Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1123 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1123 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) LAUDICINA GIOVAN VITO N. IL 17/12/1987
avverso la sentenza n. 121/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
03/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/11/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la
Udit i d.” sor Avv.

Data Udienza: 15/11/2012

Il Procuratore generale della Corte di cessazione, dr. Carmine Stabile,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Ferro Giuseppe, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso, rimettendosi ai motivi.

RITENUTO IN FATTO

1.

Laudicina Giovan Vito è stato condannato alla pena di anni uno e

articoli 582, 585, 612, comma due, e 610 cod. pen. commessi in danno
di Conticelli Giovanni, Armato Lorenzo, Pace Alessandro, Parisi
Gianfranco e Maggio Piero. In particolare gli si contesta di avere
concorso con il coimputato Fazzone alla produzione di lesioni personali
con arma da taglio a danno di Conticelli Giovanni. La Corte d’appello di
Palermo ha confermato la sentenza di condanna di primo grado.
2.

Laudicina Giovan Vito propone ricorso per cessazione per i

seguenti due motivi:
a.

Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione. Secondo il ricorrente la Corte d’appello non
adopera una trama argomentativa sufficiente a spiegare il
proprio convincimento, con particolare riferimento alla
conoscenza da parte dell’imputato che il Fazzone avesse un
coltello, non tenendo conto delle dichiarazioni rese sul punto
dalla persona offesa.

b.

Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione. Il ricorrente ritiene che la Corte abbia fondato il
proprio convincimento omettendo di considerare una prova
(ovvero travisandola) quale la deposizione dei testi Conticelli,
Armato e Pace che presentano un contenuto diametralmente
opposto a quello recepito dal Giudice.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato; la Corte ha ritenuto, con
valutazione di merito non sindacabile in Cessazione, in quanto
adeguatamente motivata alle pagine nove e 11, che il ricorrente fosse
consapevole del fatto che il Fazzone utilizzava un coltello. E, d’altronde,
il ricorrente non ha spiegato il motivo per cui doveva ritenersi all’oscuro
1

mesi sei di reclusione dal tribunale di Marsala per i reati di cui agli

di tale circostanza, pur trovandosi a brevissima distanza dal Fazzone sia
al momento in cui dall’autovettura (ove entrambi erano seduti)
quest’ultimo mostrava minacciosamente il coltello, sia nel momento in
cui i due coimputati aggredivano gli occupanti dell’altra auto.
2. Il secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia genericamente un
vizio della motivazione, è palesemente infondato. Innanzitutto si ricorda
che il ricorso per cassazione con cui si lamenta la mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per l’omessa
l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non
esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del
provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente
interpretati dal giudicante, ma deve, invece: a) identificare l’atto
processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato
probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la
ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità
dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della
effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d)
indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo,
la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili
di radicale “incompatibilità” all’interno dell’impianto argomentativo del
provvedimento impugnato. (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010 – dep.
22/12/2010, Damiano, Rv. 249035). Nel ricorso manca una precisa
indicazione dell’atto cui si fa riferimento, nonché la prova della verità del
dato probatorio invocato e soprattutto il motivo per cui ciò dovrebbe
compromettere in modo decisivo la tenuta logica della motivazione. Il
ricorrente, poi, allega alcuni stralci di testimonianze, da cui non solo non
emerge alcun travisamento evidente della prova, ma nemmeno vengono
indicati i nomi dei testimoni esaminati. La censura è, inoltre,
inammissibile per carenza degli indefettibili requisiti della specificità e
della completezza, non avendo il ricorrente indicato le ragioni per le quali
le dichiarazioni dei testi indicati inficerebbero e comprometterebbero, in
modo decisivo, la tenuta logica e la coerenza della motivazione,
introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto
argomentativo del provvedimento impugnato. Tanto senza considerare
che, per poter stabilire se le richiamate testimonianze, asseritamente
non considerate dal giudice, possano assumere effettivamente un
significato probatorio pregnante, occorreva una valutazione complessiva
del materiale probatorio disponibile – del tutto omessa nel ricorso –

2

valutazione di circostanze acquisite agli atti non può limitarsi, pena

pacificamente non operabile dal giudice di legittimità sulla base della
lettura necessariamente parziale suggerita dal ricorrente. Era, cioè,
necessario che venissero evidenziati gli elementi probatori tutti in ordine
alla ricostruzione dei fatti, per impingerne che quelli pretesamente
omessi dalla Corte d’appello erano comunque idonei, con giudizio di
certezza, a condurre a diversa decisione. Al contrario, non solo si
pretenderebbe di vagliare in modo atomistico gli elementi probatori
asseritamente omessi, ma degli stessi si offre non più che un mero
ricorso, siano allegati gli atti richiamati. Va, infine, rilevato che il vizio di
“travisamento della prova”, che si realizza allorché si introduce nella
motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo
oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della
pronuncia, può essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la
decisione impugnata abbia riformato quella dì primo grado, non potendo,
nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, essere superato il limite
costituito dal “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il
caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche contenute nei
motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal
primo giudice. (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009 dep. 08/05/2009,
P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636).
3. Consegue a quanto detto che il ricorso deve essere rigettato, con
le conseguenti statuizioni in punto spese.

p.q.m.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 15/11/2012

stralcio, senza che, in ottemperanza al principio di autosufficienza del

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