Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11172 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 11172 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE MARCO DONATELLO N. IL 15/10/1972
avverso l’ordinanza n. 3456/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
02/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 4 L,
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Data Udienza: 12/02/2014

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Ritenuto in fatto
1. Il G.i.p. presso il Tribunale di Roma, con ordinanza in data 4.11.2013,
applicava nei confronti di De Marco Donatello la misura cautelare degli arresti
domiciliari, confermando ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., l’ordinanza resa dal
G.i.p. presso il medesimo Catanzaro. La misura veniva adottata con esclusivo
riguardo alla violazione della disciplina in materia di sostanze stupefacenti di cui al
capo b), dell’imputazione provvisoria.
Il Tribunale di Roma, con ordinanza in data 2.12.2013, confermava la

richiamata ordinanza. Il Collegio rilevava che la difesa aveva contestato la
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ed l’attualità delle esigenze cautelari,
invocando la sostituzione della misura in atto con altra meno afflittiva.
Il Tribunale di Roma, in riferimento alla gravità indiziaria, considerava che
non assumeva rilievo, rispetto alla posizione dell’odierno ricorrente, la valutazione
del quadro indiziario relativo a tale Umbertino Tommaso, soggetto nei confronti del
quale non era stata applicata la misura cautelare, pure richiesta dal pubblico
ministero. Ciò posto, il Tribunale osservava che De Marco, secondo gli esiti delle
operazioni di intercettazione, era colui che avrebbe dovuto vendere lo stupefacente
– oggetto del sequestro effettuato in data 31.07.2010 – trasportato sino a Falerna
dal coindagato Begaj Bledar, per il quale si è proceduto separatamente.
Il Tribunale di Roma, nell’ordinanza impugnata, riportava quindi ampi stralci
delle conversazioni intercettate, risalenti al mese di luglio 2010; e rilevava che,
all’indomani dell’arresto del Begaj, De Marco si era attivato per assicurare un
supporto legale all’arrestato e per offrire un aiuto logistico alla moglie del Begaj.
Con riguardo alle esigenze cautelari, il Tribunale considerava che il reato per
il quale si procede risulta collegato ad altre attività criminose realizzate dal
prevenuto, in riferimento al traffico di banconote contraffatte. Il Collegio rilevava
che detta evenienza risulta indicativa dell’inserimento del De Marco in un ramificato
contesto delinquenziale e che il pericolo di reiterazione del reato poteva essere
salvaguardato solo con la misura in atto. Il Tribunale osservava che il rispetto delle
prescrizioni relative alla misura degli arresti domiciliari in corso di esecuzione non
implicava alcun affievolimento delle esigenze cautelari, trattandosi di un mero
effetto della misura applicata.
2. Avverso la richiamata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione De
Marco Donatello, denunciando violazione di legge e vizio motivazionale.
La parte osserva che la posizione di Umbertino Tommaso è stata
illogicamente ritenuta non rilevante dal Tribunale; osserva che il predetto
Umbertino, secondo i termini dell’imputazione provvisoria, avrebbe agito in
concorso con – il De Marco, nella detenzione della partita di cocaina di cui si tratta.
Rileva che la richiesta cautelare è stata rigettata, in riferimento alla posizione di
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Umbertino Tommaso; e considera che il compendio indiziario neppure risulta
conferente, con riguardo al De Marco.
Sotto altro profilo, il ricorrente evidenzia che nell’ordinanza impugnata non
viene esaminato il problema della attualità delle esigenze cautelari, in relazione al
tempo trascorso dalla commissione del fatto, risalente a tre anni addietro. Osserva
che, con memoria difensiva, era stata dedotta la violazione dell’art. 292 cod. proc.
pen., in relazione alla persistenza delle esigenze cautelari.

3. Il ricorso muove alle considerazioni che seguono.
3.1 In riferimento all’apprezzamento della gravità indiziaria, l’ordinanza
impugnata risulta immune dalle dedotte censure.
Giova considerare, nel procedere all’esame delle doglianze mosse dal
ricorrente rispetto alla gravità indiziaria, che il controllo di legittimità relativo ai
provvedimenti “de libertate”, secondo giurisprudenza consolidata, è circoscritto
all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni
giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, la assenza di illogicità evidenti,
ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento (cfr. Cass. Sez. IV sentenza n. 2146 del 25/5/95, dep. 16.06.1995,
Rv. 201840; e, da ultimo, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 56 del 07/12/2011,
dep. 04/01/2012, Rv. 251760). La insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex
art. 273 cod. proc. pen., è, pertanto, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce
nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità
della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di
legittimità, in particolare, non riguarda ne’ la ricostruzione dei fatti, ne’
l’apprezzamento del giudice di merito circa la attendibilità delle fonti e la rilevanza e
concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur
investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una
diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis
Cass. Sez. 1, sentenza n. 1769 del 23.3.95, dep. 28.04.1995, Rv. 201177), sicché,
ove venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi
indizi di colpevolezza, è demandata al giudice di merito la valutazione del peso
probatorio degli stessi, mentre alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di
verificare se il decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass. Sez. 4 sentenza n.
22500 del 3.05.2007, dep. 8.06.2007, Rv. 237012; si veda anche Cass. Sez. U.
sentenza n. 11 del 21.04.1995, dep. in data 1.08.1995, Rv. 202001).
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Considerato in diritto

