Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1120 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 1120 Anno 2016
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANSELMI MARIO N. IL 24/05/1928
ANSELMI TIZIANA N. IL 05/05/1971
ANSELMI DANIELA N. IL 28/11/1972
avverso la sentenza n. 2184/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
13/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 11/11/2015

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Eugenio Selvaggi,
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Machetta in sost. Avv. Milotta, il
quale insiste per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Anselmi Mario, Anselmi Tiziana, Anselmi Daniela sono imputati di

System Srl; tutti e tre venivano condannati in primo grado per
bancarotta fraudolenta distrattiva e la Corte d’appello di Milano
confermava, salvo zoncedere ad Anselmi Mario le attenuanti generiche,
con riduzione della pena inflitta.
2.

Contro la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il

difensore degli imputati per i seguenti motivi:
a. con un primo motivo di ricorso deduce violazione di legge e
vizio di motivazione con riferimento alla appostazione di
bilancio relativa alla sopravvenienza passiva di euro
79.789,85, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente
ritenuto come posta attiva, valutando pertanto la anomalia
contabile come indice della volontà distrattiva. Con una
seconda censura contestano la motivazione laddove
attribuisce al subentro nel contratto di leasing uno scopo di
dissipazione, atteso che i macchinari oggetto del contratto di
locazione finanziaria presentavano gravi difetti che li
rendevano inutilizzabili; sostiene la difesa che i finanziamenti
necessari per dare corso all’operazione di leasing provennero
da altra società del gruppo (immobiliare Tiziana Srl) e che
furono concessi a fondo perduto alla Anselmi system Srl, che
pertanto operò solamente quale intermediaria, senza alcuna
perdita economica, tanto che la immobiliare Tiziana Srl
rinunciò al credito ed all’insinuazione al passivo del
fallimento). Infine, si contesta che la predetta operazione sia
sintomatica del dolo del reato in questione e che dunque fosse
finalizzata a sottrarre garanzie ai creditori, essendo al
contrario un tentativo di salvare la società in difficoltà
economica, attraverso l’utilizzo di risorse prelevate da altra
società del gruppo.

1

reati fallimentari con riferimento al fallimento della società Anselmi

b. Con un secondo motivo di ricorso si contesta la mancata
concessione dell’invocata attenuante prevista dall’articolo 62,
numero 6, del codice penale; secondo la difesa ricorrente, la
Corte sarebbe incorsa in un evidente travisamento delle
emergenze processuali, affermando che l’atto di transazione è
successivo alla sentenza di primo grado del tribunale di
Varese e quindi non sarebbe applicabile l’attenuante invocata.
Poiché, afferma la difesa, il pagamento degli importi

2009 e quindi quasi un anno e mezzo prima che venisse
celebrata, davanti al gup di Varese, l’udienza preliminare a
carico degli imputati, o il giudice si è sbagliato a valutare la
successione cronologica degli eventi, oppure ha fatto
riferimento alla sentenza civile, mentre è ovvio che ai fini della
valutazione di cui all’articolo 62 numero 6, il riferimento è al
giudizio penale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato. Se la somma di euro 79.789,85 – che
costituisce la differenza tra il credito concesso ad altra società del gruppo
(Anselmi modular Srl) ed il debito derivante dal subentro nel contratto di
leasing originariamente stipulato dalla società a favore della quale era
stato concesso il prestito – debba essere ritenuta sopravvenienza attiva
o passiva è questione irrilevante, non essendo da tale qualifica che
deriva o meno la sussistenza della distrazione.
2. Ed invero, è indubbio che il subentro in un contratto di leasing
avente ad oggetto un bene difettoso e quindi inutilizzabile configuri
attività distrattiva, comportando una ingiustificata uscita di somme (per
l’accollo del debito residuo) e un conseguente impoverimento della
società, con evidente danno per i creditori. Che l’operazione sia stata
neutralizzata dall’intervento della società Immobiliare Tiziana Srl, con
l’erogazione di un finanziamento a fondo perduto a favore della Anselmi
System, è questione di fatto che è stata fondatamente esclusa dai giudici
di merito, sia perché non è stata raggiunta la prova che il finanziamento
della Tiziana srl sia effettivamente servito per l’acquisto del bene in
leasing da parte della Anselmi Modular, sia perchè l’intervento della
Tiziana è successivo tanto alla concessione del prestito da Anselmi

