Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 112 del 02/10/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 112 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Nunziato Luca, nato a Bronte (Ct) il 3.11.48
imputato art. 2 L. 638/83
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Milano

del 13.4.12

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M., nella persona del P.G. dr. Nicola Lettieri, che ha chiesto l’annullamento
con rinvio del provvedimento impugnato;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – L’ordinanza della Corte d’Appello
qui impugnata ha dichiarato inammissibile, per genericità, l’appello dell’odierno ricorrente
contro la sentenza del Tribunale che lo aveva condannato per la violazione dell’art. 2 L.
638/83.

Data Udienza: 02/10/2013

2. Motivi del ricorso – Avverso tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso, tramite
difensore, deducendo:

2)
violazione di legge perché la Corte, nel decidere de plano, ha privato
l’imputato della possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa nella discussione in udienza.
In ogni caso, la Corte avrebbe dovuto anche tener conto che, per taluni periodi di imposta, la
pena da irrogare è coperta da indulto.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione –

Il ricorso è fondato.

La motivazione con la quale i giudici di secondo grado, decidendo de plano, hanno
ritenuto l’inammissibilità dell’appello dell’imputato è sostanzialmente assente non potendosi
ritenere adeguata la mera affermazione che i motivi di appello erano già stati «presi in esame
dal primo giudice». Avallare siffatto ragionamento equivarrebbe, infatti, a vanificare, nella gran
parte dei casi, la ragion d’essere del giudizio di appello.
Al contrario, è principio acquisito nella giurisprudenza di questa S.C. (sez. II, 27.6.13, Livrieri,
Rv. 253893) che, in virtù del principio devolutivo, il giudice d’appello è tenuto a rivisitare in toto i
capi ed i punti della sentenza di primo grado oggetto di impugnazione tanto che (laddove se ne
condivida il dispositivo) il potere di controllo del giudice d’appello può spingersi al punto (sez. V,
27.10.04, Cineli, Rv. 231702) di confermare la sentenza di primo grado sostituendo integralmente la
motivazione.
Per l’effetto, è sicuramente ammissibile l’appello che riproponga censure già esaminate
e confutate dal giudice di primo grado.
Questa S.C. ha anche precisato che la genericità dell’appello e quella del ricorso per
cassazione vanno valutate in base a parametri diversi e che soltanto per il secondo costituisce
motivo di inammissibilità, per specificità, la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione. Del
resto, è, altresì, noto che, salvi i casi di assenza totale della motivazione, rientra nei poteri del
giudice di appello, in osservanza del principio di conservazione degli atti e di economia
processuale, sostituirsi nella valutazione del fatto al giudice di primo grado mediante la
correzione, l’integrazione e perfino l’integrale sostituzione della motivazione (sez. VI 13.2.07, Del
Monte, n. 5881; Sez. V, 15.3.05, P.G. in proc. Bellantone, n. 11961).

Alla stregua di tali principi, da altra pronunzia assolutamente in termini con il caso in
esame, è stato ribadito, che «non è inammissibile, per genericità dei motivi, l’appello che
riproponga questioni già tutte prospettate in primo grado e disattese dal primo giudice, non
comportando tale gravame alcuna preclusione ad una piena rivisitazione nel merito» (sez. III,
20.11.12, Labzaoui, Rv. 254259).

I rilievi che precedono evidenziano quasi plasticamente come, nel provvedimento
impugnato, la Corte si sia sottratta al proprio dovere di verifica in nome di una asserita
genericità dei motivi di appello, in realtà, nemmeno presi in considerazione visto che il
riferimento ad essi è avvenuto in modo del tutto generico.
Essendosi al cospetto di un caso, quasi di scuola, di mancanza di motivazione,
l’ordinanza deve essere annullata senza rinvio e gli atti vanno restituiti alla Corte d’appello per
l’ulteriore corso.

1) violazione di legge nella parte in cui si afferma che l’atto di appello era privo
di motivazione e che i motivi fossero generici e svincolati dal contesto. In realtà, il
mentre – si sottolinea – nei
provvedimento dei giudici consiste in una sorta di ciclostile
motivi di appello (con i quali si richiedeva la riduzione nel minimo edittale della pena inflitta) si era detto che
il Tribunale avrebbe dovuto considerare gli sforzi dell’imputato per comporre la vicenda presso
l’istituto previdenziale (sforzi vanificati dal socio effettivo amministratore dell’epoca);

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata ed ordina la trasmissione degli atti ad altra
sezione della Corte d’appello di Milano per l’ulteriore corso.

Così deciso il 2 ottobre 2013

Il Presidente

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