Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11174 del 27/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 11174 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MORESCHINI MARCO N. IL 11/07/1977
avverso l’ordinanza n. 591/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
18/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
lette/s9:htite le conclusioni del PG Dott. 61 vti Afkil OfAkc€1_ O
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<2 44.-414" Z452. 424. "14~S1* & d ".5-C1 pra(.... í't 0.0 wele- A Data Udienza: 27/02/2014 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 19/07/2013 la Corte d'appello di Roma in parziale accoglimento dell'istanza presentata in data 24/4/2013 da Moreschini Marco, condannava il Ministero dell'economia, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento in favore del predetto della somma di euro 83.070 a titolo di equa riparazione per l'ingiusta detenzione dallo stesso sofferta in regime di custodia cautelare in carcere, dal 7/7/2007 al 29/2/2008 (per n. 238 giorni), e quindi agli Rilevato che, durante il periodo di arresti domiciliari, il predetto è stato arrestato per evasione e violazione della legge sugli stupefacenti e condannato alla pena di un anno di reclusione e che inoltre aveva in precedenza riportato altre due condanne, la Corte d'appello diminuiva di circa un quarto i parametri giornalieri che si sarebbero dovuti altrimenti applicare, fissando l'indennizzo unitario da corrispondere nella misura di C 180,00 al giorno per la detenzione in carcere e di C 90,00 al giorno per gli arresti domiciliari. 2. Avverso tale decisione propone ricorso per ministero del proprio difensore il Moreschini deducendo violazione di legge ed erronea applicazione dei parametri d'indennizzo in punto di quantificazione giornaliera. Rileva che il consapevole e dichiarato allontanamento dai parametri di liquidazione da tempo enucleati dalla giurisprudenza di legittimità è motivato in modo illogico e irragionevole con riferimento a una condanna successiva di circa due anni l'illegittimo arresto e a precedenti condanne che non avevano comunque comportato alcuna detenzione, trattandosi di un decreto penale di condanna per fatti del 1998 e di una sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. emessa nel 2003 a pena condizionalmente sospesa. 3. Il P.G. ha concluso per l'accoglimento del ricorso, con il conseguente annullamento sul punto dell'ordinanza impugnata e rinvio alla Corte d'appello di Roma per nuovo esame. Il Ministero dell'Economia ha depositato memoria, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso. 4. In data 21/02/2014 la difesa del ricorrente ha depositato memoria in replica alle argomentazioni svolte dall'Avvocatura dello Stato. Considerato in diritto 2 arresti domiciliari, dal 1/3/2008 al 21/5/2009 (per n. 447 giorni). 5. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Per ciò che attiene alla liquidazione dell'indennizzo, la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo enucleato un canone base, costituito dal rapporto tra la somma massima posta a disposizione dal legislatore, la durata massima della custodia cautelare e la durata dell'ingiusta detenzione patita. La somma che deriva da tale computo (euro 235,82 per ciascun giorno di detenzione in carcere) può essere ragionevolmente dimezzata (euro 117,91) nel caso di detenzione domiciliare, attesa la sua minore afflittività. sottrarre la determinazione dell'indennizzo all'imponderabile soggettivismo del giudice e per conferire qualche uniformità ed oggettività al difficile giudizio di fatto. Il meccanismo in questione individua l'indennizzo in una astratta situazione standard, nella quale i diversi fattori di danno derivanti dall'ingiusta detenzione si siano concretizzati in modo medio, ordinario. Tale valore può subire rimaneggiamenti verso l'alto o verso il basso sulla base di specifiche contingenze proprie del caso concreto, ferma restando la natura indennitaria e non risarcitoria della corresponsione di cui si parla. Occorre quindi esaminare i fattori documentati, afferenti alla personalità ed alla storia personale dell'imputato, al suo ruolo sociale professionale e sociale, alle conseguenze pregiudizievoli concretamente patite e tutti gli altri di cui sia riscontrata la rilevanza e la connessione eziologia con l'ingiusta detenzione patita. Il calcolo finale ben potrà essere il frutto della ponderazione di documentati fattori di segno contrario. Al giudice si chiede una valutazione equitativa, discrezionale. Ma ciò non significa affatto che, come sopra accennato, ci si debba affidare ad una ponderazione intuitiva