Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11379 del 03/07/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11379 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALIBERTI AMEDEO N. IL 10/07/1947
avverso la sentenza n. 658/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
19/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4 c
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che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 03/07/2013

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 19 ottobre 2012 la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Brindisi del 3 novembre 2010, emessa nei confronti di ALIBERTI
Amedeo e MASCIULLI Antonio (imputato non ricorrente), imputati in concorso dei reati di
dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 del
D. L.vo 74/00 – capi A) e D) della rubrica); appropriazione indebita aggravata (artt. 110 cod.

patrimoniale (art. 2634 cod. civ.), dichiarava non doversi procedere a carico dei predetti
imputati in ordine alle imputazioni loro ascritte ai capi B), C), E) ed F) perché estinti per
prescrizione. Rideterminava, per l’effetto, la pena precedentemente inflitta ad ALIBERTI
Amedeo che sospendeva condizionalmente. Confermava, nel resto, anche con riferimento alle
statuizioni civili, condannando i due imputati alla rifusione delle spese da dette parti sostenute
nel grado.
1.2 Ricorre avverso la detta sentenza il solo ALIBERTI Amedeo, deducendo due specifici
motivi: con il primo lamenta l’erronea applicazione della legge processuale penale (art. 74 cod.
proc. pen.) e manifesta illogicità della motivazione in punto di ammissione della costituzione di
parte civile da parte dei soggetti privati (VENTURATO e FACCO) in quanto non rientranti nel
novero delle persone offese e nemmeno tra i danneggiati dai due (residui) reati tributari di cui
alle lettere A) e D), contestando anche il medesimo vizio con riguardo alle conseguenziali
statuizioni risarcitorie. Con il secondo motivo, il difensore lamenta la manifesta illogicità e
contraddittorietà della motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti
generiche per avere la Corte territoriale omesso di esaminare le allegazioni e circostanze
rassegnate sul punto in sede di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è solo parzialmente fondato per le ragioni qui di seguito esposte.
2. Con riguardo al primo motivo, le argomentazioni svolte a sostegno sono condivisibili. Va
ricordato che nei due gradi di giudizio si erano costituiti parte civile nei riguardi dei due
imputati – e per quanto qui di interesse – nei riguardi di ALIBERTI Amedeo, VENTURATO Susi e
FOCCO Rocco per tutte le ipotesi delittuose contestate ai due prevenuti. Se, con riferimento al
giudizio di primo grado la loro costituzione era ammissibile assumendo entrambi il ruolo di
persone offese tenuto conto che ai due imputati erano stati contestati non soltanto reati
tributari, ma reati ordinari previsti, rispettivamente, dal codice penale (appropriazione indebita
nella forma aggravata – capi B) ed E) e dal codice civile (infedeltà patrimoniale – capo C) della
rubrica), è del pari innegabile che – con riguardo alle sole contestazioni sub A) e D) – la
costituzione di parte civile non poteva essere ritenuta ammissibile, in quanto la natura speciale

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pen., 646 e 61 n. 11 cod. pen. – capi B) ed E) della rubrica) e del reato di infedeltà

dei reati tributari impedisce di considerare persona offesa soggetti privati, assumendo tale
veste esclusivamente lo Stato in relazione al particolare bene giuridico protetto dalla norma.
2.1 Ed in ogni caso rileva il Collegio che nessuna conferma delle statuizioni civili poteva
essere pronunciata dalla Corte territoriale alla luce della declaratoria di estinzione dei reati sub
B), C), E) ed F) per intervenuta prescrizione, residuando quale uniche ipotesi per le quali era
stata mantenuta l’affermazione della responsabilità, le due fattispecie delittuose sub A) e D)
che – stante la loro natura – precludevano la possibilità per i due soggetti privati di essere

2.2 Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, persona offesa dei reati tributari
è lo Stato ed, in particolare, l’Amministrazione Finanziaria e l’Agenzia delle Entrate, soggetto,
quest’ultimo (oggi sostituito dalla Direzione Provinciale delle Entrate), preposto alla tutela
dell’interesse al corretto adempimento dell’obbligazione tributaria (in termini Sez. 2^
23.11.2011 n. 7739, P.M. in proc. Gabbana e altri, Rv. 252018; v. anche Sez. 3^ 14.7.2010 n.
35456, Lazzarone, Rv. 248492 in tema di legittimazione dell’Agenzia delle Entrate a costituirsi
parte civile in materia di violazione di norme penali tributarie).
2.3 E’ pur vero che una costituzione di parte civile da parte dei due soggetti privati
sarebbe comunque stata possibile anche in presenza di violazioni penal-tributarie a condizione
che tali soggetti agissero nella veste di soggetti danneggiati dal reato: ciò in ossequio al
generale principio della ammissibilità della costituzione di parte civile (oltre che da parte delle
persone offese anche) da parte dei soggetti danneggiati dal reato. Ma nel caso in esame, come
sottolineato dalla difesa del ricorrente, nessuna delle due parti civili aveva assunto la veste di
soggetto danneggiato dal reato.
2.4 Afferma, in particolare, la difesa dell’ALIBERTI che i nominati VENTURATO Susi e
FACCO Giovanni erano soci della società “CONFEZIONI ULIVO” s.r.l. del tutto estranea alle
condotte illecite contestate nei due capi di imputazione A) e D): circostanza, questa, che
emerge in modo inequivocabile dalla semplice lettura dei due capi di imputazione in cui
l’ALIBERTI ha agito esclusivamente quale socio della società ESSE GIO’ s.r.l.” e socio anche
della società “CONFEZIONE SUSI” s.r.I..
2.5 Ma anche con riferimento a tale società lamenta, a ragione, il ricorrente, che il FACCO
(coniuge della VENTURATO) non è mai stato socio né della CONFEZIONE SUSI s.r.l. né della
ESSE GIO’ s.r.I., mentre con riferimento a tali società l’unico soggetto danneggiato dal reato
tributario (oltre che persona offesa) è lo Stato, essendosi i due privati (VENTURATO e FACCO)
avvantaggiati e per le evasioni fiscali commesse dall’ALIBERTI.
2.6 Peraltro, pur a fronte di specifiche censure sollevate con l’atto di appello circa la non
ammissibilità delle due parti civili per la parte afferente ai residui reati tributari, la Corte
territoriale si è limitata alla conferma delle statuizioni civili, pretermettendo del tutto, in modo
manifestamente illogico, l’esame delle condivisibili argomentazioni dell’appellante.

