Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11156 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 11156 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
PALLHUBER HAYMO

n.il 27.11.1972

avverso la sentenza n. 224/2012 della Corte d’appello di Trento sezione distaccata di Bolzano – dell’8.11.2012.
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 12 dicembre 2013 la relazione fatta
dal Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Francesco Salzano
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

L’avv. Tschurtschenthaller Ivo, difensore dell’imputato, chiede
l’accoglimento dei motivi del ricorso.

Data Udienza: 12/12/2013

RITENUTO IN FATTO
PALLHUBER Haymo ricorre per cassazione avverso la sentenza, in data
8.11.2012, della Corte d’appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano -di
conferma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal GUP del
locale Tribunale il 13.01.2011 in ordine al delitto di omicidio colposo aggravato
dalla violazione delle norme sulla disciplina stradale.
In breve il fatto come delineato nel capo d’imputazione e ritenuto dai giudici del

Il 20.04.2009 l’imputato, nel percorrere alla guida dell’autocarro IVECO Magirus
TG CH 379 Kt via Monghezzo con direzione di marcia Casteldarne-Monghezzo,
all’uscita di una curva destrorsa, approfittando di un brevissimo tratto rettilineo
con strada leggermente più ampia (mt. 5,10), sorpassava il ciclomotore Piaggio
Liberty Tg. X”MT5D, condotto da Testor Josef, che procedeva molto lentamente
in ragione della pendenza del 16 % della strada, cagionava durante il sorpasso, o
immediatamente dopo, la caduta del Testor che, a seguito delle ferite riportate,
decedeva dopo qualche giorno.
Il Giudice di primo grado, premesso che in fatto, sulla scorta della relazione del
consulente del P.M., era rimasto acquisito che nella manovra di sorpasso tra
l’autocarro ed il motociclo vi era stato un contatto (sia pure lieve) all’altezza
.4″,. O

dello specchietto retrovisore del secondo e del terzo asse del rineztp, circostanza,
per altro, già affermata sia dal guidatore dell’autocarro che dal Testor
nell’immediatezza dei fatti, individuava i profili di colpa nella condotta di guida
del camionista nel non aver prestato la dovuta attenzione durante la manovra di
sorpasso, così come prescrive l’art. 148, comma 2 del C.d.S..
La Corte d’appello, nel fare proprio l’impianto motivazionale della sentenza di
primo grado i ha ritenuto infondati i motivi di appello.
Con il primo motivo il ricorrente chiede dichiararsi la nullità della sentenza
impugnata per la mancata designazione del consigliere relatore e dell’
individuazione dell’estensore della sentenza nel verbale di udienza innanzi alla
Corte d’appello dell’8.11.2012. Si osserva che tali omissioni, oltre a costituire
una nullità dello stesso verbale, concretizzano una palese violazione del diritto
dell’imputato a conoscere il nome del suo giudice naturale, diritto garantito dalla
Costituzione.
Con il secondo motivo si chiede dichiararsi la nullità della sentenza per essere
stata omessa da parte della Corte distrettuale la dichiarazione di contumacia

merito.

dell’imputato essendo stata annotata a verbale solo la sua mancata
comparizione.
Si denuncia, con il terzo motivo, violazione di legge per la mancata apposizione
della sigla da parte del consigliere estensore led fogli intercalari della sentenza.
Si espone che la sentenza è nulla i non solo per la mancata sottoscrizione da parte
dell’estensore come richiesto dall’art. 546 lett g) c.p.p. / rna anche per la mancata
siglatura delle pagine della stessa, si richiama sul punto la sentenza di questa
Corte n. 8433 del 30.07.1991.

