Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11368 del 29/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11368 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: CITTERIO CARLO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AZZAOUI NOURDDINE N. IL 01/01/1978
avverso la sentenza n. 4062/2013 TRIBUNALE di MILANO, del
19/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;

Data Udienza: 29/01/2014

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ORD INAN ZA

RAGIONI DELLA DECISIONE
l. Avverso la sentenza di applicazione della pena, deliberata
dal Tribunale di Milano in data 19.4.13 per reato ex art. 73.1 e
l bis dPR 309/90, ricorre personalmente l’imputato, deducendo

c.p.p. e l’omessa motivazione sulla qualificazione giuridica.

2.

Il ricorso è inammissibile, perché il motivo è al tempo

stesso generico, diverso da quelli consentiti e manifestamente
infondato.
Infatti, in sede di applicazione della pena su richiesta delle
parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., l’accordo intervenuto
esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la
sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare
sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto
(anche deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione
della correttezza della sua qualificazione giuridica, con il
richiamo all’art. 129 c.p.p. per escludere la ricorrenza di
alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della
congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui
all’art. 27 Cost.

(Sez. 4, sent. 34494 del 13.7-17.10.2006). Né

il giudice può pronunciare sentenza di proscioglimento o di
assoluzione per mancanza, insufficienza o contraddittorietà delle
prove desumibili dagli atti, non rientrando tale possibilità tra
quelle esplicitamente indicate dall’art. 129, comma primo, cod.
proc. pen.

(Sez.6, sent. 15700 del 25.3-14.4.2009). Nulla poi il

ricorso deduce su quale elemento determinante ai sensi dell’art.
129 c.p.p. sarebbe stata omessa la motivazione e su quale avrebbe
dovuto essere la qualificazione giuridica corretta in luogo di
quella contestata e ritenuta in sentenza.
Nessun rilievo ha l’intervenuto art. 2 dl 146/13. Va premesso
che nella fattispecie la pena originariamente applicata parrebbe
illegale, in favore dell’imputato, atteso che il giudizio di
equivalenza tra recidiva e originaria attenuante del quinto comma

vizi di motivazione per la mancata applicazione dell’art. 129

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avrebbe dovuto condurre all’applicazione della pena base,
eventualmente diminuita di un terzo. In concreto, la pena
applicata (non modificabile in assenza dell’impugnazione della
parte pubblica), diviene legale con l’innovazione normativa; nè
influisce la natura autonoma del reato, rispetto alla recidiva
affermata equivalente, giacchè paradossalmente suscettibile di
conseguenze più gravi in relazione alla tipologia della recidiva
contestata.
pure implicitamente, in realtà il Tribunale abbia inteso
applicare la sentenza 251/2012 della Corte costituzionale, in
concreto giudicando prevalente, e non equivalente come invece
argomentato, l’allora attenuante ex art. 73 quinto comma.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1500 alla Cassa delle ammende,
equa al caso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1500 alla
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29.1.14

Non diversa è la conclusione, nel caso si ritenesse che, sia

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