3.1.1 Orbene, nel caso di specie, il ricorrente ribadisce sostanzialmente le
censure già dedotte in riferimento al provvedimento cautelare genetico, con
riguardo al valore indiziario da assegnare al contenuto delle conversazioni
intercettate, prospettando una diversa interpretazione dei colloqui oggetto di
captazione, rispetto a quella effettuata dai giudici del merito, pure argomentando in
riferimento al quadro indiziario che attinge diversi soggetti coindagati, per i quali
non è stata applicata alcuna misura di cautela.
Si tratta di doglianze che si pongono ai limiti della inammissibilità, per le

ragioni ora esposte, laddove il percorso argomentativo sviluppato dal Tribunale del
riesame risulta coerente ed immune da fratture logiche.
Ed invero, il Tribunale, del tutto conferentemente, ha proceduto al vaglio
critico del complessivo compendio indiziario raccolto dagli inquirenti. In particolare,
il Collegio si è soffermato sul contenuto delle diverse conversazioni intercettate,
intercorse tra De Marco ed altri soggetti interessati al traffico di stupefacenti,
chiarendo che i colloquianti utilizzavano un linguaggio criptico, volto a dissimulare il
reale oggetto degli svariati contatti telefonici. Il Tribunale, inoltre, ha del tutto
conferentemente valorizzato il comportamento assunto da De Marco all’indomani
dell’arresto nei confronti di Begaj e del sequestro della partita di droga, osservando
che si trattava di un comportamento certamente indicativo della diretta
cointeressenza del De Marco, nella vicenda criminosa di cui al capo b)
dell’imputazione provvisoria.
3.2 Diverso ordine di considerazioni si impone in riferimento all’analisi
effettuata dal Tribunale del Riesame, rispetto al tema, specificamente dedotto dalla
difesa, relativo alla proporzionalità ed adeguatezza del presidio di contenimento in
atto.
Ed invero, con specifico riferimento ai parametri da ultimo richiamati, in
ragione del decorso del tempo rispetto ai fatti per cui si procede, preme osservare
che la Corte regolatrice ha recentemente ribadito che il giudice deve costantemente
verificare che ogni misura risulti adeguata a fronteggiare le esigenze cautelari che si
ravvisano nel caso concreto, secondo il paradigma della gradualità del sacrificio
imposto al soggetto sottoposto a restrizione; e che la misura cautelare sia altresì
proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa
essere irrogata (Cass. Sez. U, Sentenza n. 16085 del 31/03/2011,
dep. 22/04/2011, Rv. 249323). Le Sezioni Unite, nella sentenza ora citata, hanno
evidenziato che l’intero sviluppo della vicenda cautelare deve essere sottoposto a
costante ed attenta verifica, circa la effettiva rispondenza dei tempi e dei modi di
limitazione della libertà personale al quadro delle specifiche esigenze,
dinamicamente apprezzabili, alla stregua dei criteri di adeguatezza e
proporzionalità, rispetto alla quantità e qualità delle concrete e specifiche esigenze
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cautelari. Ed hanno chiarito che il principio di proporzionalità, rispetto alla pena
irroganda, al pari di quello di adeguatezza, opera come parametro di
commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso
concreto, tanto al momento della scelta e della adozione del provvedimento
coercitivo, che per tutta la durata dello stesso, imponendo una costante verifica
della perdurante idoneità di quella specifica misura a fronteggiare le esigenze che
concretamente permangano o residuino, secondo il principio della minor

3.2.1 Muovendo da tali principi, deve allora evidenziarsi che l’ordinanza
impugnata risulta vulnerata dal dedotto vizio motivazionale, con riferimento alla
valutazione della attualità delle esigenze cautelari. Ed invero, il Tribunale di Roma,
non ha chiarito le ragioni afferenti alla scelta della misura di contenimento, in
relazione al decorso del tempo, rispetto alla commissione dei fatti di reato. Il
Tribunale del Riesame ha basato le valutazioni relative al pericolo di reiterazione
criminosa sull’analisi delle accertate modalità della condotta illecita, posta in essere
dal prevenuto, indicativa di un suo inserimento in ambienti criminogeni; ha ritenuto
non significativo il puntuale rispetto delle prescrizioni afferenti al regime degli
arresti domiciliari, in corso di esecuzione; ma ha omesso di effettuare alcuna
valutazione circa la possibile incidenza del fattore relativo al decorso del tempo,
rispetto alla data di commissione del fatto, nell’adeguatezza dell’assetto cautelare in
corso di esecuzione nei confronti di De Marco Donatello, ex art. 275, comma 3, cod.
proc. pen., in relazione alla natura ed al grado delle attuali esigenze da soddisfare.
4. Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio
al Tribunale di Roma, per nuovo esame del punto concernente l’attualità delle
esigenze cautelari, alla luce dei principi di diritto sopra richiamati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente al punto concernente l’attualità delle
esigenze cautelari e rinvia al Tribunale di Roma.
Così deciso in Roma in data 12 febbraio 2014.

compressione possibile della libertà personale.

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