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qualificati come persone offese dai reati suddetti.

2.7 Di conseguenza vanno annullate le statuizioni civili con rinvio al giudice civile
competente per valore in grado di appello relativamente alle questioni civili afferenti agli altri
reati dichiarati prescritti.
3. Quanto al secondo motivo, la decisione del giudice di appello di non concedere le
circostanze attenuanti generiche fa leva su alcuni parametri ritenuti, a ragione,
particolarmente ostativi come già significativamente affermato dal Tribunale le cui
considerazioni sono poi state richiamate nella sentenza qui impugnata: tale decisione negativa

ragioni alla base della condotta e la confessione dell’imputato) – si è basata,
fondamentalmente su alcune connotazioni marcatamente sfavorevoli quali la gravità delle
condotte e, soprattutto, la non comune disinvoltura mostrata dall’ALIBERTI nell’approfittare
della particolare situazione gestionale con danno per la VENTURATO Susi e per gli altri
dipendenti (vds. pag. 17 della sentenza del Tribunale e pag. 4 della sentenza di appello che la
richiama in parte qua).
3.1 Trattasi, quindi, di motivazione che si sottrae a qualsivoglia censura di tipo logico. Del
resto l’orientamento di legittimità formatosi in materia è univocamente nel senso della non
necessità per il giudice di prendere in esame tutti gli elementi favorevoli (o sfavorevoli) dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, risultando invece sufficiente il riferimento a quelli (negativi o
positivi) ritenuti decisivi o comunque rilevanti, a condizione, ovviamente che la valutazione di
tale rilevanza tenga conto, anche in modo implicito, delle specifiche considerazioni mosse sul
punto dall’interessato (Sez. 3^ 23.4.2013 Banic e altri, Rv. 256172; Sez. 6^ 16.6.2010 n.
34364, Giovane e altri, Rv. 248244).
3.2 Peraltro l’eventuale diniego delle dette circostanze non si pone in contraddizione con
la decisione della Corte territoriale in ordine ad una eventuale concessione dei benefici di
legge: come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema, non
sussiste alcuna incompatibilità tra il diniego della sospensione condizionale della pena e la
concessione delle attenuanti generiche (e viceversa), stante la diversità di presupposti e
finalità dei due istituti: mentre queste ultime mirano ad una mitigazione del trattamento
sanzionatorio in assenza di specifiche situazioni che possano attenuarne l’entità, il beneficio di
cui all’art. 163 cod. pen. (così come quello di cui all’art. 175 stesso codice) risponde si basa su
un giudizio di tipo prognostico strutturalmente diverso da quello posto a fondamento delle
attenuanti generiche (previsione che in futuro l’imputato possa tornare a delinquere) (cfr. tra
le tante, Sez. 1^ 24.12.2008 n. 6603, P.G. in proc. Stumpo, Rv. 239131). Sul punto il ricorso
va rigettato.
4. Rileva, inoltre, il Collegio che con riferimento al reato di cui al capo A) commesso il 17
ottobre 2005, alla data odierna è maturato il termine massimo prescrizionale pari ad anni sette
e mesi sei decorrenti da tale data, anche tenendo conto di due periodi di sospensione per

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.,

– nonostante alcuni elementi positivi (lo stato di incensuratezza) ed altri neutri (come le

giorni 60 e 14 derivanti da altrettanti legittimi impedimenti dei difensori (vds. sentenza di
primo grado, pag. 1).
4.1 Trattandosi, comunque, di prescrizione maturata dopo la sentenza di appello, in tanto
è possibile provvedere alla declaratoria di estinzione del reato in quanto si tratta di ricorso non
manifestamente infondato: vale, sul punto, il principio affermato dalle SS.UU. di questa Corte
secondo il quale nella ipotesi di maturazione del termine prescrizionale successivamente alla
sentenza di appello, è solo l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta

punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p, non potendo considerarsi formato un valido rapporto di
impugnazione (S. U. 22.11.2000 n. 32, De Luca, Rv. 217266; Sez. 2^ 20.11.2003 n. 47383,
Viola, Rv. 227546; Sez. 4^ 20.1.2004 n. 18641, Tricomi, Rv. 228349).
5. La sentenza impugnata – alla stregua delle considerazioni che precedono – va annullata
senza rinvio limitatamente al reato di cui al capo A) per essere il reato estinto per intervenuta
prescrizione con eliminazione della relativa pena di mesi tre di reclusione irrogata a titolo di
aumento per continuazione rispetto al residuo – e più grave – delitto di cui al capo D), la cui
prescrizione non è, ad oggi, maturata.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo A) perché estinto per
prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi tre di reclusione. Annulla le statuizioni civili e
rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma il 3 luglio 2013

infondatezza dei motivi, a precludere la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non

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