Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11262 del 29/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11262 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TAMBURELLO MICHELE N. IL 16/01/1956
avverso la sentenza n. 5841/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del
11/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 29/01/2014

R. G. 24902 / 2013

Con il ministero del difensore l’imputato Michele Tamburello ricorre per cassazione
contro la sentenza della Corte di Appello di Torino che ha confermato in punto di
responsabilità la decisione con cui il Tribunale di Torino, all’esito di giudizio ordinario, lo ha
riconosciuto colpevole del reato di resistenza (violenta reazione nei confronti di un agente
della Polizia Ferroviaria procedente a sua rituale identificazione, cui rivolgeva frasi di grave
minaccia e che colpiva con due pugni al torace). La Corte, dichiarato estinto per prescrizione il
connesso reato di porto abusivo di un coltello, ha unicamente mitigato il trattamento
sanzionatorio, escludendo la rilevanza della contestata recidiva e riducendo la pena inflitta al
prevenuto (con le già riconosciute attenuanti generiche) a quattro mesi di reclusione.
Con il ricorso si denuncia l’erronea applicazione dell’art. 337 c.p. e la carenza e
l’illogicità della motivazione della sentenza di appello nella parte in cui, riportandosi alla
sentenza di primo grado, non avrebbe operato una corretta ricostruzione della vicenda
integrante la regiudicanda, i cui elementi referenziali inducono ad escludere persuasivi dati
probatori della sussistenza del reato attribuito al Tamburello. Ciò quanto meno sotto il profilo
dell’elemento soggettivo del reato, che la Corte territoriale avrebbe dovuto approfondire
aderendo all’invocata rinnovazione parziale dell’istruttoria (per l’esame di un testimone).
Il ricorso è inammissibile per difetto di specificità (traducendosi nell’acritica e
sommaria replica dei motivi di gravame correttamente vagliati e disattesi dai giudici di appello
e dalla stessa decisione di primo grado) e palese infondatezza dei motivi di censura.
Segnatamente quando si abbia riguardo alla linearità attraverso cui la sentenza di appello è
pervenuta, in base ad una autonoma riconsiderazione dei dati processuali, alla conferma della
penale responsabilità del ricorrente, evidenziando l’implausibilità della tesi difensiva
prefigurata dall’imputato sulla inadeguata ricostruzione della vicenda ovvero sulle
incongruenze dichiarative che la caratterizzerebbero. Incongruenze dissolte già dalla estesa e
articolata sentenza di primo grado, alla cui analisi i giudici del gravame hanno altresì fatto
corretto rinvio.
La genetica inammissibilità del ricorso, impedendo l’instaurarsi di un valido rapporto
impugnatorio, preclude la rilevabilità di eventuali cause estintive prescrizionali sopravvenute
alla sentenza di secondo grado (Cass. S.U., 22.11.2000 n. 32, De Luca, rv. 217266; Cass.
S.U., 22.3.2005 n. 23428, Bracale, rv. 231164; Cass. Sez. 3, 8.10.2009 n. 42839, Imperato,
rv. 244999). Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e dell’equa somma di euro 1.000,00 (mille) in
favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 29 gennai 2014

Motivi della decisione

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