che si sottragga all'analisi ed alla valutazione delle indicate contingenze rilevanti. Al contrario, proprio quando compie valutazioni discrezionali, il giudice è tenuto ad offrire una motivazione che, magari in modo sintetico, ma comunque esaustivamente, dia conto del materiale probatorio utilizzato e della valutazioni espresse, in modo che sia possibile ripercorrere l'iter logico seguito. L'unico limite che tale ponderazione incontra è che essa non può condurre allo «sfondamento del tetto, pure normativamente fissato, dell'entità massima della liquidazione», come testualmente enunciato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 24287 del 09/05/2001, Caridi, Rv. 218975). Nella specie, però, la corte territoriale ha totalmente omesso di adempiere a tale onere motivazionale, affermando in premessa di volersi attenere per la liquidazione a canoni unitari nettamente inferiori a quelli medi come sopra fissati 3 Tale aritmetico criterio di calcolo costituisce, però, solo una base utile per dalla consolidata giurisprudenza di questa S.C., senza però offrire alcuna valida spiegazione di tale scostamento. 5.1. Non può invero considerarsi conferente a tal fine il mero riferimento all'esistenza di due precedenti condanne. Ed infatti, se è vero che secondo un orientamento interpretativo espresso, peraltro non univocamente, dalla Suprema Corte di Cassazione, nella liquidazione dell'indennizzo dovuto a titolo di riparazione per l'ingiusta quale frazione di quella massima liquidabile, ove il richiedente abbia subito precedenti condanne, e ciò per la presumibile minore afflittività della privazione della libertà personale, riconducibile sia al minore discredito che l'evento comporta per una persona la cui immagine sociale è già compromessa, sia al fatto che la dimestichezza con l'ambiente carcerario rende meno traumatica l'ingiusta privazione della libertà (v. Sez. 4, n. 34673 del 22/06/2010, Trapasso, Rv. 248083; Sez. 4, n. 23124 del 13/05/2008, Zampaglione, Rv. 240303; contra Sez. 3, n. 17404 del 20/01/2011, Tripodi, Rv. 250279, ove si afferma che l'ammontare dell'indennizzo non può essere ridotto in considerazione delle pregresse esperienze carcerarie subite dal richiedente; v. anche, in favore di questo diverso orientamento, Sez. 4, n. 9713 del 27/10/2009 - dep. 10/03/2010, Scumaci, Rv. 246743), è anche vero che, pur a seguire tale controverso criterio interpretativo, non basta comunque a giustificare l'allontanamento in riduzione dai criteri liquidatori standard fissati in giurisprudenza la costatazione dell'esistenza di precedenti condanne, occorrendo uno specifico riferimento alle eventuali esperienze detentive subite dalla parte e alla loro idoneità a determinare una rilevante compromissione dell'immagine sociale e/o una certa assuefazione all'ambiente carcerario tali da giustificare la presunzione di una minore afflittività della successiva ingiusta detenzione (v. in tal senso Sez. 4, n. 112 del 02/12/2011 - dep. 09/01/2012, Iannini, non detenzione è legittimo operare una riduzione della somma giornaliera, computata mass.; Sez. 4, n. 15909 del 06/02/2013 - dep. 05/04/2013, Pattusi, non mass.) Nel caso di specie nessun accenno in proposito è rinvenibile nell'ordinanza impugnata, avendo omesso in particolare la Corte d'appello d'indicare quale sia stata la durata e la qualità della restrizione cautelare che il Moreschini avrebbe subito prima di quella che qui ci occupa ed inoltre di concretamente bilanciare, nel rispetto dei parametri della ragionevolezza e adeguatezza, l'evenienza di una minore percezione di afflittività della privazione della libertà, per assuefazione, con le condizioni individuali, familiari e sociali del ricorrente. Motivazione tanto più necessaria a fronte della specifica allegazione da parte dell'odierno ricorrente secondo cui in realtà, per le ragioni dette, a tali precedenti 4 (— condanne non seguì alcuna detenzione. Meno ancora comprensibile si rivela poi il riferimento, quale fattore idoneo a giustificare una presunzione di minore afflittività della detenzione subita, alla successiva condanna, peraltro almeno in certa misura consequenziale proprio alla detenzione de qua. 6. L'ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte d'appello di Roma, limitatamente alla commisurazione dell'importo P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione dell'indennizzo e rinvia sul punto alla Corte d'Appello di Roma cui rimette anche il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio. Così deciso il 27/02/2014 giornaliero da applicarsi per la liquidazione dell'indennizzo.

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