Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11154 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 11154 Anno 2014
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato dal
Centro Servizi 2000 s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore

avverso l’ordinanza del 06/08/2013 del Tribunale di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per la società ricorrente l’avv. Antonino Favazzo, che ha concluso
chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Messina, adito ai sensi dell’art.
322 cod. proc. pen., confermava il provvedimento del 09/07/2013 con il quale il
Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva disposto
l’applicazione della misura cautelare reale del sequestro preventivo delle somme

Data Udienza: 12/02/2014

di denaro esistenti sui conti correnti intestati alla società Centro Servizi 2000
s.r.I., fino alla concorrenza di euro 447.500, nonché dell’immobile sito in Messina
al viale Principe Umberto 89, di proprietà della medesima società.
Rilevava il Tribunale come, in presenza di gravi indizi di colpevolezza a carico
di Chiara Schirò, legale rappresentante della società sopra richiamata, in
relazione ai reati di cui agli artt. 416 cod. pen.; 81, 110, 314 cod. pen.; 61 n. 2,
81 e 640 bis cod. pen., – per avere fatto parte di un’associazione per delinquere
finalizzata alla commissione di una pluralità di reati di peculato e truffa

della presentazione di progetti di corsi e del successivo deposito di
documentazione mendace; nonché per avere concorso nella consumazione dei
relativi anzidetti reati fine – gravi indizi che, sia pure con la riqualificazione dei
fatti oggetto di addebito rubricati ai sensi dell’art. 314 cod. pen. in termini di
truffa aggravata, avevano consentito di applicare alla predetta indagata la
misura cautelare personale degli arresti domiciliari, vi fossero le ragioni per
disporre il sequestro preventivo di quelle somme di denaro e di quell’immobile,
sia a norma dell’art. 321 cod. proc. pen., che a mente del combinato disposto
degli artt. 19 e 53 d.lgs. n. 231 del 2001, nella fattispecie applicabile nei riguardi
di quella impresa collettiva iscritta al registro degli indagati per la responsabilità
amministrativa dell’ente derivante da reato.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso la società Centro Servizi 2000,
in persona del suo legale rappresentante pro tempore, la quale, con atto
sottoscritto dai suoi difensori, ha dedotto i seguenti quattro motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125 e 321 cod. proc. pen., 240,
322 ter e 644 ter cod. pen., per avere il Tribunale del riesame motivato la
sequestrabilità delle somme indicate sulla base della obbligatoria applicazione
della misura reale ai sensi del citato art. 322 ter cod. pen., benché nella
motivazione i fatti contestati dal P.M. in termini di peculato fossero stati
riqualificati dal Collegio in termini di truffa aggravata.
2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125 e 321 cod. proc. pen., 240,
322 ter e 644 ter cod. pen., per avere il Tribunale di Messina omesso di verificare
la difformità tra l’ammontare del profitto ritenuto illecito ed il valore, di gran
lunga superiore, dei beni assoggettati al vincolo reale.
2.3. Violazione di legge, in relazione all’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc.
pen., per non essere stata l’esecuzione del decreto di applicazione del sequestro
preventivo preceduta dalla notifica dell’informazione di garanzia, così
comportando un vulnus al diritto di difesa della società interessata, non essendo
sufficiente la notificazione del provvedimento al difensore dell’impresa collettiva.

2

aggravata, commessi mediante il percepimento di denaro pubblico a seguito

2.4. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125, 275 e 321 cod. proc. pen.,
per avere il Tribunale slia no confe ato il provvedimento applicativo del
g
sequestro preventivo anche a; canoni nel tempo incassati dalla locazione
dell’immobile, benché di quest’ultimo sia stato consentito l’utilizzo da parte della
società proprietaria.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.
Costituiscono ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte i principi per i

costituzione di una società nel procedimento a suo carico se sottoscritto dal
rappresentante legale incompatibile, perchè contestualmente indagato per il
reato presupposto della suddetta responsabilità (così, da ultimo, Sez. 6, n.
29930 del 31/05/2011, Ingross Levante Spa, Rv. 250432); e l’esercizio dei diritti
di difesa da parte dell’ente in qualsiasi fase del procedimento a suo carico è
subordinato all’atto formale di costituzione a norma dell’art. 39 d.lgs. n. 231 del
2001 (in questi termini Sez. 6, n. 15689 del 05/02/2008, Soc. a r. I. A.R.I.
International, Rv. 241011).
Applicando tali regulae iuris al caso concreto bisogna rilevare l’inammissibilità
del ricorso presentato dalla Centro Servizi 2000 s.r.l. avverso la considerata
ordinanza di conferma del decreto di sequestro preventivo adottato a norma del
d.lgs. n. 231 del 2001, tenuto conto che, per un verso, manca una formale
dichiarazione di costituzione di tale impresa collettiva che doveva essere
formulata ai sensi dell’art. 39, comma 2, d.lgs. cit.; per altro verso, risulta dagli
atti – e la circostanza è stata confermata oggi in udienza dal difensore della
società ricorrente – che il mandato difensivo per proporre il ricorso è stato
conferito dal legale rappresentante di quella società che, in quel momento, si
trovava in una situazione di incompatibilità in quanto indagato, come persona
fisica, nell’ambito del medesimo procedimento in relazione ad un reato
presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento ed al pagamento in favore della cassa
delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.
P.Q.M.

3

quali, in tema di responsabilità da reato degli enti, non è valido l’atto di

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso il 12/02/2014

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