Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11392 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11392 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
– D’ANDRIA RENATO, n. 10/01/1946 a NAPOLI

avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di ROMA in data 19/02/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Nicola Lettieri, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udite per il ricorrente le conclusioni dell’Avv. Nicoletta Piergentili Piromallo del
Foro di Roma, in sostituzione dell’Avv. Massimo Krogh del Foro di Napoli, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 08/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 19/02/2013, depositata in data 1/03/2013, il tribunale del
riesame di ROMA rigettava l’appello cautelare presentato dall’indagato D’ANDRIA
avverso il provvedimento 18/10/2012 con cui il GIP del Tribunale di ROMA

il 14/03/2007, 14/04/2007, 11/05/2007 e 18/05/2009.

2.

Ha proposto tempestivo ricorso il difensore – procuratore speciale

cassazionista dell’indagato, impugnando l’ordinanza predetta, deducendo un
unico motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per
la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, in particolare, il vizio di violazione di legge ex artt. 125, 322 e 325
c.p.p. in riferimento all’art. 606 c.p.p.; in sintesi si duole il ricorrente per aver il
tribunale omesso di motivare in ordine all’eccepita nullità dell’ordinanza
18/10/2012 per mancanza assoluta della motivazione, inerendo invece la
motivazione del giudice collegiale al tema dei presupposti di merito che
legittimavano la permanenza della misura cautelare reale precedentemente
disposta, non integrando dunque la motivazione ma sostituendo illegittimamente
con la propria motivazione quella di cui il provvedimento del GIP era totalmente
sfornita.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso dev’essere rigettato per le ragioni di seguito esposte.

5.

Deve, preliminarmente ricordarsi, che in sede di ricorso per cassazione

proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen.
ammette il sindacato di legittimità solo per motivi attinenti alla violazione di
legge. Nella nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, la
mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente
apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma
non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità
soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e)
dell’art. 606 stesso codice (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep.

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respingeva l’istanza di revoca dei sequestri preventivi disposti dal medesimo GIP

13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del
28/05/2003 – dep. 10/06/2003, Pellegrino S., Rv. 224611).

6. Tanto premesso sui limiti del sindacato di questa Corte, ritiene il Collegio che
sia evidente l’infondatezza del motivo di ricorso, che censura l’ordinanza
impugnata ritenendola inficiata dal vizio di mancanza di motivazione, inerendo

merito che legittimavano la permanenza della misura cautelare reale
precedentemente disposta, ciò che avrebbe determinato un’illegittima
sostituzione di quella di cui il provvedimento del GIP era totalmente sfornita con
la propria motivazione. Diversamente, a giudizio di questa Corte, il giudice del
riesame ha correttamente proceduto alla valutazione critica degli elementi
d’accusa, tenendo conto delle critiche proposte dalla difesa del ricorrente nella
fase impugnatoria cautelare, applicando correttamente il principio, più volte
affermato da questa Corte, secondo cui il tribunale del riesame non deve
instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di
garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della
fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il
sequestro (v., ex plurimis: Sez. 2, n. 44399 del 27/09/2004 – dep. 12/11/2004,
Rosellini ed altro, Rv. 229899).

7.

Deve, a tal proposito, osservarsi che il giudice d’appello è solo

apparentemente andato oltre i limiti del devolutum, in quanto è stato costretto a
riesaminare i presupposti applicativi del provvedimento impositivo della misura
cautelare dalla evidente ampiezza dei motivi d’impugnazione che erano stati
proposti in sede di appello cautelare. Come, invero, emerge chiaramente
dall’ordinanza impugnata, in sede di appello, il ricorrente aveva, da un lato,
chiesto l’annullamento del provvedimento genetico per mancanza di motivazione
e, dall’altro, ne aveva censurato l’assenza di motivazione anche in punto di
fumus.
L’ordinanza impugnata, nell’esporre gli argomenti motivazionali a sostegno della
decisione di rigetto, definisce in maniera assai definita e corretta il perimetro del
proprio ambito cognitivo, evidenziando come “in questa sede incidentale, dovrà
valutarsi alla luce degli elementi nuovi offerti, la legittimità della permanenza
della misura cautelare – non la legittimità genetica dei sequestri preventivi,
come sembra richiedere la difesa, che ha prodotto sentenze che si riferiscono ai
poteri valutativi del tribunale in sede di riesame e, dunque, nel momento
applicativo della misura cautelare reale”.
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sostanzialmente la motivazione del giudice collegiale al tema dei presupposti di

E’ dunque, evidente, proprio in virtù di tale premessa, che il tribunale avesse ben
presente l’ambito in cui poteva esplicarsi la propria valutazione, donde
inconferente si appalesa, sotto tale profilo la doglianza difensiva.
Quanto, poi, ai contenuti argomentativi esposti, nessuna violazione di legge può
ritenersi sussistere dalla lettura dell’ordinanza impugnata, in cui il tribunale,
dopo aver analiticamente sottoposto a valutazione critica gli elementi offerti dalla

fino a tale momento emersa, motivando anche sul fatto che l’invocata revoca dei
sequestri, oltre a consentire il consolidamento del profitto dei reati, inibirebbe in
caso di condanna la confisca dei beni.
Non può, pertanto, ritenersi che la decisione emessa dal tribunale, avente ad
oggetto il provvedimento di rigetto del GIP del 18/10/2012, avesse sostituito con
la propria motivazione, quella asseritamente mancante del provvedimento del
GIP, avendo infatti respinto il primo giudice l’istanza di revoca rietenendo ancora
sussistenti i presupposti posti a fondamento dei decreti di sequestro preventivo,
sia sotto il profilo del fumus che sotto il profilo del pericolo di aggravamento o
protrazione delle conseguenze dei reati, escludendo che le risultanze
dell’istruttoria dibattimentale incidessero sui presupposti impositivi.
L’impugnata ordinanza, pertanto, con il suo minuzioso e dettagliato apparato
motivazionale, risponde all’evidenza alle censure mosse dalla difesa del
ricorrente, che, peraltro, non tiene in debito conto che, secondo la più recente
giurisprudenza di questa Corte, con il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
emessa in sede di appello cautelare ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen., non
possono essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi della
motivazione, non rientrando nel concetto di violazione di legge, come indicato
negli artt. 111 Cost. e 606, lett. b) e c), cod. proc. pen., anche la mancanza
(vizio invece dedotto in questa sede) o la manifesta illogicità della motivazione,
separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606, lett. e), stesso
codice (Sez. 1, n. 40827 del 27/10/2010 – dep. 18/11/2010, Madio, Rv.
248468).

8. Il ricorso dev’essere, complessivamente, rigettato, con conseguente condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, l’8 gennaio 2014
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difesa, esclude che gli stessi siano in grado di svilire la piattaforma probatoria

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