Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11134 del 09/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 11134 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GANGAI IVAN N. IL 10/07/1976
avverso l’ordinanza n. 838/2012 TRIBUNALE di TORINO, del
06/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 6 x ‘1052
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 09/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza resa in data 6 febbraio 2013 il G.E. del Tribunale di Torino
rigettava l’istanza tesa ad ottenere l’applicazione della continuazione proposta
nell’interesse di Gangai Ivan.
Tale istanza riguardava l’ipotesi di riconoscibilità del medesimo disegno
criminoso tra i fatti giudicati con diverse sentenze emesse tra il 2001 ed il 2007.
Ad avviso del G.E. non si ravvisano indici rivelatori della medesimezza del
disegno criminoso, pur in presenza di acclarata condizione di tossicodipendenza,

nonchè in virtù della diversa tipologìa dei reati commessi, tra cui un delitto di
omicidio.

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo
del difensore – Gamgai Ivan deducendo vizio di motivazione, anche in rapporto
alla disciplina normativa di riferimento.
A parere del ricorrente la motivazione del rigetto non prende realmente in esame
i contenuti delle diverse decisioni e si mostra pertanto meramente apparente
nonchè contraddittoria.
Le violazioni poste in essere, nel corso del tempo, dal Gangai sarebbero correlate
alla dimostrata tossicodipendenza ed avrebbero tutti i caratteri cui la
giurisprudenza di questa Corte ricollega il riconoscimento del medesimo disegno
criminoso.
Peraltro in alcuni casi si trattava di decisioni già oggetto di tale riconoscimento, il
che comportava l’obbligo di motivare in maniera ‘rafforzata’ l’eventuale decisione
di diniego.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono.
1.1 Va premesso che, in via generale, nella applicazione della disciplina del
reato continuato ai sensi dell’art. 81 comma 2 cod. pen, è necessario che il
giudice di merito – attraverso un approfondito esame delle modalità di
realizzazione delle diverse violazioni commesse – apprezzi e argomenti la sua
scelta circa l’esistenza o meno di precisi indici rivelatori tali da sostenere la
decisione in tema di unicità del disegno criminoso.
Per tale va intesa la rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle
diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del
soggetto agente, sì da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni

attesa la ampiezza degli intervalli temporali intercorsi tra le varie violazioni

criminose ed in tal modo giustificandosi la valutazione di ridotta pericolosità
sociale che giustifica il trattamento sanzionatorio più mite rispetto al cumulo
materiale (ex multis Sez. I n. 40123 del 22.10.2010, rv 248862) .
Sul punto, la copiosa elaborazione giurisprudenziale – maturata in questa sede di
legittimità – nel prendere atto di una impossibilità di prova diretta di un
fenomeno psichico e deliberativo ha individuato i possibili «indici rivelatori» della
preordinazione nella ridotta distanza cronologica tra i diversi fatti, nelle concrete
modalità della condotta, nella medesimezza del bene tutelato, nell’

violazioni, aggiungendo che risulta possibile valorizzare anche soltanto alcuni di
detti elementi purchè significativi (Sez. I n. 44862 del 5.11.2008, rv 242098).
Particolare rilievo, al fine di ritenere sussistente la «preordinazione di fondo»
idonea a cementare le singole violazioni, va in ogni caso assegnato al criterio
«temporale» posto che lì dove l’intervallo tra le violazioni sia consistente – anche
in presenza di reati omogenei – va presunta, salvo prova contraria, l’assenza di
una progettazione unitaria e va negato il riconoscimento della continuazione (in
tal senso Sez. I n. 3747 del 16.1.2009, rv 242537).
Inoltre va ricordato che – sempre per costante indicazione di questa Corte – la
condizione di tossicodipendenza del soggetto agente, ove dimostrata,
indubbiamente rappresenta un elemento da valutare (anche alla luce della
modifica normativa dell’art. 671 comma 1 cod. proc. pen. operata con legge n.49
del 2006) potendo fungere da «collante» tra le diverse azioni commesse, ferma
restando la necessità di riscontrare, in ipotesi di riconoscimento del vincolo, la
ricorrenza dei concreti elementi da cui poter dedurre l’effettiva preordinazione
delle violazioni (tra le altre Sez. I n.7190 del 14.2.2007, rv 235686).
Da tali insegnamenti deriva che al fine di ritenere effettivamente assolto il
dovere motivazionale è necessario che gli argomenti utilizzati nel provvedimento
che decide sull’istanza non si limitino ad indicare in astratto i profili giuridici
dell’istituto o l’esito della valutazione ma abbiano la capacità di rappresentare
l’effettivo percorso seguito al fine di riconoscere o meno la preordinazione
unitaria.
Tale considerazione, di carattere generale, comporta che lì dove la motivazione
del provvedimento non consenta di ricostruire con chiarezza le effettive ragioni
del diniego, la stessa va qualificata come «apparente» , con conseguente
annullamento del provvedimento in sede di legittimità.
1.2 Ed è questo il caso del provvedimento impugnato che, pur a fronte di una
obiettiva complessità della vicenda, caratterizzata dalla esistenza di alcune
violazioni di legge già poste in correlazione tra loro e da una condizione di
accertata tossicodipendenza, non analizza le modalità realizzative dei singoli

apprezzamento della causale e delle condizioni di tempo e luogo delle singole

reati oggetto della richiesta, non ne apprezza la medesimezza o meno di bene
giuridico aggredito, non indica la precisa tempistica dei singoli delitti.
L’unico concreto riferimento ai fatti commessi dal Gangai consiste nella
rievocazione di un delitto di omicidio – ricompreso nella serie – ma tale
indicazione non assume certo una valenza assorbente circa la valutazione
dell’intera istanza presentata.
Va infatti precisato che in sede di valutazione di una richiesta di continuazione
rferita a più decisioni irrevocabili prospettate come unificabili, il Giudice

necessaria inclusione di tutti gli episodi nell’unica determinazione voltiva e,
pertanto, ben può accogliere l’istanza in modo parziale, escludendo – in ipotesi singole violazioni che appaiono slegate dalla preordinazione iniziale.
Da ciò deriva che neanche l’ indicazione – per quanto sinora detto – del reato di
omicidio, commesso dal Gangai, come fatto di certo non correlabile ad una
preventiva deliberazione unitaria

rappresenta una motivazione idonea a
/
sostenere il rigetto della complessiva istanza.
Va pertanto disposto l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per
nuovo esame al Tribunale di Torino, in diversa composizione. In sede di rinvio,
fermo restando l’esercizio degli ordinari poteri valutativi spettanti al giudice di
merito, andranno applicati i principi di diritto sin qui esposti.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Torino, in
diversa composizione.
Così deciso il 9 dicembre 2013

dell’esecuzione non resta vincolato alla prospettazione della parte circa la

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