Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 113 del 23/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 113 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1) Candian Loris

nato il 21.12.1965

avverso la sentenza dell’8.10.2012
della Corte di Appello di Venezia
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Giuseppe Volpe, che ha
chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei motivi concernenti
le statuizioni civili per rinuncia del difensore e sopravvenuta
carenza di interesse del ricorrente. Rigetto nel resto.
sentito il difensore, avv. Stefano Marrone, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso

Data Udienza: 23/10/2013

1. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza dell’8.10.2012, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Venezia, sez. dist. di Dolo, resa in data 29.9.20111, appellata da
Candian Loris e dalla parte civile Provincia di Venezia, assolveva l’imputato dai reati a lui
ascritti ai capi c), d), e), f), g) perché i fatti non sono previsti dalla legge come reato;
dichiarava inammissibile l’appello proposto dal Candian in ordine al reato ex art.260 D.L.vo
152/2006 di cui al capo h); e, concesse le circostanze attenuanti generiche, rideterminava la
pena per detto reato e per il reato di cui all’art.256 co.4 D.L.vo 152/2006, ascritto al capo a),
già unificati sotto il vincolo della continuazione, in anni 1, mesi 9, giorni 12 di reclusione;
riduceva, per l’effetto, la quantificazione del danno in favore della Provincia di Venezia in euro
10.000,00; infine, in accoglimento dell’appello della parte civile, compensate le spese sia del
giudizio di primo grado che di quello di appello nella misura del 50%, condannava l’imputato
alla rifusione della rimanente parte.
Dopo aver richiamato la sentenza di primo grado, riteneva la Corte territoriale che í motivi di
appello in relazione al reato di cui al capo h) fossero inammissibili per assoluta genericità. Né
tale inammissibilità poteva essere sanata dai motivi aggiunti che, peraltro, ponevano questioni
di carattere metodologico con richiamo delle deduzioni riferite al capoc), trascurando che il
capo h) riguardava anche fatti ulteriori e diversi.
In ordine al reato di cui al capo a), rilevava la Corte territoriale che l’autorizzazione imponeva
una distinzione dei siti, mentre era stato accertato, nel corso del sopralluogo del 4.9.2008,
che, all’interno del capannone contrassegnato con la lettera C1 erano stati stoccati rifiuti della
ditta SIRA, che in parte erano destinati al recupero ed in parte allo smaltimento.
Peraltro, la sussistenza della violazione non era stata neppure contestata nell’atto di appello,
che si era limitato a ricondurre tale situazione a problemi di carattere contingente (peraltro
neppure provati).
Quanto alla liquidazione dei danni, che andavano comunque ridotti, stante la pronuncia
assolutoria in ordine ad una pluralità di imputazioni, la Corte territoriale riteneva condivisibile
la motivazione della sentenza di primo grado in ordine al danno non patrimoniale (danno di
immagine dell’Ente derivante dalla sistematica ed abusiva gestione dei rifiuti) ed alla
liquidazione in via equitativa.
Anche la liquidazione delle spese, omessa in primo grado, doveva tener conto della parziale
assoluzione dell’imputato.
2. Ricorre per cassazione Candian Loris, denunciando con il primo motivo l’inosservanza ed
erronea applicazione degli artt.581 e 591 c.p.p. in ordine alla ritenuta inammissibilità
dell’appello con riguardo al capo h), nonché il vizio di motivazione.
Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità assume che la Corte territoriale ha
erroneamente adottato un’interpretazione restrittiva e rigorosa del concetto di specificità ed
ha confuso il giudizio di inammissibilità dell’appello con quello di cassazione.
La Corte territoriale, inoltre, non ha tenuto conto del complessivo contenuto dell’atto di
appello, che faceva riferimento anche al capo h) e che, comunque, con i motivi aggiunti,
erano state dedotte ulteriori specificazioni.
Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt.581 e 591
c.p.p. e la mancata pronuncia in ordine al capo h), anche con riferimento alla concessione
delle circostanze attenuanti generiche ed alla dosimetria della pena.
Con il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in ordine alla mancanza di dolo quanto al
reato di cui al capo a). La Corte territoriale muove da un’erronea interpretazione delle
risultanze istruttorie ed in particolare della testimonianza di Massaro Davide, secondo il quale
il giorno dell’ispezione si era verificato, all’interno del capannone, un problema, portato
immediatamente a conoscenza degli ispettori. La corretta lettura della testimonianza in
questione avrebbe dovuto portare ad un’assoluzione quanto meno per difetto dell’elemento
psicologico. Anche in ordine al convogliamento all’interno di uno stesso capannone di rifiuti
aventi il medesimo codice CER, ma provenienti da produttori diversi sono stati travisati i dati
dell’istruttoria e non sono state considerate circostanze favorevoli all’imputato (secondo le
direttive dell’ARPAV risalenti al novembre 2006, l’accorpamento di rifiuti della medesima
tipologia è lecita). I Giudici di merito hanno confuso l’attività di accorpamento, posta in

