Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11160 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 11160 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TOSCO PAOLO ANGELO MARIO IN QUAL DI AMM. UNICO
DELLA SPD SRL E DELLA BIANCHI VENDING AFTER SALES
SRL N. IL 20/02/1939
S.P.D. SRL
LECCHI DANILO QUALE PRES DEL C.D’A. DELLA OVAS
LOGISTIX INTEGRATA SRL N. IL 25/08/1952
BETTONI ADRIANO SOCIO AMMINISTRATORE DELLA B.M.S.I.
SNC N. IL 12/02/1963
OVAS LOGISTIX S.R.L. IN PERS. LEG. RAPPR. PRO TEMPORE
SIG. LECCHI DANILO
avverso la sentenza n. 5642/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del
06/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A No
che ha concluso per
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Data Udienza: 12/02/2014

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Torino, con sentenza in data 30.12.2008, dichiarava Tosco
Paolo Angelo Mario, Lecchi Danilo, Bettoni Adriano e Grigolo Giuseppe responsabili
del reato di lesioni colpose, condannando gli imputati alle pene di giustizia, oltre al
risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separato
giudizio. Agli imputati Tosco e Lecchi veniva concesso il beneficio della sospensione
condizionale della

pena,

subordinato

al

pagamento di

provvisionale

tra loro e con i responsabili civili, venivano condannati al pagamento della
provvisionale pari ad C 800.000,00 in favore di Maurino Suraj e di C 50.000,00,
ciascuna, in favore di Fiore Laura e Maurino Indira. Al Tosco, nella sua qualità di
amministratore unico della SPD srl e datore di lavoro del Suraj, al Lecchi, quale
presidente del consiglio di amministrazione della OVAS LOGISTIX, a Bettoni
Adriano, socio amministratore della BMSI snc ed a Grigolo Giuseppe, presidente del
consiglio di amministrazione della GS Scaffalatura, si contesta, di aver provocato la
caduta del Suraj, dipendente del Tosco, dal soppalco del magazzino della Bianchi
Vending srl di Tosco Paolo, in quanto il parapetto scorrevole, montato quale
protezione da possibili cadute, risultava installato erroneamente, cosicché cadeva a
terra, sfilandosi dal binario sottostante, provocando la caduta del Soraj, che
riportava lesioni gravissime, consistite in paraplegia post-traumatica irreversibile.
2. La Corte di Appello di Torino, con sentenza in data 6.12.2012, in parziale
riforma della richiamata sentenza di condanna resa dal Tribunale di Torino,
assolveva Grigolo Giuseppe ed il responsabile civile GS Scaffalature per non aver
commesso il fatto; rideterminava la pena inflitta a Bettoni Adriano e confermava nel
resto la sentenza appellata.
La Corte territoriale rilevava preliminarmente che la doglianza afferente alla
mancata valutazione della memoria difensiva depositata il 30.12.2008 risultava
generica e non supportata da indicazioni sui fatti e sulle circostanza che non
sarebbero stati presi nella giusta considerazione. Osservava che non risultavano
violati i diritti di difesa dell’imputato Tosco, atteso che la memoria di cui si tratta
riassume i termini della vicenda e le contestazioni elevate al Tosco, questioni sulle
quali il giudice di primo grado ha ampiamente risposto in motivazione. Il Collegio
considerava che Tosco era destinatario delle norme di prevenzione contro gli
infortuni sul lavoro e garante della sicurezza dei dipendenti; e che era stato il
predetto imputato ad ordinare la conformazione del manufatto, rendendosi conto
della possibile pericolosità dello stesso. E che, non di meno, il prevenuto aveva
consentito la salita dei dipendenti, senza aver fornito adeguate informazioni e senza
aver erogato la dovuta formazione, relativa alle modalità di chiusura necessarie ad
impedire lo scorrimento e la caduta del cancello.
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immediatamente esecutiva entro il termine di mesi sei; tutti gli imputati, in solido

