legittimità, e investe pertanto anche il ricorso ex articolo 360 n.5
c.p.c.: cfr. da ultimo Cass. civ. sez. III, 14 febbraio 2012 n. 2107).
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese
del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale
emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di

Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 5 febbraio 2014

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di

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