Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11164 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 11164 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
ROSANO NICOLA

n.il 2.04.1986

avverso l’ORDINANZA n. 86/2012 della Corte d’appello di Catania del
22.10.2012.
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
Udita in UDIENZA CAMERALE del 12 dicembre 2013 la relazione fatta
dal Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Lette le richieste del Procuratore Generale nella persona del dott.
Giovanni D’Angelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 12/12/2013

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
ROSANO Nicola ricorre per cassazione avverso l’ordinanza, indicata in
epigrafe, con cui la Corte d’appello di Catania ha rigettato la sua richiesta di
riparazione per ingiusta detenzione in ordine al procedimento penale a suo
carico per concorso nel delitto di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90 dal quale veniva
assolto dal Tribunale locale con sentenza del 30.04.2009 – confermata in appello
il 16.07.2010 -.
La Corte della riparazione, dopo un ‘esposizione in cui indica, come unici

tra il Rosano Nicola e gli altri coimputati ed in primis il padre Rosano Vincenzo” e
la circostanza che “in sede di interrogatorio di convalida l’imputato…non spiegava
adeguatamente la sua estraneità ai fatti di detenzione a fine di spaccio di droga”
ha ritenuto che l’istante aveva contribuito, con colpa grave, all’emissione del
provvedimento restrittivo.
Il ricorrente deduce violazione di legge e carenza di motivazione del
provvedimento impugnato in ordine alla sussistenza del presupposto del dolo o
della colpa grave del richiedente che costituiva causa impeditiva per il
riconoscimento dell’indennizzo riparatorio ed aveva operato un’anomala
rivisitazione delle conclusioni cui era giunto la Corte del merito nella sentenza di
assoluzione. Poneva, altresì, in evidenza che la Corte distrettuale non aveva in
alcun modo motivato in ordine alla sussistenza del nesso causale tra l’asserita
condotta colposa e l’emissione del provvedimento restrittivo, né era stata
analizzata la sua condotta processuale al fine di verificare la legittimità del
mantenimento in carcere.
((((((((((“(0))))))))))))
Il ricorso va accolto con conseguente annullamento

e rinvi3O dell’ordinanza

impugnata,czytit tr,.A.,-vzo ….
Appare conferente il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte secondo
cui (cfr. fra tutte Cass. Pen., IV” sez., n. 2830, del 12.5.2000) “il sindacato del
Giudice di legittimità sull’ordinanza che definisce il procedimento per la
riparazione dell’ingiusta detenzione è limitato alla correttezza del procedimento
logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare il
presupposti per l’ottenimento del beneficio indicato. Resta invece nelle esclusive
attribuzioni del giudice di merito la valutazione sull’esistenza e la gravità della
colpa o sull’esistenza del dolo restando al giudice di legittimità soltanto il
compito di verificare la correttezza logica del ragionamento”.
134.

. . _ Ls.

dati sintomatici della ritenuta condotta ostativa del richiedente ” i diversi contatti

In fatto, dagli atti, come è dato leggere nell’ impugnata ordinanza, risulta
che il ricorrente «venne tratto in arresto a seguito degli elementi probatori per altro specifici- contenuti nelle intercettazioni sia nelle investigazioni sia nei
verbali di perquisizione nell’ambito delle investigazioni; in particolare dagli atti si
trae che il POSANO – in ragione dei contatti avuti e dei suoi spostamenti in
Calabria – era indiziato gravemente di avere avuto uiiruolo di “corriere” di droga
•o
per un trasporto della stessa
.52per del territorio calabrese. Circa il trasporto
contestato al ROSANO Nicola l’assoluzione intervenne perché nell’occasione non

riconosciuti sussistenti in ragione dei controlli che permisero di individuare la
sostanza stupefacente. In particolare numerosi concorrenti nel reato contestato
al ROSANO vennero condannati per analoga fattispecie commessa a pochi giorni
di distanza».

