Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11399 del 09/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11399 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
BLASI Michele, nato a Taranto il 7/10/1981
avverso l’ordinanza del 12/7/2013 del Tribunale di Lecce, che quale giudice del
riesame ha confermato l’ordinanza del 12/6/2013 con cui il Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Lecce ha applicato al ricorrente la misura della
custodia in carcere in relazione al reato ex art.74 del d.P.R. 9 ottobre 1990,
n.309 e a plurimi reati ex art.73 della medesima legge;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Angelo
Di Popolo, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 12/7/2013 il Tribunale di Lecce, quale giudice del
riesame, ha confermato l’ordinanza del 12/6/2013 con cui il Giudice delle
indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha applicato al ricorrente la misura
della custodia in carcere in relazione al reato ex art.74 del d.P.R. 9 ottobre 1990,
n.309 e a plurimi reati ex art.73 della medesima legge.
Osserva in motivazione il Tribunale, quanto alla gravità del quadro
indiziario, che la complessa attività d’indagine oggetto dell’esame del Giudice

Data Udienza: 09/01/2014

delle indagini preliminari e posta a fondamento delle misure cautelari emesse a
carico degli associati è stata efficacemente sintetizzata nell’ambito della
motivazione dell’ampia ordinanza cautelare, che ha affrontato i presupposti sia
del reato associativo (capo Ad) sia delle numerosissime collegate condotte di
detenzione e cessione della sostanza stupefacente (in particolare cocaina e
hashish). In tale contesto l’ordinanza del Tribunale del riesame, ricapitolate le
ragioni a sostegno della esistenza del reato associativo (pag.3), esamina (pag.4
e ss.) la posizione dell’odierno ricorrente, cui sono mosse anche specifiche

Ae, Ag, Ah e Ao) e di detenzione e custodia della sostanza per conto
dell’associazione (capi An, Ap e Aq), nonché un numero assai elevato di condotte
di cessione (cfr. in particolare pagg.6 e 7 dell’ordinanza).
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale ha messo in evidenza come il
ricorrente sia gravato da precedenti specifici, sia soggetto a due procedimenti
penali per fatti di analoga natura e sia stato anche sottoposto a misura di
prevenzione personale; tutti elementi che depongono per la necessità di ricorrere
alla custodia in carcere.
2. Avverso tale decisione il sig. Blasi propone ricorso tramite il Difensore, in
sintesi lamentando:
a.

Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. in quanto il
Tribunale ha omesso di considerare la scarsa chiarezza della documentazione
che sorregge i singoli episodi (in particolare i capi Ao e Aq), la scarsa
decifrabilità delle conversazioni intercettate e, comunque, la modestia delle
singole cessioni di hashish che il ricorrente poneva in essere senza il concorso
di altri e per proprio esclusivo conto;

b.

Insussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art.274, lett.c) cod proc.
pen.: non solo il decorso di due anni dai fatti costituisce elemento che si
oppone al giudizio di attualità della cautela e che richiede (Sez. Un., sentenza
n.40538 del 24/9/2009, Lattanzi) una motivazione particolarmente
stringente, nel caso in esame mancante, ma non trova spiegazione
nell’ordinanza la circostanza che altri coindagati che versano in situazione
personale simile sono stati ritenuti meritevoli degli arresti domiciliari, così
violandosi il principio di pari trattamento; inoltre, il ricorrente ha dimostrato
in altro procedimento di rispettare gli obblighi derivanti dalla custodia
domiciliare. Sono tutti elementi che avrebbero imposto di applicare al
ricorrente una misura meno gravosa nel rispetto del principio di
proporzionalità fissato dall’art.275 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO

2

contestazioni di concorso nell’approvvigionamento di sostanza stupefacente (capi

1.

La Corte ritiene che l’esame del ricorso debba prendere le mosse dalle

valutazioni contenute nell’ordinanza impugnata con riferimento al reato ex art.74
del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309. Non vi è dubbio, infatti, che in presenza di
gravi indizi di esistenza dell’associazione criminosa e della partecipazione del
ricorrente il quadro di fatto complessivo e le esigenze cautelari assumano
connotazioni diverse e specifiche rispetto all’ipotesi che gli illeciti siano limitati
alla violazione dell’art.73 della medesima legge.
Sul punto l’ordinanza non appare meritevole delle censure che sono state

della associazione criminosa, caratterizzata nel caso in esame da un marcato e
finanche esasperato controllo del territorio ove avevano luogo le attività di
sistematica cessione di sostanze stupefacenti; caratterizzata, poi, da una
riscontrata ripartizione dei ruoli tra i partecipi del sodalizio e da attività di
detenzione e cessione coordinate.
Si tratta di circostanze di fatto e di condotte che correttamente sul piano
ermeneutico il Tribunale ha ricondotto all’ipotesi di reato ex art.74 del d.P.R. 9
ottobre 1990, n.309, travalicando le stesse i confini del concorso di persone nel
rato continuato e apparendo riconducibili a un più vasto e stabile progetto
criminoso.
2.

In tale contesto il Tribunale ha ritenuto sussistere gravi indizi di

partecipazione dell’odierno ricorrente, attesa la pluralità di condotte tenute in
concorso con altri sia al fine di garantire all’associazione l’approvvigionamento di
sostanza stupefacente (capi Ae, Ag, Ah e Ao) si al fine di assicurare alla stessa la
vendita della sostanza mediante specifiche attività di detenzione e custodia (capi
An, Ap e Aq). Un ulteriore elemento che assume rilievo tanto per la
partecipazione al sodalizio criminoso quanto per la complessiva valutazione della
posizione del ricorrente è rappresentato dal numero assai elevato di condotte di
cessione (cfr. in particolare pagg.6 e 7 dell’ordinanza).
3. Tutto ciò valutato, la Corte ritiene che allo stato non trovino fondamento
e non possano che essere considerate generiche le censure con le quali il
ricorrente assume che le condotte di cessione sono state da lui poste in essere
esclusivamente in proprio e al di fuori di qualsiasi collegamento con
l’associazione.
4.

Venendo all’esame delle esigenze cautelari e della adeguatezza della

grave misura custodiale, le censure mosse dal ricorrente all’ordinanza impugnata
appaiono infondate. Il decorso del tempo dai fatti è certamente un elemento che
deve essere valutato, ma il Tribunale ha ricostruito un quadro di personalità e
formulato un giudizio di pericolosità che, allo stato, non può dirsi incoerente o
illogico. Osserva, infatti, il Tribunale che il ricorrente risulta gravato da

3

mosse dal ricorrente. La motivazione individua con chiarezza i profili essenziali

precedenti specifici, é soggetto a due procedimenti penali per fatti di analoga
natura ed è stato sottoposto a misura di prevenzione personale. Si tratta di
elementi che, non specificamente contestati dal ricorrente coi suoi motivi,
appaiono coerenti col giudizio di pericolosità formulato dal Tribunale. Per altro
verso, il mero richiamo alla sentenza n.40538/2009 delle Sezioni Unite Penali
non è sufficiente a fondare una censura decisiva, posto che il decorso del tempo
costituisce solo uno degli elementi di giudizio rilevanti e correttamente può
essere considerato recessivo rispetto ad altri che risultano nel caso specifico

5. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere
respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento
delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art.94, comma 1-ter delle norme di attuazione al Codice di
procedura penale.
Così deciso il 9/1/2014

prevalenti.

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