Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11155 del 06/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11155 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HAYYAT SIKANDER N. IL 15/02/1987
avverso la sentenza n. 34/2013 CORTE APPELLO di ANCONA, del
31/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

9s29a—z2.

Uditi difensor Avv.;

‘.-e/i-Jo

4′ •

Data Udienza: 06/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 31 gennaio 2014, la Corte d’Appello di Ancona ha ordinato la
consegna all’Autorità Giudiziaria della Repubblica dell’Austria di Hayyat Sikander,
in forza di mandato di arresto europeo (MAE) emesso in data 15 luglio 2013
dall’Autorità Giudiziaria austriaca (segnatamente dalla Procura della Repubblica
di Vienna). Nel provvedimento impugnato, la Corte territoriale ha dato conto del
fatto che, all’udienza del 6 dicembre 2013, l’arrestato è stato identificato ed ha

applicata nei confronti dello stesso la misura della custodia in carcere. Il giudice
d’appello ha evidenziato come i gravi indizi di colpevolezza emergano dal
contenuto dei rapporti redatti dal servizio della polizia giudiziaria regionale del
Burgenlend e come l’eccezione difensiva formulata con riferimento alla mancata
indicazione dei termini massimi di carcerazione preventiva risulti del tutto
generica, richiamando sul punto la giurisprudenza della Corte di cassazione
quanto all’onere dell’interessato di allegare o quantomeno indicare i testi
normativi su cui si fonda l’eccezione. Il giudice a quo ha quindi rilevato che
sussistono tutti presupposti per addivenire ad una pronuncia favorevole
all’accoglimento della richiesta di consegna avanzata dallo Stato austriaco, con
specifico riguardo al rispetto del principio della doppia incriminazione; che si
verte in un’ipotesi di consegna obbligatoria ai sensi dell’articolo 8 comma 1 lett.
o) legge n. 69 del 2005 e che non sussiste una situazione ostativa alla consegna
in relazione alla richiesta di protezione internazionale avanzata dallo straniero in
data 19 settembre 2013, in quanto, ai sensi dell’articolo 7 comma 2 lett. a)
D.Lvo n. 25 del 2008 e successive modifiche, essa non può essere accordata a
coloro che debbano essere estradati verso altro Stato in virtù degli obblighi
previsti da un mandato di arresto europeo.

2.

Avverso il provvedimento ha presentato personalmente ricorso Hayyat

Sikander, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
2.1. Inosservanza ed erronea applicazione della legge,

con riguardo

all’articolo 18 lett. e) legge n. 69 del 2005, non avendo la Corte d’appello
verificato la mancanza di una previsione di limiti massimi della carcerazione
preventiva nell’ordinamento dello Stato richiedente. Sul punto, il ricorrente ha
rimarcato come, avuto riguardo alla ratio della normativa, l’onere di verificare la
sussistenza di tutte le condizioni per procedere alla consegna allo Stato estero ivi inclusa quella concernente la previsione di limiti massimi della custodia
cautelare – deve ritenersi posto a carico della Corte d’appello e non del
ricorrente.
2

negato il consenso alla consegna e che, all’esito della medesima udienza, è stata

2.2. Inosservanza ed erronea applicazione della legge,

con riguardo

all’articolo 6 lett. e) legge n. 69 del 2005, non avendo la Corte d’appello
verificato la presenza degli allegati al mandato di arresto europeo, ritenendo
erroneamente sussistente tutta la documentazione indicata, invece incompleta.

3. All’udienza camerale, il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato.
Con riguardo al primo motivo di doglianza, il Collegio non può non
richiamare il principio già affermato da questa Corte, alla stregua del quale, in
tema di mandato di arresto europeo, ai fini della configurabilità della condizione
ostativa prevista dall’art. 18, lett. e), legge n. 69 del 2005 – che impone il rifiuto
della consegna qualora la legislazione dello Stato membro di emissione non
preveda “limiti massimi della carcerazione preventiva” -, non è sufficiente
eccepire genericamente l’assenza di una normativa estera al riguardo,
incombendo sul ricorrente l’onere di allegare o, quanto meno, indicare i testi
normativi da cui derivi tale mancata previsione nella legislazione dello Stato di
emissione (Sez. 6, n. 13066 del 20/03/2013, Rv. 254769). Come si è osservato
in detta pronuncia, all’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione non è infatti
imposto il dovere di seguire pedissequamente il ricorrente in ogni sua astratta
prospettazione, perché in tal caso la procedura sarebbe ancora più defatigante
rispetto a quella da osservarsi in base al regime estradizionale; e non sono
questi lo spirito o la lettera della citata decisione-quadro ne’ della L. n. 69 del
2005, dichiaratamente attuativa della prima (v. art. 1, comma 1, di detta legge)
(Cass. Sez. n. 13066/2013, cit.).

ricorso, mentre il difensore ha insistito per raccoglimento del ricorso.

