Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11260 del 29/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11260 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PORTACCI MICHELE N. IL 17/10/1983
avverso la sentenza n. 6608/2012 TRIBUNALE di TARANTO, del
23/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 29/01/2014

R.G. 24875 / 2013

Per mezzo del difensore l’imputato Michele Portacci ricorre per la cassazione
dell’indicata sentenza del Tribunale di Taranto, con la quale -su sua richiesta, cui ha
aderito il p.m.- gli è stata applicata ex art. 444 c.p.p., concessegli generiche circostanze
attenuanti stimate equivalenti alla contestata recidiva, la pena di otto mesi di reclusione
per il reato di evasione dal regime cautelare degli arresti domiciliari di cui all’art. 385 co.
3 c.p. (essendosi arbitrariamente allontanato dalla sua abitazione, venendo sorpreso in
un bar intento a bere una birra).
Con il ricorso si lamenta mancanza di motivazione in punto di affermata
responsabilità del prevenuto per l’ascritto reato, poiché il giudice avrebbe omesso di
verificare la reale sussistenza nella condotta dello stesso degli elementi costitutivi della
contestata fattispecie dell’evasione, elementi che avrebbero potuto condurre ad una
decisione liberatoria ex art. 129 c.p.p.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza delle censure.
A fronte dell’adeguata motivazione della sentenza impugnata (che segnala
l’avvenuto arresto del ricorrente in flagranza di reato, essendo stato sorpreso al di fuori
della sua abitazione) il ricorso non specifica in alcun modo le evenienze per cui, in
presenza di una richiesta di pena patteggiata proveniente dallo stesso ricorrente, tale da
presupporre rinuncia implicita a questioni sulla colpevolezza e sugli elementi
circostanziali del reato, il decidente giudice di merito avrebbe dovuto eludere la richiesta
e giungere ad una sentenza liberatoria basata sull’evidenza dell’inesistenza del reato o
della non colpevolezza dell’imputato, che ha ritenuto esclusa in base alle risultanze
processuali richiamate in sentenza.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore
della cassa delle ammende, che -attesa la natura del provvedimento impugnato- stimasi
equo fissare in euro 1.500,00 (millecinquecento).
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro millecinquecento in favore della cassa delle ammende.
Roma, 29 gennaio 2014

Motivi della decisione

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