Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11176 del 27/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 11176 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
BRESCIA
nei confronti di:
FRATTINI GIANLUIGI N. IL 12/10/1949
avverso la sentenza n. 12673/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di BERGAMO, del 12/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
106/sentite le conclusioni del PG Dott. ítric,_E Lo O t eo ro L o
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“g. 4 A g aib< Data Udienza: 27/02/2014 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12/06/2013 il Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Bergamo dichiarava non luogo a procedere nei confronti di Frattini Gianluigi, perché il fatto non costituisce reato, in ordine al delitto p. e p. dall'art. 589 cod. pen. a lui ascritto per avere cagionato per colpa la morte di Galioto Antonio. Si contestava all'imputato - che nell'occorso, quale volontario in accompagnava il non vedente Galioto in un'escursione in montagna - di aver omesso di fornire a quest'ultimo, mentre stavano percorrendo un tratto in discesa pericoloso per la pendenza nonché per la presenza di sassi, di un dislivello e di un burrone, indicazioni chiare e precise circa la strada da percorrere, di segnalargli le difficoltà del percorso, nonché di fargli superare in sicurezza gli ostacoli, cosicché il Galioto perdeva l'equilibrio e la presa sulla parte posteriore dello zaino dell'accompagnatore, scivolando al di solto della staccionata posta a margine del percorso e finendo nel dirupo sottostante e, quindi, riportando gravissime lesioni che ne determinavano il decesso. 2. Con l'impugnata sentenza il G.u.p. ha ritenuto doversi escludere la penale responsabilità dell'imputato, per la mancanza di prova che la caduta del Galioto sia da ascrivere ad un comportamento colposo del Frattini, ovvero ad una omissione di prudenza e diligenza doverosamente - e con giudizio ex ante - a lui richiedibili e per l'impossibilità di ipotizzare una "possibile implementazione" nel dibattimento del quadro probatorio considerato. A fondamento di un tale convincimento il giudice poneva, in buona sostanza, da un lato, considerazioni legate al carattere escursionistico e, quindi, pur sempre rischioso, della salita organizzata dall'associazione Omero lungo la Valsanguigno - rischio connaturato se non coessenziale alla attività sportiva praticata dalla vittima e, dunque, in certa misura dalla stessa accettato -, nonché, correlativamente, il rilievo che, per le modalità con cui si svolge l'accompagnamento in montagna dei non vedenti, il passo viene pur sempre compiuto dall'accompagnato, alla cui percezione sensoriale risulta in definitiva affidato il carico finale sul piede portato in avanti, sicché «la certezza di un appoggio sicuro non è, né può essere, assoluta ...»; dall'altro, l'osservazione che, quanto alle competenze e alla diligenza richieste all'accompagnatore, non esistono parametri normativi di riferimento e occorre pertanto rapportare la valutazione della condotta dell'accompagnatore, caso per caso, ai criteri ordinari della prudenza e della diligenza. 2 collaborazione con l'associazione sportiva dilettantistica disabili visivi Omero, Osservava quindi che, nel caso di specie, anche all'esito di sopralluogo a tal fine disposto, il punto della caduta non presentava caratteristiche di accentuata difficoltà, o anche solo di accentuata pericolosità, tali da imporre altrettanto accentuate cautele - in termini di attenzione o aiuto - da parte dell'accompagnatore, ma anzi le difficoltà più impegnative erano terminate pochi metri prima del luogo dell'inciampo, avvenuto probabilmente in corrispondenza di un piccolo gradino non paragonabile, quanto a difficoltà o insidiosità, a tutto ciò che il Galioto e il Frattini avevano tranquillamente superato fino a quel Pur ipotizzando, dunque, che nell'affrontare tale gradino il Galioto abbia perso l'equilibrio (di ciò tuttavia non essendovi certezza, in assenza di testimoni), si trattava comunque di un ostacolo assolutamente banale, rapportato al resto del percorso, sicché non sarebbe possibile affermare che «il Frattini abbia compiuto qualcosa di imprudente o di negligente, o abbia omesso un quid di attenzione ulteriore in ipotesi imposta da una prevedibile maggiore difficoltà dei passi che dovevano essere compiuti dal Galioto». Soggiungeva che un'attenzione accentuata nemmeno poteva ritenersi imposta dal fatto che il luogo in cui il Galioto ha perso l'equilibrio, per quanto fra i più banali del percorso, sia tuttavia uno dei più pericolosi in caso di caduta, atteso che anche prima di quel punto il percorso presentava passaggi nei quali una caduta fuori dal sentiero potrebbe avere conseguenze comunque molto impegnative e, in ogni caso, vi era sul luogo una barriera in apparenza in grado di offrire una sicurezza di tipo assoluto rispetto al rischio di caduta nella scarpata. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Brescia deducendo inosservanza o erronea applicazione di norme processuali (art. 425, commi 1 e 3, cod. proc. pen.) e penali (art. 40 e 41 cod. pen.), oltre che contraddittorietà della motivazione. Lamenta che il G.u.p. ha fondato la decisione su una personale valutazione di non pericolosità del punto ove è avvenuta la caduta (frutto peraltro di una ispezione dei luoghi disposta d'ufficio), senza considerare elementi di prova esistenti agli atti, che oltre a palesare una illogicità intrinseca dell'iter motivazionale, certamente ben potevano essere considerati in modo diverso dal giudice del dibattimento, unico soggetto processuale deputato per legge a valutare l'innocenza o la colpevolezza rispetto ad una determinata accusa. Rileva in particolare che la qualificazione di sentiero pericoloso risulta dalla classificazione del C.A.I. (non adeguatamente considerata dal G.u.p. sulla base 3 momento. delle sue valutazioni de visu) e dalle dichiarazioni rese dal figlio della vittima assunte dalla difesa ex art. 391-ter cod. proc. pen. sulla presenza di un pericoloso ostacolo proprio in coincidenza con il presumibile punto di caduta (che il G.u.p. non ha esplicitamente considerato) e che inoltre il testimone oculare Vitali Giampaolo ha dichiarato di non aver udito indicazioni da parte dell'imputato alla vittima riguardo ad eventuali ostacoli insidiosi anche nel punto della caduta. Osserva che tali elementi dimostrano quanto meno come quella in esame sia «a soluzioni aperte», la cui la valutazione andava obbligatoriamente rimessa al giudice del dibattimento, anche solo per l'eventualità -ragionevolmente possibile- che quest'ultimo giungesse ad una diversa conclusione. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche dopo le modifiche apportate all'art. 425 cod. proc. pen., rispettivamente, dall'art. 1 legge 8 aprile 1993, n. 105, e dall'art. 23 legge 16 dicembre 1999, n. 479, l'udienza preliminare non ha subìto una modifica della sua originaria funzione, né correlativamente ha mutato natura la sentenza di proscioglimento cui essa può dar luogo, che è e resta (prevalentemente) processuale e non di merito. Infatti identico è rimasto lo scopo cui l'udienza preliminare è preordinata: evitare i dibattimenti inutili, non accertare se l'imputato è colpevole o innocente (v. ex multis Sez. 4, n. 8912 del 10/01/2012, Monteforte, non mass.). Il giudice dell'udienza preliminare, dunque, ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere non quando effettui un giudizio prognostico in esito al quale pervenga ad una valutazione di innocenza dell'imputato, ma in certamente fattispecie tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione (Sez. 4, n. 43483 del 6/10/2009, Pontessili, Rv. 245464). Non contrasta con questa ricostruzione il tenore dell'art. 425, comma 3, cod. proc. pen. che prevede la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere «anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio». La norma - che riecheggia la regola di giudizio prevista dall'art. 530 cod. proc. pen. - conferma, infatti, quanto si è in precedenza espresso: il parametro non è l'innocenza, ma l'impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio. ? 4 L'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi devono, quindi, avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio. Insomma, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio per l'esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l'insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. L'insufficienza o contraddittorietà degli elementi a carico dibattimento; sicché deve escludersi un esito liberatorio in tutti i casi in cui detti elementi si prestino a soluzioni alternative e "aperte" (Sez. 6, n. 45275 del 16/11/2001, Acampora, Rv. 221303; Sez. 6, n. 3467 del 09/10/1995, La Penna, Rv. 203306; Sez. 3, n. 3776 del 08/11/1996, Tani, Rv. 206730; Sez. 1, n. 2875 del 21/04/1997, Mocera, Rv. 207419; v. anche Corte costituzionale, sentenza 15 marzo 1996 n. 71). 