In riferimento alla posizione del Lecchi, la Corte di Appello confermava del
pari l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, osservando che era
emersa la prova certa, relativa al fatto che la ONVAS si fosse ingerita nella
progettazione del manufatto, assumendo un ruolo non meramente commerciale,
per il tramite dell’ing. Bosisio. VEDI PAG 28 CA…
Con specifico riguardo all’imputato Bettoni Adriano, la Corte territoriale
riteneva provato che anche costui avesse avuto un ruolo consistente nella

aveva proceduto alla installazione del manufatto e doveva rendersi conto della
inidoneità della medesima struttura. Il Collegio osservava, inoltre, che erano
risultate accertate gravi negligenze nella fase di montaggio del cancello-parapetto,
che risultava sbilanciato verso l’esterno.
3. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto
ricorso per cassazione Tosco Paolo Angelo Mario, a mezzo del difensore.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’erronea applicazione di legge,
rilevando che la Corte territoriale ha rigettato l’eccezione di nullità che era stata
dedotta in sede di appello, per omessa valutazione della memoria difensiva ex art.
121 cod. proc. pen., depositata all’udienza del 30.12.2008. L’esponente osserva
che, con la predetta memoria, la difesa aveva evidenziato l’omessa contestazione,
nel capo di imputazione, di due profili di colpa relativi alla manutenzione delle
strutture ed alla formazione dei dipendenti, profili addebitati in violazione di legge,
stante la mancata contestazione dell’art. 2087 cod. civ. L’esponente richiama un
passo della motivazione posta a fondamento della decisione del Tribunale,
osservando che il primo giudice ha del tutto omesso di valutare il contenuto della
predetta memoria. La parte osserva che la Corte di Appello, sul punto di interesse,
ha rilevato che la doglianza era generica e che comunque non si era verificata
alcuna violazione dei diritti di difesa. L’esponente considera che la memoria
confutava specificamente la sussistenza dei menzionati profili di colpa; osserva che
la Corte regolatrice ha chiarito che il giudice ha il dovere di prendere in
considerazione le memorie difensive; e rileva che la violazione di tale dovere
integra una nullità ai sensi dell’art. 178, lett. b) e c), cod. proc. pen., che pure
coinvolge la sentenza oggi impugnata.
Con il secondo motivo la parte deduce il vizio motivazionale in riferimento ai
seguenti profili di colpa: omessa manutenzione e omessa formazione; e con
riguardo alla riferibilità dei vizi del manufatto al Tosco.
In riferimento alla omessa manutenzione, l’esponente rileva che il
fabbricante, nell’ambito delle attività di manutenzione, aveva raccomandato
particolari verifiche relative agli elementi strutturali; ed osserva che, nel corso della
istruttoria dibattimentale, l’ispettore della Asl aveva riferito che la struttura era in
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causazione dell’evento. Ciò in quanto Bettoni – unitamente ai propri collaboratori –

buono stato di conservazione. La parte osserva che in sede di gravame aveva posto
la questione relativa alle modalità con le quali l’intervento del Tosco avrebbe potuto
far emergere l’anomalia delle ruote del cancello ed il posizionamento dello stesso,
risultato con una inclinazione verso l’esterno di 1,5 cm.; ed assume che la Corte
territoriale, sul punto, sia rimasta silente, giacché il Collegio si è limitato ad
osservare che Tosco era destinatario degli obblighi impeditivi. L’esponente ritiene
insufficiente anche la valutazione effettuata dalla Corte di Appello, in riferimento