2

concordati con la transazione è stato effettuato il 17 dicembre

System alla Modular, sia all’acquisto del bene in leasing. Inoltre, non
risulta affatto che la Immobiliare Tiziana Srl abbia rinunciato al relativo
credito nei confronti della Anselmi System, emergendo, al contrario,
dalla sentenza di primo grado che la Tiziana non è stata ammessa allo
stato passivo (il che implica che vi avesse fatto domanda).
3. Considerato che il giudice di legittimità, ai fini della valutazione
della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve
fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si

(Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino; conff. Sez. 6, n. 23248
del 07/02/2003, Zanotti; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano;
sez. 2, n. 19947 del 15 maggio 2008), emerge con evidenza, da quanto
esposto, che i vizi allegati con il ricorso costituiscono null’altro che
censure di merito, che sono inammissibili in sede dì legittimità.
4. Anche il secondo motivo non merita accoglimento. Dalla sentenza
di primo grado risulta che la transazione è avvenuta il 17.12.2009 per
100.000 euro, versati in pari data (cfr. pagg. 5 e 6 della sentenza primo
grado). Il decreto di citazione a giudizio – si dice a pag. 1 della predetta
sentenza – è del 24.03.2011. Dunque, è vero che il risarcimento è
avvenuto prima dell’inizio del processo penale, che è il “giudizio” cui
evidentemente fa riferimento l’art. 62, n.6 c.p., ma l’erronea
motivazione del giudice di appello, sul punto, può essere emendata da
questa Corte, laddove vi sia stata comunque corretta applicazione della
legge penale. Ed invero, già la sentenza di primo grado, che non
argomentava affatto in ordine alla tempestività o meno del pagamento,
negava l’attenuante per il fatto che il risarcimento non era stato
integrale e non fu volontario, atteso che conseguì ad una sentenza
condanna (del 2.12.2008) in sede civile, nel giudizio risarcitorio intentato
dal fallimento.
5. La sentenza di primo grado ha applicato correttamente i principi
enunciati da questa Corte, la quale ha affermato che per l’applicabilità
della circostanza attenuante della riparazione del danno contemplata
dall’art. 62 n. 6 cod. pen. è indispensabile che la riparazione stessa sia
volontaria ed integrale (cfr. Sez. 1, n. 2837 del 13/12/1995 – dep.
16/03/1996, Musarra, Rv. 204094). Quanto al mancato integrale
risarcimento del danno, se è vero che “L’integralità del risarcimento,
richiesta per il riconoscimento della circostanza attenuante della
riparazione del danno, non è esclusa dall’esistenza di un accordo

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integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile

transattivo (Sez. 1, n. 5767 del 08/01/2010, Scotuzzi, Rv. 246564;
Massime precedenti Conformi: N. 7093 del 1982 Rv. 154681, N. 3897
del 1983 Rv. 158783, N. 5565 del 1985 Rv. 169618, N. 5464 del 1991
Rv. 187834, N. 11207 del 1994 Rv. 199623), si deve considerare che il
risarcimento del danno deve comunque essere integrale (comprensivo,
quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso) e la valutazione
in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice
(Sez. 4, n. 34380 del 14/07/2011 – dep. 20/09/2011, Allegra, Rv.

evidente l’implicita valutazione di inadeguatezza del risarcimento da
parte del giudice di merito, tantopiù a fronte dello squilibrio patrimoniale
che si era verificato con l’operazione in esame.
6. Ne consegue che i ricorsi devono essere rigettati; ai sensi dell’art.
616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata
che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese
del procedimento.

p.q.m.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso il 11/11/2015

251508; conf. N. 11207 del 1994 Rv. 199623). Nel caso di specie, è

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