motivazione è solo apparente, redatta per relationem priva di qualsiasi esame e
valutazione dei motivi posti a base dell’appello.
In particolare, sulla dinamica del sinistro, si denuncia un travisamento dei fatti
o, comunque una loro contraddittoria valutazione.
/
Con riguardo al contatto individuato dal consulente del P.M. tra l’autocarro ed il
motociclo si evidenzia che, immediatamente dopo il verificarsi dell’incidente / le
FF.00. intervenute non avevano rilevato alcunché sui due mezzi, ed il motociclo,
poi sottoposto a perizia, fu sequestrato dal P.M. dopo due mesi dal sinistro. Non
si è tenuto in alcun conto dei rilievi sull’argomento del consulente di parte circa
l’individuazione del punto di contatto.
Inoltre, non è stato rilevato e neppure localizzato né il punto di caduta del
ciclomotore né il punto in cui il motociclista avrebbe perso l’equilibrio. Eppure,
/
immotivatamente, il giudice di primo grado ravvisa quest’ultimo punto
esattamente a 25 mt dall’inizio del rettilineo, ove effettivamente la larghezza di
carreggiata misura mt. 5,10.
Con riferimento alla ritenuta velocità del ciclomotore (Kmh 15) essa è del tutto
deduttiva e non attendibile, perchè conseguente ad una lettura ed
interpretazione del disco cronotachigrafico da parte del consulente del P.M.
soggettiva ed errata. Da un’esatta lettura deig stessremerge che il ricorrente in
accelerazione in salita ha raggiunto il ciclomotore quasi all’uscita della curva
destrorsa a visuale libera e, verificata l’assenza di veicoli provenienti in senso
contrario, senza aver prima decelerato, ha perseverato nella sua andatura in
accelerazione ponendosi al sorpasso del ciclomotore ad una velocità di 27 Km/h.
Relativamente all’individuazione del punto di caduta del ciclomotore, considerato
che i verbalizzanti non hanno trovato tracce idonee a localizzarlo, è stato
indicato genericamente nel tratto rettilineo, per cui non si conosce l’esatta

15W

Con il quarto motivo si denuncia vizio di motivazione. Si espone che la

larghezza della carreggiata e la reale distanza laterale tra i due veicoli sul tratto
rettilineo a larghezza variabile.
Con il quinto motivo si denuncia violazione di legge nella specie dell’art. 148
del C.d.S.. Si argomenta che gli elementi analizzati, certamente non coincidenti
con quelli evidenziati dai giudici, contraddicono la conclusione cui essi sono
pervenuti e che cioè “tutta la manovra stessa non poteva essere completata con
le indispensabili condizioni di sicurezza”, dove, invece, esisteva visibilità, spazio
per iniziare e portare a termine la manovra di sorpasso, sussistendo sufficiente

lungo. Dunque, la causa dell’incidente è da attribuire esclusivamente all’imperizia
di guida del motociclista che ha perso autonomamente il governo del proprio
veicolo sino a cadere a terra senza venire urtato dall’autocarro.

RITENUTO IN DIRITTO
I motivi esposti, di cui alcuni non consentiti in sede di legittimità, ed altri
infondati, determinano il rigetto del ricorso.
Quanto alle censure aventi ad oggetto violazioni procedurali, con riguardo al
primo motivo se ne rileva la manifesta infondatezza considerato che la
designazione del consigliere relatore ha un’incidenza puramente formale in
quanto è demandata al Collegio, quale organo di amministrazione della giustizia,
la decisione della causa, ed il giudice naturale, cui fa riferimento il ricorrente, è
appunto l’organo collegiale e non il singolo magistrato che lo compone.
Manifestamente infondata è altresì l’ulteriore censura sul punto atteso che in
sentenza oltre all’indicazione del nome dell’estensore vi è anche la sua
sottoscrizione.
Manifestamente infondata è pure la censura, oggetto del terzo motivo, essendo
già stato affermato da questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 33029 del 13.07.2012,
rv. 253432) che, in tema di sentenza collegiale, la mancanza della sigla del
giudice estensore su uno solo dei fogli del provvedimento non determina alcuna
nullità, configurando una mera irregolarità, atteso che la siglatura delle pagine
da parte dell’estensore non rientra tra quegli elementi la cui mancanza, ai sensi
del terzo comma dell’art. 546 c.p.p. f determinano la nullità del provvedimento.
Il secondo motivo è anch’esso destituito di fondamento atteso che la omessa
dichiarazione, nel verbale di udienza, della contumacia dell’imputato, ancorché
sia stata annotata la sua mancata presenza, concerne una irregolarità
puramente formale in quanto non sono stati, nella sostanza, lesi i diritti di difesa

distanza laterale tra i due mezzi e risultando il tratto rettilineo sufficientemente