Con riguardo alla riferibilità dei vizi del manufatto al Tosco, il ricorrente
osserva che il lavoro era stato affidato in appalto alla Ovas Logistics, impresa
tecnicamente idonea e che il cancello si trovava in posizione esterna alla struttura;
e che quest’ultima aveva scelto come installatore la BMSI. Ritiene, pertanto, che il
committente non poteva effettuare un controllo tecnico specifico sull’opera oggetto
di appalto; e rileva che dalla motivazione espressa della Corte di Appello, sul punto,
emerge che si è fatto riferimento ad un profilo di responsabilità oggettiva.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce il travisamento della prova. Osserva
che i giudici di merito, contrariamente al contenuto delle emergenze istruttorie,
affermano che il cancello sia stato posizionato esternamente alla struttura, su
richiesta del Tosco. Il ricorrente sottolinea che il cancello è stato realizzato in
conformità al progetto originario.
4. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso
per cassazione Lecchi Danilo, a mezzo del difensore.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’inosservanza della legge penale,
con riguardo all’erronea applicazione degli artt. 35, e 6 comma 2, d.lgs. 626/1994;
la parte rinvia al contenuto di precedenti scritti difensivi e sottolinea che il citato
art. 35 concerne l’obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione dei
dipendenti attrezzature adeguate.
Con il secondo motivo la parte deduce il vizio motivazionale, in riferimento
all’apprezzamento della prova. La parte osserva che erroneamente la Corte di
Appello ha individuato il Lecchi quale progettista. Il ricorrente si sofferma quindi
sulla dinamica del fatto e rileva che le modalità di montaggio del cancello, la
mancata manutenzione, il mancato inserimento dello spinotto di sicurezza e
l’omessa informazione ai dipendenti, sono evenienze non riferibili al Lecchi.
Il ricorrente richiama poi le argomentazioni svolte dal Procuratore Generale
territoriale nella memoria del 27.04.2012, osservando che l’organo di accusa ha
svolto rilievi non riferibili alla posizione del Lecchi, poiché la OVAS ha svolto il ruolo
di mero venditore. Ciò posto la parte considera che non viene in rilievo la figura del
progettista, in quanto non si tratta di costruzione immobiliare; e considera che la
Corte di Appello ha fatto erroneamente riferimento al depliant della OVAS, ove si
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alla formazione dei dipendenti.

parla di progettazione, atteso che nel caso di specie la progettazione è stata
effettuata da GS Scaffalature. L’esponente si sofferma quindi diffusamente sulle
deposizioni rese in giudizio dai consulenti. Considera che l’incidente si è verificato
perché i dipendenti non usavano correttamente la struttura; e rileva che OVAS
risulta estranea alla fase del montaggio.
Con il terzo motivo, l’esponente rileva la carenza di motivazione con
specifico riguardo alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed

5. Bettoni Adriano, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per
cassazione avverso la richiamata sentenza, deducendo con il primo motivo il vizio
motivazionale. La parte osserva che la Corte territoriale ha omesso di esaminare le
censure che erano state dedotte in sede di appello. In riferimento alla
contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza, l’esponente rileva che non si
comprendono le ragioni per le quali è stato tratto a giudizio il solo Adriano Bettoni,
atteso che all’epoca del fatto i soci liquidatori erano due: Adriano e Pierangelo
Bettoni.
Tanto chiarito, la parte osserva che il d.lgs. n. 626/1994 impone agli
installatori di attenersi alle norme di sicurezza; e che la Suprema Corte ha chiarito
che l’installatore deve segnalare i macroscopici errori di progettazione. Ciò posto,
osserva che la Corte di Appello, dopo aver rilevato che il manufatto era affetto da
vizio di progettazione e che il cancello non poteva essere montato internamente,
per difetto di spazio, ha non di meno considerato che l’attività degli installatori
aveva avuto rilevanza causale rispetto all’evento, giacché non era stata installata la
staffa ed il cancello era stato montato esternamente. Sul punto, sottolinea che la
Corte territoriale ha peraltro ritenuto che la staffa a zeta non poteva considerarsi
come un efficace sistema di ritenuta, ove il cancello fosse stato aperto.
Sotto altro aspetto, il deducente osserva che il principale fattore che

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determinò lo scarrucolamento non è dato dalla guida utilizzata, bensì dalla mancata
manutenzione,

che incombeva al Tosco. Osserva, inoltre, che proprio la

mancanza di manutenzione ebbe a favorire lo scarrucolamento e che detto evento
non può essere ricondotto alle modalità di montaggio della parte superiore del
cancello. La parte si duole poi del fatto che la Corte di Appello abbia considerato
che la società di leasing incaricata non fosse competente rispetto al controllo di
sicurezza dell’opera. In riferimento alla mancanza di delega, l’esponente osserva
che Adriano Bettoni ha ripetutamente dichiarato di aver nominato un caposquadra,
tra i dipendenti esperti che hanno installato il manufatto. Osserva, infine, che se il
cancello fosse stato chiuso, nonostante gli errori di progettazione, di installazione e
la mancanza di manutenzione, non sarebbe caduto.

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all’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.