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RITENUTO IN FATTO

g-

2.1. Con altro ricorso, a firma del difensore del Candian, si deduce l’inosservanza ed erronea
applicazione degli artt. 185 c.p. é 538 c.p.p. e l’errata interpretazione dell’art.19 lett.a) D.L.vo
267/2000 con riferimento alla condanna dell’imputato al risarcimento del danno non
patrimoniale in favore della Provincia di Venezia
I Giudici di merito non hanno tenuto conto che, secondo giurisprudenza pacifica di legittimità,
danno luogo a risarcimento soltanto le condotte che determinino un pregiudizio alla qualità
della vita della collettività (sotto il profilo ambientale) e non anche le violazioni meramente
formali. La lesione deve essere diretta e specifica e non può coincidere con un danno
ambientale generico.
Denuncia poi la manifesta contraddittorietà della motivazione in relazione alle statuizioni civili.
Il Tribunale, alla cui motivazione rinvia la Corte di Appello, aveva dato atto che dall’istruttoria
non era emerso un concreto pregiudizio all’ambiente, tanto che non era stato neppure chiesto
un provvedimento ripristinatorio. Nonostante tale premessa, arbitrariamente ed
incomprensibilmente, è stato risarcito il danno d’immagine, pur in assenza di un danno
all’ambiente.
Con il terzo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt.185 c.p. e 538
c.p.p. e la contraddittorietà della motivazione in ordine alla liquidazione del danno non
patrimoniale in via equitativa. Tale liquidazione è consentita solo quando non sia possibile una
precisa quantificazione e non per superare e supplire a lacune istruttorie. La Corte territoriale,
nel liquidare i danni in euro 10.000,00 non ha neppure indicato i criteri seguiti.
Denuncia ancora la violazione dell’art.538 c.p.p. e del D.M. n.140 del 20.8.2002 e la
motivazione carente in ordine alla compensazione parziale delle spese.
Gli altri motivi sono gli stessi del ricorso a firma del Candian.
2.2. Con memoria del 27.9.2013 il difensore del Candian deduce ulteriormente l’errata e falsa
applicazione degli artt.581 e 591 c.p.p. in ordine alla declaratoria di inammissibilità dell’appello
quanto al reato di cui al capo h), non avendo tenuto conto la Corte territoriale del contenuto
complessivo dell’impugnazione con cui, anche con riferimento a detto capo, si contestava
l’affermazione di responsabilità, l’illegittimità di un’attività di indagine operata sulla carta ed il
mancato esame dei verbalizzanti.
Si deduce altresì la violazione e falsa applicazione dell’art.597 c.p.p., in quanto la Corte di
appello, pur volendo ritenere, per ipotesi, inammissibili, per mancanza di specificità, le
censure sul capo h), avrebbe dovuto estendere la cognizione anche a detto capo che era in
connessione essenziale con tutti gli altri capi (anche perché, in ogni caso, era stata censurata
la quantificazione della pena anche con riferimento a tale capo)
3. Con memoria, depositata in cancelleria, il difensore della costituita parte civile chiede il
rigetto del ricorso, assumendo che correttamente è stato ritenuto inammissibile l’appello per
genericità.
Quanto, comunque, al rilievo che, nel richiamare le argomentazioni sul capo c), era stata
riaffermata la tesi che si trattava di accorpamento di rifiuti omogenei e non di miscelazione,
la questione era stata affrontata in primo grado e motivatamente disattesa, per cui anche sotto
tale profilo l’appello era inammissibile.
Anche in ordine alla liquidazione dei danni e delle spese l’appello è stato ritenuto generico a
fronte di quanto argomentato dal primo giudice e comunque infondato.