dell’imputato in relazione alla sua condizione di contumace, ed, infatti, sotto tale
profilo, il motivo si rileva generico mancando l’indicazione di quali effetti
pregiudizievoli per l’imputato abbia comportato la eccepita irregolarità. In tema,
questa Corte ha già affermato (Sez. 4, Sentenza n. 41981del 15 11.2006, rv.
235543) che la mancata dichiarazione di contumacia, in presenza dei
presupposti del giudizio contumaciale (assenza di un legittimo impedimento
dell’imputato), non è causa di nullità della sentenza, in quanto si tratta di nullità
non prevista specificamente dall’ordinamento e non riconducibile al novero delle

pregiudizievole ai fini dell’intervento e dell’assistenza dell’imputato.
Venendo alla trattazione del quarto e quinto motivo, aventi ad oggetto il
denunciato vizio di motivazione, si ricorda che il riferimento, contenuto nell’art.
606 c.p.p., comma 1, lett. e), al “testo” del provvedimento impugnato, riduce il
sindacato di legittimità sulla motivazione nei confini di una verifica limitata alla
coerenza strutturale della sentenza, in se e per se considerata.
La Corte d’appello si è riportata completamente, facendole proprie , alle
argomentazioni in fatto ed in diritto della sentenza di primo grado.
Come è stato più volte affermato da questa Corte, quando le sentenze di primo
e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di
prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale
della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico
complessivo corpo argomentativo, sicché è possibile, sulla base della
motivazione della sentenza di primo grado colmare eventuali lacune della
sentenza di appello.
Siffatto principio va riaffermato e condiviso, con la precisazione che
l’integrazione delle motivazioni tra le conformi sentenze di primo e secondo
grado è possibile soltanto se nella sentenza d’appello sia riscontrabile un nucleo
essenziale di argomentazione, da cui possa desumersi che il giudice del secondo
grado, dopo avere proceduto all’esame delle censure dell’appellante, ha fatto
proprie le considerazioni svolte dal primo giudice.
Più specificamente, va rilevato che l’ambito della necessaria autonoma
motivazione del Giudice d’appello risulta correlato alla qualità e alla consistenza
delle censure rivolte dall’appellante. Se questi si limita alla mera riproposizione
di questioni di fatto già adeguatamente esaminate e correttamente risolte dal
primo giudice, oppure di questioni genetiche, superflue o palesemente
inconsistenti, il giudice dell’impugnazione ben può motivare per relazione e
30″

nullità di ordine generale, considerato che essa non importa alcun effetto

trascurare di esaminare argomenti superflui, non pertinenti, generici o
manifestamente infondati.
Quando invece le soluzioni adottate dal Giudice di primo grado siano state
specificamente censurate dall’appellante, sussiste il vizio di motivazione,
sindacabile ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e, se il giudice del gravame si
limita a respingere tali censure e a richiamare la contestata motivazione in
termini apodittici o meramente ripetitivi, senza farsi carico di argomentare sulla
fallacia o inadeguatezza o non consistenza dei motivi di impugnazione.

sopra indicati, è però assolutamente necessario, per il caso di specie, verificare
che la posizione dell’imputato risulti essere stata specificamente considerata e
che i motivi d’appello siano stati esaminati e valutati, sia pure per ritenerli
inconferenti o infondati.
Orbene, il giudice di appello, sul k precisato punto di doglianza ‘ posto a base del
gravame di merito, relativamente alla ricostruzione del sinistro stradale, ha
esposto le ragioni, con riferimento a specifici elementi probatori, per cui deve
ritenersi effettivamente avvenuto il contatto, sia pure lieve, tra il camion,
guidato dall’imputato, ed il ciclomotore con a bordo la persona offesa, che ha
comportato la perdita di equilibrio di quest’ultimo e la sua conseguente caduta.
Dunque, la Corte d’Appello ha indicato con puntualità, chiarezza e completezza
tutti gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della decisione adottata,
facendo proprio l’impianto argomentativo della sentenza di primo grado, ma
recependolo in maniera analitica, persuasiva e scevra da vizi logici, confutando
la diversa valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dalla difesa
dell’imputato.
E’ da rilevare, infatti, che la tesi oggetto dei motivi del presente ricorso, sotto
una veste meramente fattuale, già era stata sottoposta all’esame della Corte
d’Appello, la quale, puntualmente, ha considerato la diversa ricostruzione del
fatto offerta dall’imputato.
E, non c’è chi non veda come i motivi addotti dal ricorrente ineriscono tutti,
anche se diversamente modulati, alla ricostruzione del sinistro sulla base di una
diversa valutazione degli elementi probatori, ancorché scarni (la Corte
rammenta che non vi sono testimoni oculari dell’incidente) , evidenziati, dai
giudici del merito.

