Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1123 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1123 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Ariostini Torquato Mario, nato a Foggia il 19/06/1965
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Bari il 28/04/2014

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Vito D’Arnbrosío, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO
Il difensore di Torquato Mario Ariostini ricorre avverso la pronuncia indicata
in epigrafe, recante (per quanto di odierno interesse) la conferma della sentenza
emessa nei confronti del suo assistito, in data 19/12/2012, dal Gup del Tribunale
di Bari; la Corte di appello, contestualmente, riformava in parte la decisione di
primo grado con riferimento alla posizione di altro imputato, Angelo D’Errico,
rideterminando in peius il trattamento sanzionatorio a seguito di gravame
presentato dal Pubblico Ministero. La declaratoria di penale responsabilità
dell’Ariostini riguarda un addebito di furto pluriaggravato, avente ad oggetto 75

Data Udienza: 17/11/2015

quintali di rame appartenenti alle Ferrovie dello Stato, sottratti da un deposito
esistente presso la Stazione di Foggia.
Con l’odierno ricorso, la difesa dell’Ariostini lamenta inosservanza ed erronea
applicazione dell’art. 62-bis cod. pen., facendo osservare che – contrariamente a
quanto ritenuto dai giudici di merito – «la gravità del reato non è di ostacolo alla
concessione delle attenuanti generiche» e che «non esistono ipotesi criminose
che possano considerarsi aprioristicamente incompatibili, per la loro natura» con
le circostanze de quibus.

In ogni caso, non sarebbe stato considerato il corretto

le anzidette circostanze con riguardo ad alcuni reati.
Nell’interesse dell’imputato, inoltre, si deduce nullità della sentenza
impugnata in quanto il Procuratore generale presso la Corte territoriale non
risulta avere rassegnato conclusioni sulla posizione dell’Ariostini, essendosi
limitato a formulare richieste in ordine al coimputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile, per manifesta infondatezza dei
motivi di doglianza.
In ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, la Corte
territoriale valorizza non solo il particolare della obiettiva gravità dell’addebito
ascritto all’Ariostini, ma anche il dato di un «inquietante status personologico
caratterizzato da plurime condanne per vari reati, come attestante dal suo
nutrito certificato penale». Va ricordato, a riguardo, che «la sussistenza di
circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un
giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle
sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di
legittimità, purché non contraddittoria e congruamente motivata, neppure
quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori
attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato» (Cass., Sez. VI, n. 42688 del
24/09/2008, Caridi, Rv 242419); è stato anche affermato che «ai fini della
concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può
limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen.,
quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del
beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole
o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente
in tal senso» (Cass., Sez. II, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv 249163).

2

comportamento processuale del ricorrente, né verificata la possibilità di applicare

Né si comprende la rilevanza – nella fattispecie concreta – della astratta
possibilità di riconoscere le attenuanti in parola con riguardo ad uno fra più reati,
visto che l’Ariostini era chiamato a rispondere di un solo addebito.
Quanto al presunto difetto di conclusioni rassegnate dal P.M. nel corso del
giudizio di appello, deve rilevarsi che – come da verbale dell’udienza tenutasi in
data 28/04/2014 – il P.g. territoriale formalizzò richieste specifiche sul D’Errico,
sollecitando nel contempo la “conferma nel resto” della sentenza di primo grado;
si tratta, all’evidenza, di conclusioni da riferire anche alla posizione dell’Ariostini,

quest’ultimo e che il P.M. invitò la Corte barese a disattendere.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dell’imputato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17/11/2015.

relativamente ai motivi di appello che erano stati avanzati nell’interesse di

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