Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1136 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1136 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Held Daines, nato a Bolzano il 17/07/1990

avverso la sentenza emessa il 29/02/2012 dalla Corte di appello di Trento

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Pio Gaeta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Trento, il 29/02/2012, confermava la sentenza
emessa dal Tribunale della stessa città in data 16/11/2010, con la quale Daines
Held era stato condannato alla pena di C 200,00 di multa per aver partecipato ad
una rissa (nel contempo dichiarando non doversi procedere a suo carico per il
delitto di lesioni personali, a seguito di remissione di querela, ed assolvendolo da

Data Udienza: 05/04/2013

altri addebiti). Dato atto che, fra i motivi di doglianza, la difesa dell’imputato
aveva impugnato la sentenza del giudice di prime cure anche per essere stata a
lui concessa la sospensione condizionale della suddetta pena, pur trattandosi di
mera sanzione pecuniaria, la Corte territoriale osservava che l’Held si trovava
nelle condizioni soggettive per godere di tale beneficio, rilevando che «la
concessione della sospensione condizionale, ai sensi dell’art. 163 cod. pen.,
costituisce esercizio di un potere attribuito dalla legge esclusivamente al giudice
in vista della finalità rieducativa della pena, con la conseguenza che non sono

parte di rinunciare al beneficio. Peraltro, sostiene la Suprema Corte, non può
assumere alcuna giuridica rilevanza l’interesse dell’imputato a riservare la
sospensione condizionale ad eventuali future condanne, trattandosi di
prospettazione che si pone in chiara contraddizione con la prognosi di non
reiterazione di fatti penalmente illeciti, imposta dall’art. 164, comma 1, cod.
pen., per la concessione del beneficio».

2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Trento, sopra richiamata,
ricorre il difensore dell’Held, deducendo due motivi.
2.1 Con il primo, la difesa lamenta inosservanza ed erronea applicazione
degli artt. 163 e 164 cod. pen., anche in relazione all’art. 133 dello stesso
codice, rilevando che ben può esistere un interesse dell’imputato a non vedersi
concedere la sospensione condizionale quando gli venga inflitta una semplice
pena pecuniaria: del beneficio in parola, infatti, si può godere soltanto due volte,
e non ne è preclusa l’applicazione quando il prevenuto abbia riportato una
precedente condanna a pena pecuniaria per delitto. L’interesse deve
considerarsi giuridicamente apprezzabile, mirando l’istituto in esame a garantire
la concreta reintegrazione sociale della persona condannata: perciò, la censura
rivolta alla sentenza di primo grado, e qui ribadita, non si fonda su un presunto
diritto dell’Held a rinunciare alla sospensione condizionale, bensì sul rilievo che il
giudice di merito avrebbe usato il potere discrezionale riconosciutogli dalla legge
violando la ratio dell’istituto (il pagamento della sanzione, nel caso di specie,
avrebbe certamente avuto maggiore efficacia rieducativa e dissuasiva rispetto
all’applicazione del beneficio di cui si discute).
Il ricorrente richiama plurimi precedenti giurisprudenziali di legittimità – sia
pure in tema di condanne a pena dell’ammenda condizionalmente sospesa secondo cui il giudice ha il dovere di motivare sull’utilità della concessione del
beneficio della sospensione condizionale rispetto al contrario interesse
dell’imputato a non giovarsene, in ragione della lievità della sanzione inflitta.

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ipotizzabili né la necessità di istanza da parte dell’imputato né il potere della

2.2 Con il secondo motivo di ricorso, il difensore dell’imputato rappresenta
carenza e/o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, non
avendo comunque la Corte territoriale:
– chiarito in cosa consisterebbero le condizioni soggettive dell’Held in base alle
quali egli potrebbe godere della sospensione condizionale;
– indicato quali elementi concreti legittimerebbero nel caso di specie, in vista
della funzione rieducativa della pena, l’esercizio del potere discrezionale
riconosciuto al giudice di merito per la concessione del beneficio;

godere di detto beneficio, aveva comunque formulato specifiche doglianze in
punto di dissuasività della sanzione inflitta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte, già nel 1994, hanno avuto modo di
affermare che «la sospensione condizionale non può risolversi in un pregiudizio
per l’imputato in termini di compromissione del carattere personalistico e
rieducativo della pena; l’interesse all’impugnazione, condizionante l’ammissibilità
del ricorso, si configura pertanto tutte le volte in cui il provvedimento di
concessione del beneficio sia idoneo a produrre in concreto la lesione della sfera
giuridica dell’impugnante e la sua eliminazione consenta il conseguimento di una
situazione giuridica più vantaggiosa. Il pregiudizio addotto dall’interessato,
tuttavia, in tanto è rilevante in quanto non attenga a valutazioni meramente
soggettive di opportunità e di ordine pratico, ma concerna interessi
giuridicamente apprezzabili in quanto correlati alla funzione stessa della
sospensione condizionale, consistente nella “individualizzazione” della pena e
nella sua finalizzazione alla reintegrazione sociale del condannato» (Cass., Sez.
U, n. 6563 del 16/03/1994, Rusconi, Rv 197535). Perciò, in linea di principio
non può rilevare la mera opportunità di riservarsi la possibilità del beneficio in
relazione a future condanne più gravi, peraltro in antitesi rispetto alla stessa
valutazione prognostica di una successiva astensione dell’imputato da condotte
illecite, ma occorre un “interesse giuridicamente apprezzabile”: interesse che, in
tema di condanne alla pena dell’ammenda, è stato concretamente ravvisato
all’esito di un significativo dibattito giurisprudenziale.
Dopo infatti alcune pronunce, secondo cui doveva ritenersi «inammissibile,
per difetto dell’interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione avverso la
sentenza di condanna a pena dell’ammenda condizionalmente sospesa e relativa

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– dato atto che l’imputato, lungi dall’avere rinunciato ad un preteso diritto di

a contravvenzione oblabile ex art. 162-bis cod. pen., in quanto l’art. 3 del d.P.R.
14 novembre 2002, n. 313, diversamente dall’abrogato art. 686 cod. proc. pen.,
prevede oggi l’iscrizione per estratto nel casellario giudiziale anche delle
sentenze di condanna concernenti contravvenzioni oblabili» (Cass., Sez. III, n.
12914 del 20/02/2008, Crucito, Rv 239349; v. anche, sostanzialmente negli
stessi termini, Cass., Sez. III, n. 42530 del 04/11/2008, Perchinenna), si è da
ultimo affermato l’orientamento opposto, nel senso che «l’imputato condannato
a pena pecuniaria, che sia stata condizionalmente sospesa senza sua richiesta,

da cui deriva la lesione di un interesse giuridico qualificato, atteso che dalla
condanna consegue l’iscrizione nel casellario giudiziale, che non può, in caso di
sospensione, essere eliminata» (Cass., Sez. III, n. 47234 del 15/11/2012,
Biagioni, Rv 253994). Infatti, se è vero che l’art. 3 del d.P.R. n. 313 del 2002
prevede comunque l’iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti
giudiziari di condanna per contravvenzioni concretamente sanzionate con la sola
pena dell’ammenda (sia o meno concessa la sospensione condizionale), il
successivo art. 5 dispone che quelle iscrizioni siano eliminate, salvo però che sia
stato concesso il beneficio medesimo, dopo dieci anni dall’esecuzione od
estinzione della pena.

Ergo, in vista di una futura possibilità di eliminazione di

iscrizioni pregiudizievoli, vi è effettivo interesse dell’imputato a dolersi di una
sospensione condizionale applicatagli ex officio.
Resta da vedere se analoghi principi possano affermarsi, in ipotesi avuto
riguardo ad interessi di altra natura, in caso di condanna a pena pecuniaria per
delitto, come nel caso oggi in esame. Su un piano più generale, questa Corte ha
più volte sottolineato che il giudice di merito ha il dovere di motivare sull’utilità
della concessione del beneficio della sospensione condizionale rispetto al
contrario interesse dell’imputato a non goderne (per la modestia della sanzione
irrogata), affermando pertanto che l’istituto può trovare applicazione anche
d’ufficio, sulla base di una valutazione in concreto di utilità di detta concessione
per la finalità di prevenzione speciale e rieducazione che costituisce la ratio
dell’istituto: le pronunce in questione (Cass., Sez. I, n. 45484 dell’11/11/2004,
Di Ricco; Sez. I, n. 26633 del 10/06/2008, Zara; Sez. I, n. 44602
dell’11/11/2008, Stefanelli; Sez. III, n. 11091 del 27/01/2010, Di Rosa), a ben
guardare, si riferiscono tutte a fattispecie concrete concernenti reati
contravvenzionali per cui era stata irrogata la sola ammenda, ma deve ritenersi
che i principi ivi esposti valgano anche in caso di applicazione della multa, se in
misura obiettivamente lieve e tale da non poter determinare – laddove
l’ordinamento si astenga dalla concreta esazione della sanzione – alcun effetto
deterrente da possibili ricadute dell’interessato in condotte di rilievo penale.

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ha interesse ad impugnare tale statuizione onde ottenere la revoca del beneficio

Su un piano dissuasivo, infatti, e indipendentemente dalla natura giuridica
della sanzione, una pena pecuniaria realmente eseguita non può che risultare
maggiormente efficace rispetto alla sospensione per un tempo determinato
dell’obbligo del condannato di corrispondere quella somma: il pagamento della
sanzione sarà pertanto, in linea generale, l’unica soluzione in grado di realizzare
la funzione rieducativa e special-preventiva della pena, a meno che non risultino
circostanze peculiari e del tutto contingenti, ad esempio in ragione di condizioni
economiche particolarmente disagiate in cui versi lo stesso condannato, dalle

Per altro verso, una qualunque pena detentiva per delitto, già inflitta in
precedenza, deve considerarsi – ai sensi dell’art. 164, comma secondo, n. 1,
cod. pen., e pur nei limiti indicati dall’ultimo comma dello stesso articolo ostativa alla concessione della sospensione condizionale in favore del soggetto
nuovamente condannato: ed appare in vero irragionevole che lo stesso effetto
venga a prodursi in caso di pregressa condanna a pena pecuniaria, ex se non
preclusiva, qualora il giudicante abbia discrezionalmente concesso una
sospensione condizionale non richiesta.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla concessa
sospensione condizionale della pena, beneficio che elimina.

Così deciso il 05/04/2013.

quali potersi evincere che la pena de qua sia in concreto di eccessiva afflittività.

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