essere, con quella di miscelazione. Inoltre, come riferito dallo stesso teste Massaro, all’epoca
era consentito l’accorpamento di rifiuti con lo stesso codice CER, anche se con caratteristiche
di pericolosità diversa.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Vanno innanzitutto esaminate le censure proposte avverso la declaratoria di inammissibilità
dei motivi di appello in ordine al reato di cui al capo h).
2. L’art.581 c.p.p. richiede espressamente che l’atto di impugnazione contenga, a pena di
inammissibilità ex art.591 co.1 lett.c) c.p.p., a) i capi o i punti della decisione ai quali si

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2.1. La Corte territoriale ha ineccepibilmente richiamato tali principi, ma ne ha fatto poi non
corretta applicazione al caso concreto.
Essendo stata specificamente censurata per violazione di legge e vizio di motivazione la
declaratoria di inammissibilità è necessario l’esame diretto dell’atto di appello, “tanto più che,
trattandosi di vizio rlievabile d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, l’inammissibilità
dell’appello può e deve essere rilevata nel giudizio di legittimità” (cfr. Cass.pen. Sez. 6
n.27068/2011 cit.).
E’ vero che l’impugnazione (terzo motivo di appello), con riferimento specifico al capo h), era
racchiusa graficamente in poche righe. Non ha tenuto conto, però, la Corte territoriale che le
doglianze difensive in ordine al delitto di cui all’art.260 D.L.vo 152/2006, richiamavano
espressamente tutte le argomentazioni in precedenza esposte (“Le considerazioni sopra
sviluppate permettono di riconoscere come infondata anche l’ultima ipotesi delittuosa
contestata sub h) dal capo di imputazione” cfr. pag. 25 app.). E con esse si contestava che le
modalità di gestione dei rifiuti, di cui alle specifiche contestazioni degli altri capi di
imputazione (poi richiamate nel capo h), fossero non conformi a legge, deducendosi il
travisamento dei fatti, l’errata valutazione degli esiti dell’istruttoria e la mancata valutazione
di prove a favore dell’imputato (pag.20 e ss.app.).
Per di più, con l’atto di appello venivano svolte censure anche in ordine al trattamento
sanzionatorio sotto il profilo della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e
dell’eccessività della pena inflitta in primo grado. Tali doglianze riguardavano ovviamente tutti
i capi di imputazione (e quindi anche il capo h) per i quali, ritenuta la continuazione, era stata
irrogata un’unica pena. La Corte territoriale, nel riconoscere le circostanze attenuanti
generiche, non si è avveduta che, almeno sotto tale aspetto, accoglieva l’appello dell’imputato,
con riferimento anche al capo h).
Avendo, però, ritenuto inammissibili i motivi su detto capo h), ha, in palese contraddizione,
“dovuto” operare la riduzione per le generiche soltanto con riferimento alla pena irrogata a
titolo di continuazione.