Ribadita pertanto la legittimità della motivazione per relationem, nei termini

E’ indubbio lo sforzo argomentativo profuso per far rientrare nella previsione
normativa dell’art. 606 lett. e) c.p.p. quella che è una mera valutazione del
fatto.
Ricorda il collegio, in punto di connotati dei vizi di motivazione deducibili in sede
di legittimità ex articolo 606, comma 1, lettera e, cod. proc. pen. che è
inammissibile il motivo di ricorso che si risolva nella prospettazione di una
diversa lettura del contesto probatorio, in quanto la Cassazione non è giudice
delle prove, non deve sovrapporre la propria valutazione a quella che delle

controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se
questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano
dato esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, se
nell’interpretazione del materiale istruttorio abbiano esattamente applicato le
regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in
tema di valutazione delle prove; in modo da fornire la giustificazione razionale
della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (confr. Cass. Sez.
Un. 29 gennaio 1996, n. 930; Cass. Sez. I, 4 novembre 1999, n. 12496): il vizio
di motivazione denunciabile ex art. 606, comma I, lettera e) non può cioè
consistere nella mera deduzione di una valutazione del contesto probatorio
ritenuta dal ricorrente più adeguata (Cass. pen., sez. V, 4 ottobre 2004,
n.45420),’ ma deve essere volto a censurare l’inesistenza di un plausibile e
coerente apparato argomentativo a sostegno della scelta operata in dispositivo
dal giudicante.
Quanto a tutte le argomentazioni difensive, si concorda con la Corte del merito
laddove, avendo ritenuto come avvenuto e provato il contatto tra il camion ed il
ciclomotore, ha tralasciato di considerare tutte le altre circostanze relative alla
esatta individuazione del punto in cui è avvenuto tale contatto o quello di caduta
del ciclomotore che non assumono rilievo nella ricostruzione della dinamica
dell’incidente, essendo evidente la violazione da parte del PALLHUBER della
norma comportamentale prevista dall’art. 148 del C.d.S. che impone
determinate cautele nella manovra di sorpasso.
E proprio in riferimento alla condotta di guida dell’imputato, si concorda, altresì,
con la Corte bolzanina nell’avere escluso, nella causazione dell’incidente il
comportamento anomalo di guida del conducente del ciclomotore come descritto
dalla Difesa (procedeva zigzagando), in quanto, ancorché tale comportamento
fosse rimasto provato (sul punto vi sono le sole dichiarazioni spontanee rese dal
-22

stesse hanno fatto i giudici di merito, ma deve stabilire – nell’ambito di un

PALLHUMBER ai Carabinieri prontamente intervenuti sul posto( v. sentenza
impugnata a pag. 3), il guidatore del camion avrebbe dovuto adottare una
maggiore attenzione, in quanto, essendosi accorto di tale condotta di guida,
avrebbe dovuto prevenire la possibilità di un urto tra il proprio veicolo ed il
ciclomotore, anche al di là dell’osservanza della norma comportamentale di cui
all’art. 148 del C.d.S..

I conducenti, infatti, rimangono vincolati all’obbligo del

neminem laedere, che caratterizza i casi di affermazione di responsabilità per reati

indipendentemente dall’eventuale disciplina legislativa della condotta posta in essere,
la violazione di tale principio, anche se non sanzionata dalla legge, costituisce pur
sempre colpa per imprudenza e determina responsabilità penale in caso di morte o
lesioni .
Questa Corte ha infatti, statuito che l’osservanza delle norme precauzionali scritte fa
venir meno la responsabilità colposa solo quando esse siano esaustive delle regole
prudenziali realisticamente esigibili rispetto a quella specifica attività o situazione
pericolosa. Può invece residuare una colpa generica quando tali norme siano non
esaustive delle regole precauzionali adottabili e, perciò, l’agente debba rispettare
anche regole cautelari non scritte.
E’ questo, appunto, il caso delle norme sulla circolazione stradale ove l’adempimento
non esaurisce i doveri del conducente.
Al rigetto del ricorso se9ueondanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 12 dicembre 2013.

colposi contro la vita e l’incolumità individuale, con la conseguenza che /

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