Il ricorrente si duole della mancata concessione della sospensione
condizionale della pena. Osserva che l’imputato versava nella impossibilità di
effettuare un qualsivoglia intervento risarcitorio in favore delle parti civili;
considera che i giudici di merito hanno omesso di verificare la capacità economica
del prevenuto; e rileva che Bettoni ha reso l’interrogatorio, di talché non si
comprende perché si sia affermato che il prevenuto aveva manifestato disinteresse
rispetto alla presente vicenda. Rileva che i giudici di secondo grado avrebbero
dovuto positivamente considerare il comportamento e la personalità dell’imputato,

anche al fine della concessione delle attenuanti generiche.
6. La difesa del Bettoni ha depositato memoria in data 27.02.104, rilevando
che risulta decorso il termine di prescrizione massimo, pari ad anni sette e mesi sei,
relativo al reato in addebito.
6.1 Nell’interesse dell’imputato Tosco è stata depositata memoria in data
27.01.2014, ove si rileva che, pure a fronte delle intervenute sospensioni, risulta
decorso il termine prescrizionale del reato per cui si procede.
Considerato in diritto
7.

Si osserva, in primo luogo, che tutte le parti sono state ritualmente

avvisate, rispetto alla pubblica udienza in cui il processo è stata trattato avanti alla
Suprema Corte. Con specifico riferimento alla posizione dell’avv. Motta, difensore di
fiducia dell’imputato Lecci, si rileva che risulta acquisita in atti la prova
dell’effettuazione in data 12.11.2013, con positivo riscontro, di comunicazione a
mezzo telefax, giusta autorizzazione del Presidente della Sezione ex art. 148,
comma 2 bis, cod. proc. pen.; ed è appena il caso di rilevare che, a mente dell’art.
613 comma 4, cod. proc. pen., gli avvisi che devono essere dati al difensore sono
notificati anche all’imputato solo qualora non sia assistito da difensore di fiducia.
8. Tanto premesso, osserva il Collegio che non sussistono i presupposti per
rilevare, ai sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., l’intervenuta causa
estintiva del reato per il quale si procede, commesso in data 11.02.2005, per
essere spirato il relativo termine di prescrizione massimo pari ad anni sette e mesi
sei. Sul punto, deve effettivamente osservarsi che, tenuto pure conto delle
intervenute sospensioni del corso della prescrizione, pari ad un anno, quattro mesi,
ed otto giorni, il termine risulterebbe spirato in data 19.12.2013. Non di meno,
deve rilevarsi che i ricorsi in esame, come subito si vedrà, presentano profili di
inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perché basati
su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di
rilevare l’intervenuta prescrizione. Invero, le Sezioni Unite della Corte regolatrice
hanno da tempo chiarito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione, dovuta alla
manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di
7

A

non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. che sarebbero maturate
successivamente rispetto alla sentenza impugnata (Cass. Sez. U, Sentenza n. 32
del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, Rv. 217266).
9. Si procede era ad esaminare il ricorso proposto nell’interesse
dell’imputato Tosco.
9.1 Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, e perciò
inammissibile.

stabilito che l’omessa valutazione di memorie difensive può essere fatta valere in
sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, la cui
motivazione può risultare indirettamente viziata per la mancata considerazione di
quanto illustrato con la memoria, in relazione alle questioni devolute con
l’impugnazione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 37531 del 07/10/2010,
dep. 20/10/2010, Rv. 248551). Occorre, peraltro, considerare che la Suprema
Corte, nell’affermare il principio di diritto ora richiamato, ha costantemente
precisato che l’omessa valutazione di memorie difensive può essere fatta valere in
sede di gravame, quale causa di nullità del provvedimento impugnato, la cui
motivazione può risultare indirettamente viziata per la mancata considerazione di
quanto illustrato con la memoria, in relazione alle questioni devolute con
l’impugnazione.
Tanto è vero, che nel solco dell’orientamento ora espresso, la giurisprudenza
di legittimità ha da ultimo elaborato il seguente principio di diritto, in base al quale
l’omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere in sede di
gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, ma può influire sulla
congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione della decisione che
definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive
(Cass. Sez. 6, Sentenza n. 18453 del 28/02/2012, dep. 15/05/2012, Rv. 252713).
Alla luce dei rilievi che precedono deve allora osservarsi che la censura in
esame risulta inammissibile, per un duplice ordine di rilievi: da un lato, poiché
poggia su di una non corretta lettura dei principi di diritto affermati dalla Corte
Suprema, nella materia di interesse; dall’altro, perché risulta manifestamente
infondata, atteso che, nel caso di specie, non sussiste la dedotta mancanza di
considerazione di quanto illustrato con la memoria depositata il 30.12.2008. La
Corte di Appello, dal tutto conferentemente, ha infatti rilevato che il primo giudice
aveva preso nella giusta considerazione tutti i profili oggetto di deduzione e che
neppure si era verificata alcuna lesione dei diritti di difesa, atteso che Tosco aveva
potuto ampiamente difendersi, rispetto alle elevate contestazioni.
9.2 II secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