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riferisce l’impugnazione; b) le richieste; c) i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di
diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Come riaffermato anche di recente da questa Corte (Cass.pen. Sez.6 n.27068 del 23.6.2011) i
motivi di impugnazione, pur nella libertà della loro formulazione, debbono “indicare con
chiarezza, a pena di inammissibilità, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le censure,
al fine di delimitare con precisione l’oggetto dell’impugnazione e di evitare impugnazioni
generiche e dilatorie. In punto di diritto ciò implica che la parte impugnante deve esplicitare
con sufficiente chiarezza la censura d’inosservanza o di violazione della legge penale, non
potendo ritenersi che la semplice menzione di un articolo del codice possa integrare
“l’indicazione specifica” richiesta dall’art.581 c.p.p., comma 1 lett.c), soprattutto quando.. .non
è dato cogliere, dalla lettura della sentenza di primo grado, la benchè minima inosservanza o
violazione di legge”. In punto di fatto non è sufficiente a integrare il necessario requisito di
specificità la reiterata prospettazione di possibili e astratte spiegazioni della condotta
dell’imputato, soprattutto quando esse.. .sono state esaurientemente esaminate e, in concreto,
escluse dal giudice di primo grado”.
Quanto ai motivi nuovi, non c’è dubbio che essi, pur se presentati tempestivamente, non
possano sanare la inammissibilità originaria dell’atto di gravame o introdurre richieste
completamente nuove. E’ assolutamente pacifico, invero, che i motivi nuovi a sostegno
dell’impugnazione debbano avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che
sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art.581 lett.a) c.p.p.. Non
possono quindi sollevare questioni non proposte con quelli principali perché: a) il tenore
testuale dell’art.167 att. precisa che nella presentazione dei motivi nuovi devono essere
specificati i capi e i punti enunciati a norma dell’art. 581 comma primo lett.a) del codice ai
quali i motivi si riferiscono; b) diversamente sarebbe vanificato il principio del tempestivo e
completo contraddittorio; c) l’appello incidentale, impossibile contro i motivi nuovi, sarebbe
completamente vanificato se fosse possibile prospettare nuovi profili di annullamento con i
motivi nuovi (cfr.ex multis Cass.pen.sez.3, 12.12.1995 n.122260; Cass.sez.un.20.4.1998
n.4683).

3. Quanto al reato di cui al capo a), la Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune
da vizi logici, ha ritenuto infondati i motivi di appello, con i quali non si contestava l’oggettiva
esistenza della violazione (pag.20 e ss.app.), invocandosi un’assoluzione
per difetto
dell’elemento soggettivo del reato. E su tale censura ha ampiamente argomentato, rilevando
che l’esistenza di condizioni meteorologiche avverse che avrebbero reso impossibile la
ricezione dei rifiuti in discarica non era stata provata e che, comunque, la contestazione non
riguardava il ritardo nell’invio dei rifiuti allo smaltimento in discarica, ma il loro stoccaggio in
un’area riservata ai soli rifiuti destinati al recupero (e sul punto non era stata fornita alcuna
giustificazione). Infine ineccepibilmente ha evidenziato la Corte di merito,che, trattandosi di
ipotesi contravvenzionale, la violazione delle prescrizioni ha rilevanza penale “anche nel caso
in cui avrebbe potuto essere evitata attraverso un comportamento avveduto, previdente e
diligente” (pag.14 sent.).
Il ricorrente, con il ricorso, ripropone le medesime censure, già esaminate e disattese
correttamente dai Giudici di merito e, per di più richiede, una rivisitazione, non consentita in
questa sede di legittimità, delle risultanze processuali.
3.1. La fondatezza dei motivi di ricorso in ordine al reato di cui al capo h), consente di rilevare
ex art.129 c.p.p. l’intervenuta prescrizione del reato di cui al capo a).
Essendo l’accertamento avvenuto in data 4.9.2008, il termine massimo di prescrizione, tenuto
conto anche dell’interruzione, di anni cinque è maturato il 4.9.2013.
Va emessa pertanto immediata declaratoria di estinzione del reato di cui al capo a) per
prescrizione, previo annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
4. La sentenza impugnata va annullata in relazione al reato di cui al capo h), con rinvio ad
altra sezione della Corte di Appello di Venezia che procederà all’esame dell’appello in relazione
a detto reato.
Ogni altra doglianza rimane assorbita, evidenziandosi, peraltro, che, riguardo alle statuizioni
civili, è intervenuta revoca della costituzione di parte civile da parte della Provincia di Venezia
(come da documentazione prodotta dal difensore all’odierna udienza).

P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata, senza rinvio, limitatamente al reato di cui al capo a) perché
estinto per prescrizione, e, con rinvio, limitatamente al reato di cui al capo h), ad altra sezione
della Corte di Appello di Venezia.
Così deciso in Roma il 23.10.2013

E’ appena il caso di aggiungere che, stante l’ammissibilità dell’appello anche in ordine al reato
di cui al capo h (per le ragioni in precedenza esposte), ulteriori deduzioni venivano
legittimamente svolte con i motivi nuovi.

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