In ogni caso, non si può non rimarcare che, come ha già avuto modo di
affermare questa Corte in un precedente arresto, la condizione ostativa prevista
dall’art. 18 della legge n. 69 del 2005 non ricorre in relazione ad un mandato di
arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria austriaca, poiché il codice di
procedura penale austriaco prevede limiti massimi per la custodia cautelare per
la fase delle indagini preliminari e, una volta iniziato il dibattimento, un sistema
di periodica verifica da parte del giudice della sussistenza delle ragioni
giustificatrici del permanere della custodia (Sez. 6, n. 12405 del 20/03/2007,
Marchesi, Rv. 235907). Il sistema processuale austriaco, Ciackelewe=-~,A ir_

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-eettc~r—pfiffie—emeld, offre dunque “garanzie equivalenti” rispetto a quelle
derivanti dal nostro sistema di termini di durata massima della custodia. Il che
esclude la sussistenza della citata condizione ostativa, in linea con i principi
affermati da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4614 del
30/01/2007, Rv. 235351).

2. Il secondo motivo di doglianza si appalesa del tutto generico, essendosi il
ricorrente limitato ad eccepire l’incompleta trasmissione alla Corte territoriale

senza in alcun modo specificare gli atti in ipotesi non trasmessi. Fra l’altro,
trattasi di censura non dedotta innanzi alla Corte territoriale, innanzi alla quale il
ricorrente aveva rilevato solo la necessità che la verifica dell’Autorità Giudiziaria
italiana non si limiti ad controllo formale in ordine alla sussistenza dei gravi indizi
di colpevolezza.
Al riguardo, il Collegio non può non richiamare l’insegnamento espresso da
questa Corte anche a Sezioni Unite secondo cui, ai fini della “riconoscibilità” del
presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, l’autorità giudiziaria italiana deve
limitarsi “a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli
elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che
l’autorità giudiziaria emittente ha ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato
commesso dalla persona di cui si chiede la consegna”, giacché “il presupposto
della ‘motivazione’ del mandato di arresto cui è subordinato l’accoglimento della
domanda di consegna (artt. 1 comma 3 e 18 comma 1, lett. t, della legge n. 69
del 2005), non può essere strettamente parametrato alla nozione ricavabile dalla
tradizione giuridica italiana (esposizione logico-argomentativa del significato e
delle implicazioni del materiale probatorio)”. Occorre dunque rilevare soltanto
che “l’autorità giudiziaria di emissione dia ‘ragione’ del mandato di arresto, il che
può realizzarsi” “anche attraverso la puntuale allegazione delle evidenze fattuali
a carico della persona di cui si chiede la consegna”, realizzandosi in ciò il
“controllo sufficiente” demandato all’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione
dal Considerando n. 8 della decisione-quadro (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4614
del 30/01/2007, Rv. 235351; Cass. Sez. 6, del 23/09/2005, Ilie Petre).
Orbene, nel caso di specie l’Autorità Giudiziaria austriaca ha dato conto, nel
mandato d’arresto europeo, della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza
sulla base delle risultanze dei rapporti redatti dal servizio della polizia giudiziaria
regionale del Burgenland, evidenziando che da essi si evince come Hayyat sia
fortemente indiziato di avere, quale membro di un’organizzazione criminale in
concorso con altri soggetti, almeno dalla primavera 2013, promosso l’ingresso
clandestino di stranieri, per lo più cittadini pakistani, in uno Stato membro
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della documentazione d’indagine su cui si fonda il giudizio di gravità indiziaria,

dell’Unione – precisamente in Austria attraverso l’Ungheria -, con l’intenzione di
arricchire illegittimamente se stesso e terzi con il corrispettivo a tale titolo
pagato dagli stranieri, nonché di avere accompagnato personalmente al valico di
frontiera un numero ancora da accertarsi di stranieri ed organizzato il loro
passaggio clandestino successivo verso altri Stati dell’Europa occidentale, in
treno o in auto. Gli elementi esposti dall’autorità emittente devono ritenersi
ampiamente idonei a sorreggere la richiesta di consegna: le informazioni in
ordine ai fatti addebitati alla persona richiesta – con riferimento al luogo dei

mandato d’arresto e nel provvedimento interno adottato dall’autorità richiedente,
vanno infatti a comporre un quadro indiziario complessivo tale da giustificare la
legalità del provvedimento adottato dalle autorità dello Stato richiedente.
In conclusione, sussistono le condizioni perché possa essere dato corso alla
consegna di Hayyat.

3. Giusta l’inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 616 c.p.p., il
ricorrente va condannato, oltre che al pagamento delle spese del procedimento,
anche a versare una somma, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende, non ricorrendo le condizioni per ritenere che
il ricorrente abbia proposto il ricorso versando in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità come statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza
n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e
a quello della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22,
comma 5.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2014.

commessi reati nonché alla qualificazione giuridica degli stessi – contenute nel

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