Più avanti si legge ancora

:« Stima la Corte che il

comportamento oggettivo tenuto dell’imputata, in un contesto oggettivo di
quantità e qualità di droga detenuta è tale da far ritenere – a chi osservavaplausibile e logico che il ROSANO facesse potesse avere la concreta codetenzione
dello stupefacente. Per come si trae dal complessivo significato e valenza degli
elementi valutati non può doversi ritenere che tali elementi sono caratterizzati
da condotta per la quale il ROSANO ebbe a dar causa colposamente alla
carcerazione preventiva per il suo comportamento gravemente negligente».

Orbene, l’iter argomentativo, seguito dalla Corte d’Appello, non resiste alle
censure del ricorrente, in quanto nel proprio provvedimento non chiarisce quali
siano stati i comportamenti colposi o dolosi del ricorrente e quale sia stata,
oltre le dichiarazioni difensive, la condotta da questi posta in essere e che
possa considerarsi in rapporto di causa ad effetto rispetto alla detenzione.
Invero, al di là de011 errore, sicuramente frutto di refusi di stampa,
dell’indicazione dell’imputata in luogo dell’imputato, pur facendosi riferimento
a risultati di intercettazioni telefoniche, di contatti avuti con i correi, la Corte
di Appello non dà contezza di tali elementi a suo dire specifici, omettendo, in
IL

tal modo, di spiegare se in che modo il comportamento posto in essere dal
ricorrente abbia avuto efficienza causale sull’adozione o sul mantenimento
della misura cautelare dal momento che le sole dichiarazioni rese
dall’imputato o il silenzio da questi prestato, nell’ambito della sua strategia
difensiva, non possono costituire di per sé sole indici di comportamento
doloso o colposo in grado di avere incidenza sull’emissione e sul
mantenimento della misura custodiate.

34.

3

venne trovata droga – per altri trasporti dal territorio calabrese- vennero

Come puntualmente rileva il Procuratore Generale requirente ciò che
comunque è certo è che la verifica esplicitata nella decisone gravata non dà
conto della ricognizione di un comportamento del richiedente avente i tratti
giuridici della condotta gravemente colposa; della medesima, in effetti, non è
dato percepire i connotati specifici e, conseguentemente, è impalpabile il
nesso di causalità, dedotto solo i termini assiomatici, tra l’asserita condotta
gravemente colposa del richiedente ed il provvedimento custodiale ingiusto.
La Corte di appello ha formulato la sua decisione basandosi anche sulla

indicare quali fossero le circostanze a se favorevoli, omettendo, però, di
specificare quali queste fossero in grado di comportare la sua scarcerazione.
Quanto al comportamento processuale dell’istante, si osserva che, ai fini
dell’accertamento della sussistenza della condizione ostativa della colpa grave
dell’interessato, pur dovendosi considerare il diritto del destinatario della misura
ad adottare la strategia difensiva ritenuta più utile nel processo, che comprenda
eventualmente il silenzio o il mendacio, occorre valutare se la condotta di non
collaborazione o di ostruzionismo ovvero di mendacio adottata dall’indagato,
senza necessità e suo beneficio, sia risultata sinergica all’emissione del
provvedimento di cautela, al procrastinarsi sella sua liberazione ed
all’accertamento della sua innocenza.
Nel giudizio di cui all’art. 314 cod. proc. pen., il giudice, ai fini
dell’accertamento dell’eventuale colpa grave ostativa al riconoscimento del
diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione, può valutare il comportamento
silenzioso o mendace, legittimamente tenuto nel procedimento penale
dall’imputato, per escludere il suo diritto all’equo indennizzo.
Il difensore del ricorrente ritiene, invece, che il silenzio da solo non
assume rilievo ai fini della determinazione della colpa grave, poiché resta fermo
l’insindacabile diritto al silenzio o alla reticenza o alla menzogna da parte della
persona sottoposta alle indagini e dell’imputato.
In linea generale si può concordare con tale osservazione, va, però,
ricordato che, nell’ipotesi in cui solo l’indagato e/o imputato sia in grado di
fornire una logica spiegazione, al fine di eliminare il valore indiziante di elementi
acquisiti nel corso delle indagini, non il silenzio o la reticenza, in quanto tali,
rilevano, ma il mancato esercizio di una facoltà difensiva, quanto meno sul piano
dell’allegazione di fatti favorevoli. Tale condotta processuale può valere a far
ritenere l’esistenza di un comportamento omissivo causalmente efficiente nel

