Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1131 del 29/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1131 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Siano Salvatore, nato a San Giorgio a Cremano 1’11/09/1982

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli del 07/02/2011

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Giudice
dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Torre Annunziata, Salvatore Siano
veniva condannato, a seguito di giudizio abbreviato, alla pena di mesi quattro di
reclusione ed €.60 di multa a titolo di aumento per la ritenuta continuazione con

i fatti di cui alla sentenza della Corte d’Appello di Napoli del 03/12/2008,
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Data Udienza: 29/11/2012

confermandosi per il resto l’affermazione di responsabilità dell’imputato per il
reato di cui all’art.582 cod. peni, contestato come commesso in Torre del Greco

il 27/10/2007 spintonandola mentre la stessa cambiava una ruota della propria
autovettura, facendola cadere a terra, colpendola con una manata, trascinandola
sulla sede stradale, percuotendola con pugni e calci e cagionandole contusioni
multiple al fine di eseguire il delitto di tentata rapina del marsupio custodito nel
veicolo della persona offesa, per il quale il Siano veniva separatamente giudicato
con la citata sentenza della Corte d’Appello di Napoli.

essere stato il reato già giudicato con la sentenza rispetto alla quale veniva
ritenuta la continuazione, pronunciata su un’imputazione nella quale la condotta
di lesioni era interamente descritta, irrilevante essendo che la stessa sia stata in
quella sede ritenuta assorbita nel reato di tentata rapina.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E’ opportuno premettere che la possibilità o meno di proporre in sede di
legittimità questioni sulla violazione dell’art.649 cod. proc. pen. è oggetto di
quello che in prima analisi si presenta come un contrasto giurisprudenziale. Ad
un orientamento per il quale siffatto giudizio, presupponendo un raffronto fra
elementi fattuali relativi alle imputazioni contestate nelle sentenze in ordine alle
quali la preclusione è addotta, si risolverebbe in un accertamento di fatto non
proponibile in questa sede, ma esperibile unicamente dinanzi al giudice
dell’esecuzione (Sez. 2, n.41069 del 24/09/2004, Chiaberti, Rv.230708; Sez. 4,
n.47891 del 28/09/2004, Mauro, Rv.230568; Sez. 5, n.9180 del 29/01/2007,
Aloisio, Rv.236259; Sez. 4, n.48575 del 03/12/2009, Bersani, Rv.245740; Sez.
5, n.24954 del 06/05/2011, Brunetto, Rv.250920), se ne contrappone infatti
altro secondo il quale la valutazione in esame è consentita anche nel giudizio di
cassazione, in quanto avente ad oggetto l’inosservanza di una norma
processuale (Sez. 6, n.44484 del 30/09/2009, P., Rv.244856; Sez. 1, n.26827
del 05/05/2011, Santoro, Rv.250796).
A ben guardare, il contrasto si rivela tuttavia apparente, ove si consideri che
nella prima posizione la conclusione negativa sulla proponibilità della questione
in sede di legittimità trova il suo fondamento nella necessità, ai fini della
soluzione della questione stessa, di accertamenti di fatto incompatibili con il
giudizio di cassazione. Se questo è vero, ne segue infatti che, ove nel caso
concreto tale necessità non ricorra, non vi è alcuna ragione per negare accesso
in questa sede alla valutazione sulla sussistenza o meno di una violazione del ne
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L’imputato ricorrente deduce violazione dell’art.649 cod. proc. pen. per

bis in idem processuale; ed in questa prospettiva i due orientamenti appaiono in
realtà complementari. La seconda posizione richiama invero correttamente
l’attenzione sulla riferibilità della questione alla violazione di una norma
processuale, in quanto tale senz’altro censurabile nel giudizio di legittimità. Tale
affermazione incontra tuttavia il suo limite, conformemente del resto ai principi
generali, nell’impossibilità che il predetto giudizio si estenda fino a comprendere
accertamenti di fatto; laddove siffatti accertamenti si rendano necessari,
altrettanto correttamente il primo indirizzo giurisprudenziale richiamato esclude

merito in materia di esecuzione.
In questi termini, il ricorso in oggetto è ammissibile. Lo stesso pone infatti
un problema agevolmente risolvibile in base all’esame dell’imputazione
contestata nel presente procedimento, che contiene tutti gli elementi fattuali
della vicenda, ivi compresi quelli rilevanti per la separata contestazione di
tentata rapina; e non richiede un raffronto fra i contenuti sostanziali delle due
imputazioni, ma unicamente una valutazione degli elementi disponibili in questa
sede rispetto alla fattispecie astratta di cui all’art.628 cod. pen..

2. Ciò posto, il ricorso è tuttavia infondato.
Il precedente giurisprudenziale citato dal ricorrente in termini di
assorbimento del reato di lesioni, oltre a riguardare, quale fattispecie assorbente,
il diverso reato di resistenza a pubblico ufficiale (Sez. 5, n. 2631 del 03/12/1992
(19/03/1993), Bellicoso, Rv. 194324), è superato dalle numerose pronunce di
questa Corte per le quali, laddove si realizzi un’ipotesi di concorso formale di
reati, in cui all’unitarietà di un fatto storico corrisponda una pluralità di eventi
giuridici, il giudicato formatosi con riguardo a taluno di detti eventi non
impedisce l’esercizio dell’azione penale per gli altri (Sez. 2, n.10472 del
04/03/1997, Persiani, Rv.209022; Sez. 1, n.7262 dell’08/04/1999, Carta,
Rv.213709; Sez. 6, n.10790 del 24/05/2000, Leanza, Rv.218337; Sez. 1,
n.27717 del 18/05/2004, Purpura, Rv.228724; Sez. 4, n.10180 dell’11/11/2004
(16/03/2005), Antoci, Rv.231134; Sez. 6, n.1157 del 09/10/2007 (10/01/2008),
Nocchiero, Rv.238442; Sez. 3, n.25141 del 15/04/2009, Ferrarelli, Rv.243908;
Sez. 5, n.16556 del 14/10/2009 (29/04/2010), Virruso, Rv.246953); tanto con il
solo limite della ravvisabilità in concreto di un’incompatibilità logica fra i due
giudizi, come può verificarsi laddove in uno di essi sia stata dichiarata
l’insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da parte dell’imputato
(Sez. 4, n.25305 del 02/04/2004, Aldini, Rv.228924). Non ricorrendo
evidentemente una siffatta situazione di incompatibilità nel caso di specie,
quest’ultimo ha ad oggetto un fatto storico, per quanto detto complessivamente
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Ei

la proponibilità del ricorso per cassazione, attribuendo la decisione al giudice di

ed Interamente ricompreso nell’imputazione riportata in premessa, che nei due
procedimenti separati è stato per l’appunto valutato quale condotta produttiva
dei distinti eventi giuridici del tentativo di sottrazione dei beni della persona
offesa e delle lesioni inferte alla stessa. La precedente condanna per il reato di
tentata rapina non esercitava pertanto alcun effetto preclusivo rispetto al
giudizio sulla diversa imputazione di cui all’art.582 cod. pen..
Il ricorso deve di conseguenza essere rigettato, seguendone la condanna del

P. Q, M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 29/11/2012

Il Consigliere estensore

ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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