Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11215 del 29/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11215 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LAURIOLA PAOLO N. IL 26/04/1964
avverso la sentenza n. 2534/2008 CORTE APPELLO di BARI, del
19/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 29/01/2014

R. G. 24140 / 2013

Con la sentenza suindicata la Corte di Appello di Bari ha confermato la sentenza
del Tribunale di Foggia, con cui Paolo Lauriola è stato riconosciuto colpevole, all’esito di
giudizio ordinario, del reato di evasione dal regime cautelare degli arresti domiciliari,
essendosi arbitrariamente allontanato dal fondo agricolo in cui era autorizzato a recarsi
per lavoro dalle ore 7.00 alle ore 14.30 di ciascun giorno feriale, essendo stato sorpreso
(intorno alle ore 12.00) all’interno di un bar, ove si era trattenuto per circa mezz’ora.
Condotta illecita per la quale è stata inflitta al Lauriola la pena di nove mesi di reclusione.
Con ricorso del difensore dell’imputato si deducono violazione dell’art. 385 c.p. ed
illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla ribadita responsabilità
penale del prevenuto e -in subordine- alla mancata riduzione della pena per il non
giustificato diniego delle attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi di
censura. L’atto impugnatorio riproduce, infatti, gli stessi motivi di appello delineati
avverso la decisione di primo grado, non facendosi carico di criticare i passaggi della
motivazione della Corte territoriale, che ha diffusamente esposto le ragioni escludenti
ogni serio fondamento dei prospettati rilievi. Analogamente incongrue si rivelano le
censure subordinate in punto di trattamento sanzionatorio, avendo la sentenza
impugnata idoneamente argomentato le ragioni ostative al riconoscimento delle invocate
attenuanti generiche (numerosi e gravi precedenti penali) e alla riduzione di una pena
comunque determinata in misura equivalente al minimo edittale.
Avuto riguardo alla contestata e ritenuta recidiva qualificata, il reato ascritto al
prevenuto è lungi dall’essere attinto da causa estintiva prescrizionale.
All’inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente
alla rifusione delle spese processuali e al versamento di una somma alla cassa delle
ammende, che si ritiene conforme a giustizia determinare in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 29 genndo 2014

Fatto e diritto

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