Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1140 del 30/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1140 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore Generale pressa la Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di

Balzano
avverso la sentenza del 11/10/2011 della Corte d’appello di Trenta, sezione
distaccata di Balzano R.G. 267/2010
emessa nei confronti di Fanfani Arsace Luca, nato a Melendugno il 18/10/1974
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De
Marzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
Ritenuto In fatto
1. Con sentenza del 11/10/2011, la Corte d’appello di Trento, sezione distaccata
di Balzano, in riforma della sentenza di primo grado, ha assolto Luca Fanfani
Arsace dal reato ascrittogli, perché il fatto non sussiste. L’imputato era chiamato
a rispondere del delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 479, 48, 479 cod. pen., per
avere, quale maresciallo della Guardia di Finanza, in concorso con Cosimo
Damiano Matarrese, finanziere, formando nell’esercizio delle proprie funzioni il
“foglio di servizio”, il “processo verbale di rinvenimento” e la “relazione di
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Data Udienza: 30/11/2012

servizio”, atti tutti recanti la data del 03/03/2008, attestato falsamente – e con
l’inganno fatto attestare anche al finanziere Umberto Grosso, che aveva in buona
fede sottoscritto i predetti atti – di avere rinvenuto intorno alle 10, lungo la corsia
centrale dell’autostrada, una mazza di circa 50 cm di legno, quando tale mazza
era stata indebitamente sottratta lo stesso giorno, intorno alle ore 8 – 8,30, nel
corso di un controllo, dal medesimo maresciallo Fanfani dall’interno di
un’autovettura di proprietà e in uso a Jiri Vosmansky.
2. La Corte territoriale, dopo avere ricordato che il giudice di primo grado aveva

coimputato nel reato di falso ideologico, ossia il finanziere Matarrese, giudicato
separatamente, era stato assolto con decisione ormai irrevocabile, ha
ridimensionato la valenza probatoria delle dichiarazioni del Vosmansky, ossia
dell’unica fonte di prova della responsabilità del Fanfani. La Corte ha, infatti,
ritenuto di dover rinunciare al contributo ritraibile dalle dichiarazioni della figlia
dell’uomo, Jamila Vosmansky, la quale, pur non avendo assistito all’episodio, si
era recata per prima in caserma a denunciarlo e aveva poi fatto da interprete al
padre, in tal modo realizzando un’inammissibile commistione di ruoli tra teste,
teste de relato e interprete. Ciò posto, secondo la sentenza di secondo grado, il
riconoscimento, sia fotografico che all’udienza, da parte del Vosmansky non era
improntato a certezza assoluta; inoltre, mentre il teste aveva riferito che i militari
che avevano proceduto al controllo erano due, tutti i militari, ascoltati come
testimoni, aveva dichiarato di non avere partecipato ad alcun controllo insieme al
maresciallo Fanfani, perché impegnati in altre attività di servizio. Da ultimo, la
Corte territoriale ha sottolineato l’assenza di un plausibile movente idoneo a
giustificare il falso dell’imputato.
3. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata
di Bolzano, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando inosservanza ed
erronea applicazione della legge penale, nonché mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento
impugnato e dagli atti del processo (art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc.
pen.).
In particolare, si

lamenta: a) che il teste Vosmansky era stato sentito a

dibattimento con un’interprete professionale, la signora Kurzyszova, e che d’altra
parte, la figlia del teste, la mattina del fatto, aveva riferito alla Guardia di Finanza
di Rovereto quello che il padre le aveva detto; b) che i giudici di appello non
avevano considerato la deposizione del maresciallo della Guardia di Finanza,
Luigi Maggio, il quale aveva riferito che il Vosmansky, dopo avere sfogliato il
fascicolo fotografico, si era soffermato sulla foto del Fanfani e l’aveva indicata
con un dito, confermando al maresciallo che quella era la persona che gli aveva
sottratto la mazza da baseball; c) che in ogni caso il Fanfani era l’unico militare
con la barba ed era colui che si era presentato dai colleghi con una mazza da
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assolto il Fanfani dal reato di concussione, perché il fatto non sussiste, e che il

baseball in mano; d) che, quanto alle modalità dei controlli, il fatto che nessuno
dei militari avesse operato con il Fanfani, oltre ad essere smentito dalle
dichiarazioni dell’appuntato Nucibello, era illogico, nel senso che non era
verosimile che, nell’arco della mattinata, gli stessi non fossero stati insieme, per
certi periodi, in attesa di fermare le auto, di scambiarsi le informazioni, di
procedere a controlli congiunti; e) che il Fanfani non avrebbe predisposto alcun
verbale di rinvenimento se non fosse stato esplicitamente invitato, come riferito
dal teste Nucibello, dal maggiore Colella a farlo.

1. Il certificato di malattia pervenuto all’udienza del 30/11/2012 appare di incerto
significato e provenienza, con la conseguenza che la Corte non lo ritiene ostativo
alla celebrazione dell’udienza.
2. Ciò posto, il ricorso è inammissibile.
Ripercorrendo per ordine le ragioni cui il ricorrente affida le proprie critiche alla
sentenza impugnata, si rileva: a) il fatto che il teste Vosmansky sia stato sentito
a dibattimento con un’interprete professionale, la signora Kurzyszova, e che
d’altra parte, la figlia del teste, la mattina del fatto, aveva riferito alla Guardia di
Finanza di Rovereto quello che il padre le aveva detto, non fa che confermare
quanto la Corte territoriale sostanzialmente afferma, ossia che l’unica fonte di
prova diretta dell’accaduto è costituita dalle dichiarazioni del Vosmansky; in
definitiva, si tratta di censura priva di decisività; b) il richiamo alla deposizione
del maresciallo della Guardia di Finanza, Luigi Maggio, trascura di considerare
che anche la sentenza di primo grado aveva ritenuto che le critiche della difesa
sul riconoscimento fotografico curato dal Maggio erano in qualche modo “non
destituite di fondamento” e, in ogni caso, non si fa carico di criticare le incertezze
manifestate a dibattimento dal Vosmansky; c) che il Fanfani fosse l’unico militare
con la barba è una circostanza di fatto che il ricorrente non correla ad alcun atto
processuale; quanto al fatto che egli fosse colui che si era presentato dai colleghi
con una mazza da baseball in mano è un dato compatibile anche con il
ritrovamento della stessa, talché anche in questo caso, per ragioni diverse, le
critiche appaiono manifestamente inidonee a scardinare la logicità dell’impianto
motivazione della sentenza impugnata; d) che la critica sulle modalità dei
controlli è fondata su una generale e non specifica affermazione del teste
Nucibello e su considerazioni di ordine logico, che non dimostrano un
travisamento della prova, ma aspirano ad una rivisitazione del materiale
probatorio, sulla base di criteri valutativi diversi da quelli seguiti dal giudice di
merito; e) l’assenza di un reale movente del Fanfani si correla nella motivazione
della Corte territoriale a specifiche considerazioni riguardanti il valore
commerciale pressoché nullo della mazza da baseball danneggiata che non
vengono prese affatto in esame dal ricorso.
P.Q.M.
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CONSIDERATO IN DIRITTO

Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.
Così deciso in Roma il 30/11/2012

Il P

ente

Il Componente estensore

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