Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11131 del 09/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 11131 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TARRONI ANTONIO N. IL 14/12/1960
avverso l’ordinanza n. 2427/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
L’AQUILA, del 26/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. (Z..
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/12/2013

IN FATTO E IN DIRITTO
1. Con ordinanza resa il 26.2.2013 il Tribunale di Sorveglianza de L’Aquila
dichiarava inammissibile l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale in
casi particolari, formulata ai sensi dell’art. 94 dPr 309/’90 da Tarroni Antonio.
L’ordinanza risulta emessa a seguito di contraddittorio, con partecipazione del
solo difensore.
In motivazione si precisa che la declaratoria di inammissibilità è correlata al fatto
che la pena residua risulta superiore ad anni quattro ed il reato in espiazione

legge n. 354 del 1975. