Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1135 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1135 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Conte Fulvio, nato a Trieste il 28/12/1955

avverso la sentenza del 19/12/2011 della Corte di appello di Trieste

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
PièVo Gaeta, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avv. Paola Armellin, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata, in
subordine l’annullamento senza rinvio della sentenza medesima per intervenuta
estinzione del reato contestato in virtù di remissione di querela

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 05/04/2013

f

1. La Corte di appello di Trieste, il 19/12/2011, riformava la sentenza
emessa dal Tribunale della stessa città in data 23/01/2009, con la quale Fulvio
Conte era stato assolto dall’addebito di lesioni personali (l’ipotesi accusatoria
riguardava l’avere egli colpito la sorella Patrizia sulla testa ed al volto con
un’agenda rigida): accogliendo l’impugnazione proposta dal P.M., la Corte
territoriale dichiarava invece la penale responsabilità del prevenuto,
condannandolo alla pena di mesi 2 di reclusione, convertita nella corrispondente
sanzione pecuniaria.

La diversa conclusione si fondava sulla valutazione di

certificazioni mediche e dalle dichiarazioni di almeno due testimoni.

2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste ricorre personalmente
il Conte, lamentando che i giudici di secondo grado avrebbero omesso
l’assunzione di prove decisive: in particolare, l’imputato deduce che già la
deposizione di due zii dei protagonisti della vicenda era stata sufficiente a
convincere il Tribunale circa l’insussistenza di qualsivoglia reato a lui ascrivibile,
malgrado non fosse stato dato seguito ad alcune istanze istruttorie della difesa
(volte tra l’altro a far acquisire agli atti l’agenda con cui la persona offesa
sarebbe stata colpita e le cartelle cliniche concernenti cure precedenti prestate
alla suddetta vittima anche a seguito di incidenti stradali; nell’interesse del Conte
era stato anche richiesto di escutere un medico della competente A.S.L. perché
riferisse sulla tendenza della sorella a gesti di autolesionismo, tanto che costei
era ancora ospite di una struttura sanitaria specializzata in malattie mentali).
Lamenta altresì il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe ritenuto la sua
penale responsabilità errando nell’interpretazione delle risultanze probatorie, non
considerando che i testimoni assunti avevano comunque escluso che vi fosse
stato tra i due fratelli un contrasto fisico, facendo perciò intendere che il tutto si
era risolto in un dissidio verbale con offese reciproche, all’esito del quale Patrizia
Conte non presentava alcuna escoriazione.

3. Successivamente alla presentazione del ricorso, risulta formalizzato un
atto di remissione di querela a firma della persona offesa, con successiva
accettazione da parte dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile.

attendibilità delle asserzioni della persona offesa, riscontrate peraltro da

1.1 Il primo motivo appare del tutto generico, atteso che il Conte
rappresenta che sarebbe stato necessario assumere le prove sopra richiamate,
senza tuttavia evidenziarne le ragioni della pretesa decisività onde confutare
specificamente talune argomentazioni della sentenza impugnata: si tratta
peraltro di istanze istruttorie che vengono indicate come oggetto di sollecitazione
al P.M. durante le indagini preliminari (circostanza che trova conferma anche dal
dato cronologico, visto che i fatti risalgono al 10/11/2007 ed il Conte segnala nel
ricorso di aver presentato a quel fine un’istanza al P.M. già 1’11/02/2008), e che

1.2 Altrettanto generica risulta la seconda doglianza, con la quale il
ricorrente muove alla motivazione adottata dalla Corte triestina censure di
presunta carenza, contraddittorietà o manifesta illogicità solo in ragione della
preferenza che il Conte accorda, dopo aver chiosato con commenti negativi
l’impostazione stessa del precedente appello del P.M., alle conclusioni del giudice
di prime cure. Non vengono soprattutto analizzati, né soprattutto confutati, gli
argomenti che la Corte territoriale ha inteso privilegiare per pervenire a
conclusioni antitetiche a quelle: in particolare, l’imputato sottolinea che la zia
Maria Luisa Valmarin aveva escluso di aver notato segni di lesioni sul volto della
persona offesa, senza considerare che a tale aspetto la sentenza oggetto di
ricorso dedica specifica analisi alle pagine 4 e 5, offrendo una spiegazione
articolata e logica che il Conte non prova in alcun modo a superare.
1.3 Non può assumere alcuna rilevanza la sopravvenuta remissione della
querela, visto che la malattia conseguente alla condotta addebitata all’imputato
ebbe durata pari a 25 giorni, peraltro in base ad una prognosi formulata dai
sanitari del Pronto Soccorso e che la Corte di appello ha precisato non esservi
alcun motivo perché la si mettesse in discussione.

2. La declaratoria di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., impone la condanna dell’imputato al pagamento delle spese del
procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla volontà del ricorrente (v.
Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al versamento in favore della Cassa
delle Ammende della somma di C 1.000,00, così equitativamente stabilita.

P. Q. M.

3

dunque debbono intendersi neppure formalizzate nel corso del processo.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 05/04/2013.

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