5. Nella specie il G.u.p., nel prosciogliere l'imputato non si è attenuto a siffatti criteri di giudizio. Stante l'incertezza, rilevata anche dal G.u.p., in ordine alla effettiva dinamica dell'accaduto e, in particolare, alle cause che hanno determinato l'inciampo o la perdita di equilibrio da parte della vittima, appare anzitutto insufficientemente motivata la prognosi della inutilità sul punto del dibattimento, tanto più a fronte degli elementi istruttori evidenziati dal procuratore distrettuale ricorrente e che non risultano invece considerati nella sentenza impugnata, quali in particolare le dichiarazioni rese dal figlio della vittima e assunte dalla difesa ex art. 391 terre c.p.p. circa la presenza di un pericoloso ostacolo proprio in coincidenza con il presumibile punto di caduta. Ma pur ipotizzando come immutabile rispetto a tale preliminare tema di giudizio il quadro probatorio già acquisito, non può non rilevarsi che anche gli altri aspetti oggetto di accertamento, in particolare quelli che concernono la ricostruzione della condotta dell'accompagnatore in rapporto al grado di prudenza e diligenza richiesti per l'attività posta in essere e dall'obbligo di protezione correlativamente assunto su base volontaria, non possono ritenersi né tali da doversi escludere l'utilità di un ulteriore approfondimento in punto di fatto - in particolare attraverso la considerazione di elementi istruttori pure indicati dal ricorrente e non espressamente considerati nella sentenza impugnata (ci si riferisce alla dichiarazione del testimone oculare Vitali Giampaolo che, secondo quanto dedotto dal ricorrente, avrebbe confermato l'assenza di indicazioni da parte dell'imputato alla vittima riguardo ad eventuali ostacoli insidiosi anche nel 5 dell'imputato deve dunque essere parametrata alla prognosi della inutilità del punto della caduta) - né soprattutto insuscettibili in sé e per sé di diversa valutazione all'esito del dibattimento e, comunque, nel dispiegarsi dello stesso. La valutazione in ordine a tali aspetti, invero, non può nella specie ritenersi di evidenza tale da imporsi già in sede di udienza preliminare e rendere inutile l'apporto del dibattimento: quest'ultimo non riducibile necessariamente ad un contributo di tipo probatorio, ma ben suscettibile di essere rappresentato anche dalle contrapposte valutazioni e argomentazioni relative agli elementi di prova pur immutabilmente acquisiti (cfr. in tal senso Sez. 4, Sentenza n. 43483 del il proscioglimento ex art. 425 cod. proc. pen. all'ipotesi in cui la situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall'acquisizione di nuove prove «o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti», occorrendo pertanto riferire la valutazione di inutilità del dibattimento ad una prognosi di immutabilità non solo del quadro probatorio ma anche di quello «valutativo»). In tal senso, la valutazione del G.u.p. si risolve a ben vedere in un giudizio di innocenza, fondato su valutazione di merito circa l'impossibilità di muovere nella situazione data (peraltro di incerta ricostruzione in fatto) alcun rimprovero all'imputato. Un siffatto giudizio però, al di là della sua opinabilità nel merito, è comunque diverso da quello di eventuale insostenibilità dell'accusa in giudizio, rispetto al quale non può assumere nemmeno rilievo preclusivo, atteso che quel che rileva a tal fine non è l'incertezza della prognosi che possa formularsi ex ante al momento dell'udienza preliminare, ma che si tratti di questioni suscettibili o meno di "soluzioni aperte", che è definizione certamente pertinente a quelle oggetto di disamina nel caso di specie. 6. Sussiste pertanto la dedotta violazione della norma di cui all'art. 425 cod. proc. pen., avendo il G.u.p. evidentemente omesso di attenersi, nei sensi predetti, ai criteri di giudizio che governano la decisione da adottarsi all'esito dell'udienza preliminare. La sentenza deve essere pertanto annullata con rinvio. Gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Bergamo, in funzione di Giudice per l'Udienza Preliminare, per un nuovo esame sui punti indicati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Bergamo per l'ulteriore corso. Così deciso il 27/02/2014 06/10/2009, P.C. in proc. Pontessili e aa., Rv. 245464), che chiaramente correla

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