Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11256 del 29/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11256 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CIMINO GIANLUCA N. IL 27/04/1978
MARINO VIVIANA N. IL 06/04/1977
avverso la sentenza n. 118/2009 CORTE APPELLO di MESSINA, del
08/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 29/01/2014

R. G. 24779 /2013
Con sentenza de118.10.2012 la Corte di Appello di Messina, confermando in punto di responsabilità
la sentenza del locale Tribunale, che ha dichiarato Gianluca Cimino e Viviana Marino colpevoli del
reato di concorso in illecita detenzione per fini commerciali di sostanza stupefacente formata da 41
pasticche di ecstasy e il Cimino altresì del reato di rapina per aver sottratto la pistola di ordinanza di un
assistente di polizia, nel quadro dell’aggressione consumata nei suoi confronti per opporsi ai controlli cui
questi e altri agenti procedevano nei pressi di una discoteca, ha riformato la sentenza di primo grado nei
confronti del Cimino, previa declaratoria di estinzione per prescrizione dei connessi reati di resistenza,
lesioni volontarie a p.u., porto illegale dell’arma sottratta al poliziotto (fatti commessi il 3.8.2003). Per
l’effetto la Corte peloritana ha mantenuto ferma la condanna alla pena di quattro anni di reclusione ed euro
18.000 di multa inflitta (riconosciutele le attenuanti generiche) alla Marino ed ha rideterminato la pena per
il Cimino (con la già riconosciuta continuazione tra i reati di rapina e di spaccio di stupefacenti) in sette anni
di reclusione ed euro 27.600 di multa.
La sentenza di appello è stata impugnata per cassazione dai difensori dei due imputati, che hanno
dedotto vizi di violazione di legge e di difetto e illogicità della motivazione.
Nell’interesse del Cimino si adduce l’insussistenza di adeguate prove: della condotta ablativa
dell’imputato siccome sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 628 c.p. sul presupposto, disatteso dai
giudici di appello, che egli avrebbe agito per solo scopo autodifensivo, stante l’aggressività dell’assistente di
polizia e il timore che costui potesse usare l’arma in suo danno; dell’effettiva partecipazione criminosa nella
detenzione della droga, certamente detenuta dalla sola Marino, che ha tentato di disfarsene. Nell’interesse
della Marino si adduce l’insufficiente analisi della vicenda processuale, non emergendo sicura prova della
effettiva detenzione delle compresse di ecstasy per conto del coimputato Cimino. In subordine si lamenta
l’erroneità della pena applicata, in quanto parametrata sul disposto dell’art. 73 L.S. come novellato dalla L.
49/2006, laddove avrebbe dovuto applicarsi la normativa vigente al momento dei fatti (essendo stato
contestato l’art. 73 co. 4 L.S.). Con l’ulteriore subordinata conseguenza dell’intervenuta prescrizione anche
del reato ascritto all’imputata.
Entrambi i ricorsi sono inammissibili per indeducibilità o palese infondatezza delle censure.
La Corte di Appello ha compiutamente vagliato le deduzioni difensive del Cimino rese oggetto
dell’odierno ricorso (generico in quanto radicato sull’acritica replica dei motivi di appello), qualificandole
senza mezzi termini -avuto riguardo alle univoche emergenze istruttorie- come “fantasiose” in riferimento
alla condotta di rapina della pistola sottratta al poliziotto da lui aggredito e senz’altro destituite di pregio in
relazione alla droga materialmente detenuta dalla coimputata e che lui stesso (come riferito dall’agente
operante) ha esortato a disfarsene. Elementi che, in uno all’oggettivo possesso dello stupefacente, radicano il
concorso criminoso della Marino nel reato di cui all’art. 73 L.S. Il reato contestato alla Marino (e,
ovviamente, al coimputato Cimino) è quello previsto dal comma i dell’art. 73 L.S. anche nella anteriore
trama precettiva, a nulla rilevando l’impropria menzione in imputazione del comma 4 della norma, atteso
che l’ecstasy o MDMA è una droga psicoattiva con effetti neurotonici e entactogeni prodotta sinteticamente
quale derivato dell’anfetamina (metanfetamina). Come tutte le anfetamine e i derivati anfetaminici la
sostanza era già inclusa nella tabella I allegata alla L.S., punita dall’art. 73 co. i L.S. anche nel testo anteriore
alla novella di cui alla legge n. 49/2006. Con la conseguenza che la pena inflitta alla Marino (come quella
inflitta al Cimino), in sé certamente non illegale, si correla a fattispecie non attinta da causa estintiva
prescrizionale al momento della pronuncia dell’impugnata sentenza di appello.
Per altro la genetica inammissibilità dei due ricorsi, impedendo l’instaurarsi di validi rapporti
impugnatori, preclude la possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per prescrizione sopravvenuta
alla sentenza di secondo grado (Cass. S.U., 22.11.2000 n. 32, De Luca, rv. 217266; Cass. S.U., 22.3.2005 n.
23428, Bracale, rv. 231164; Cass. Sez. 3, 8.10.2009 n. 42839, Imperato, rv. 244999). All’inammissibilità dei
ricorsi segue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese processuali e al versamento dell’equa
somma di euro 1.000,00 (mille) pro capite alla cassa delle ammende.
P. Q. m.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro mille ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Roma, 29 gennaio 2O4

Motivi della decisione

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