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Non sfugge che si registrano decisioni della Corte regolatrice ove si è

Giova considerare che la responsabilità del Tosco, in riferimento all’evento
lesivo verificatosi, discende non solo e non tanto dalla posizione di committente
rispetto all’opera di cui si tratta. Ed invero, la Corte di Appello ha precisato che
Tosco, benché avesse commissionato l’intera struttura ad una ditta competente,
che a sua volta aveva scelto sia il fornitore del materiale che il montatore, restava
titolare della posizione di garanzia, quale datore di lavoro del dipendente
infortunato. Al riguardo, il Collegio ha considerato che proprio nella predetta qualità

macchinari utilizzati e di curarne la manutenzione. La Corte di Appello ha quindi
evidenziato che correttamente era stato individuato, quale profilo di colpa riferibile
al Tosco, la mancanza di ogni manutenzione del manufatto, nel corso dei tre anni
che erano intercorsi tra la costruzione dell’opera e la verificazione dell’infortunio. La
Corte territoriale ha inoltre sottolineato che risultava accertato un ulteriore profilo di
colpa riferibile al Tosco, derivante dalla mancanza di alcuna formazione per i
lavoratori che accedevano al soppalco.
9.3 Il terzo motivo di ricorso è del pari inammissibile.
La Corte di Appello come sopra si è evidenziato, ha chiarito che Tosco, nella
sua qualità di datore di lavoro, aveva l’obbligo di verificare la sicurezza del
manufatto e di curarne la manutenzione. Ebbene, la Corte territoriale ha precisato
che ove l’imputato avesse adempiuto ai richiamati doveri, avrebbe verificato che
l’appoggio delle ruote sul binario era insufficiente, che la staffa a zeta non era
presente e che non era stato montato alcun valido sistema di ritenuta, atto anche
ad evidenziare se il cancello fosse rimasto aperto. Ed ha considerato, argomentando
sulla base delle indicazioni fornite dal consulente tecnico della parte civile, che
l’insufficienza della rotaia, unita allo scorrimento non verticale, ben potevano aver
aggravato, negli anni di uso della struttura, le condizioni che poi ebbero a
determinare il verificarsi dell’incidente. Come si vede, i giudici di merito hanno
conferentemente apprezzato l’acquisito compendio probatorio, in riferimento alle
oggettive caratteristiche del parapetto mobile di cui si tratta.
10. il ricorso proposto nell’interesse di Lecchi Danilo è inammissibile.
10.1 Il primo motivo di ricorso è inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma
3, cod. proc. pen., poiché la parte introduce il tema della violazione di legge, in
riferimento agli artt. 6 e 35 d.lgs. n. 626/1994, che non risulta dedotto con i motivi
di appello. Ed invero, l’esame dell’atto di appello evidenzia che l’esponente ebbe a
svolgere censure in fatto, relative al ruolo assunto dalla Ovas nella progettazione e
nella installazione del cancello, senza devolvere ai giudici del gravame il tema della
violazione delle norme citate.
10.2 Le questioni affidate al secondo motivo di ricorso sono inammissibili.

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Tosco aveva l’obbligo di verificare la corrispondenza ai requisiti di legge dei

Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, invero, il vizio
logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo
della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite
nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze
processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità “deve essere limitato
soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza
spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del

processuali” (in tal senso, “ex plurimis”, Cass. Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep.
10.01.1996, Rv. 203272).
Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato
altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali, hanno precisato che esula dai
poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti
a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al
giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera
prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997,
dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la
modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio
2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può
esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di
legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o
valutazione dei fatti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006,
dep. 23.05.2006, Rv. 234109).
Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si
risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del
23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in
data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).
10.2.1 Così delineato l’orizzonte dello scrutinio di legittimità, deve osservarsi
che la Corte di Appello di Torino ha sviluppato un conferente percorso
argomentativo, privo di fratture logiche od incongruenze rilevabili in questa sede. Il
Collegio ha, tra l’altro, evidenziato che la mancanza della staffa a “Z” ed il
montaggio esterno del cancelletto era certamente riferibile alla Ovas. Oltre a ciò, il
Collegio ha chiarito che la Ovas si era ingerita direttamente nella progettazione ed
esecuzione correlata al progetto, attraverso il tecnico Bosisio. Sulla scorta di tali
rilievi, la Corte distrettuale ha quindi considerato che sussiste una grave incidenza
della cooperazione da parte della Ovas, nella persona dell’imputato Lecchi, rispetto
10

merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni

alla causazione dell’evento, poiché il predetto agì con negligenza ed imprudenza
nello svolgimento dei compiti affidatigli dal Tosco.
10.3 II terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Si osserva che la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato
argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto
concerne la determinazione del trattamento sanzionatorio. E’ appena il caso di
considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle

riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti
punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n.
9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano
frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n.
26908, Rv. 229298). Si tratta di evenienza che certamente non sussiste nel caso di
specie. La Corte di Appello ha infatti considerato che non era possibile qualificare
come minima la partecipazione del Lecchi all’evento, atteso che l’errata
progettazione del manufatto era risultata concausa determinante; e che non
potevano essere riconosciute le attenuanti generiche, considerati i parametri di cui
all’art. 133 cod. pen., non essendo stato offerto il risarcimento del danno.
11. Il ricorso proposto nell’interesse di Bettoni Adriano è inammissibile.
11.1 Le censure che involgono l’affermazione di penale responsabilità del
Bettoni, in quanto installatore del cancello di cui si tratta, risultano inammissibili,
poiché contraddicono, in assenza di alcuna argomentata ragione di critica,
l’orientamento ripetutamente espresso sul punto dalla Corte regolatrice.
Invero, si è chiarito che la posizione di garanzia dell’installatore di un
impianto di qualsiasi genere non è limitata al mero accertamento della sua
funzionalità ma si estende ad una verifica complessiva della struttura in cui
l’impianto è inserito con obbligo di controllo sia del funzionamento del medesimo sia
dell’assenza di situazioni di pericolo ricollegabili comunque al suo funzionamento, a
meno che questa verifica complessiva del sistema non sia stata affidata a terzi
(Cass. Sez. 4, Sentenza n. 34371 del 23/06/2004, dep. 11/08/2004, Rv. 229088).
Ebbene, la Corte territoriale ha specificamente rilevato che Bettoni aveva
proceduto al montaggio dell’opera senza valutare i rischi connessi proprio alle
concrete modalità con le quali il cancello era stato installato. E preme, altresì,
evidenziare che la Corte di Appello ha sottolineato, sviluppando un percorso
motivazionale del tutto conforme all’orientamento interpretativo ora richiamato,
11

attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto

che lo stesso imputato aveva affermato di non aver delegato nessun altro, per il
controllo della sicurezza del manufatto.
11.2 Tanto chiarito, si osserva che le ulteriori ragioni di censura, in punto di
responsabilità, risultano estranee dall’orizzonte dello scrutinio di legittimità, per le
considerazioni che si sono sopra svolte, esaminando il secondo motivo del ricorso
proposto nell’interesse dell’imputato Lecchi.
Si osserva, infine, che la sentenza impugnata non risulta censurabile

della pena. Il Collegio ha infatti considerato che l’attività dell’installatore aveva
avuto specifica rilevanza nella determinazione dell’evento, atteso che la staffa non
era stata montata e che il cancello era stato montato esternamente, anziché
all’interno. Tenuto poi conto dell’assenza di un risarcimento tempestivo e del
precedente specifico a carico del Bettoni, la Corte di merito ha effettuato una
negativa prognosi di non recidiva, ostativa al riconoscimento del richiesto beneficio.
12. Alla dichiarazione di inammissibilità di tutti i ricorsi segue la condanna
dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma
di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese
in favore delle costituite parti civili, liquidate come a dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili, che liquida
in complessivi euro 3.500,00, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma in data 12 febbraio 2014.

neppure in riferimento alla mancata concessione della sospensione condizionale

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