circostanza che l’indagato, nell’interrogatorio di garanzia, aveva omesso di

permanere della misura cautelare. Tuttavia, come esattamente rilevato
dall’opposto indirizzo (Cass. sez. 3^, n. 13714 del 2005), una cosa è il diritto di
difendersi con qualsiasi mezzo per preservare la propria libertà personale da
un’imputazione penale, altra cosa è il diritto a una riparazione giudiziaria quando
la detenzione patita si rivela ingiusta perché la strategia difensiva ha avuto
successo o ha comunque ottenuto l’assoluzione dall’imputazione. Il legislatore
infatti non ha riconosciuto incondizionatamente siffatto diritto alla riparazione,
ma l’ha esplicitamente escluso quando il comportamento dell’indagato, da solo o

indizi di colpevolezza a carico dello stesso indagato. E ciò in forza del principio
generale stabilito dall’art. 1227 c.c., comma 2, secondo cui il risarcimento del
danno non è dovuto quando il creditore avrebbe potuto evitarlo usando
l’ordinaria diligenza.
Anche su questo punto, insomma, opera l’autonomia dei due giudizi: a)nel
giudizio penale, l’imputato ha diritto di difendersi anche col silenzio e il
mendacio; b) nel giudizio di natura civilistica per la riparazione, il giudice può
valutare il comportamento silenzioso o mendace dell’imputato per escludere il
suo diritto all’equo indennizzo.
Spetterà poi allo stesso giudice della riparazione decidere se il silenzio o il
mendacio bastino da soli, o necessitino del concorso di altri elementi di colpa,
per escludere il diritto all’indennizzo. In questo ambito potrà per esempio
valutare se il silenzio ha svolto colposamente un ruolo sinergico nel giustificare
la misura detentiva in quanto ha ritardato l’acquisizione di elementi a discarico.”
Dunque, va censurata la motivazione dell’ordinanza impugnata essendosi
essa adagiata, nel rilevare il comportamento “caratterizzato da spiccata
leggerezza e macroscopica trascuratezza”, anche sul comportamento tenuto dal
ricorrente in sede di interrogatorio nel corso del quale egli non avrebbe offerto
elementi a sua discolpa.
La Corte catanese avrebbe dovuto, nel valorizzare il comportamento
processuale del ricorrente, indicare quale circostanza a sé favorevole
(emergente dalle carte processuali, con ovvia valutazione ex post) non è stata
riferita tale da evitare l’emissione della misura restrittiva o, quanto meno, il suo
perdurare.
Pertanto, il giudice del rinvio dovrà effettuare tali riscontri, potendo
pervenire ad identica conclusione dell’impugnata sentenza, purché fornisca
adeguata motivazione, seguendo l’iter logico ed i principi di diritto su indicati.
41

,S-

con altre circostanze, ha indotto in errore il giudice cautelare circa l’esistenza di

Infatti, in tema di giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di
motivazione, il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova
decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Suprema Corte,
ma resta libero di pervenire – sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle
censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già
svolte – allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata. Spetta, infatti,
esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto
risultanti dalle emergenze processuali, non essendo compito di quest’ultimo

tali aspetti (Cass. sez. 3^, 11 giugno 2004 n. 26380 rv. 228929 fra tante).
Il provvedimento in questione non appare quindi congruamente motivato
e pertanto va annullato con rinvio alla Corte di appello di Catania per un
nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio/ per ” nuovo esame alla Corte
d’appello di Catania.
Così deciso in Roma alla udienza camerale del 12 dicembre 2013.

sovrapporre il proprio convincimento a quello del giudice di merito in ordine a

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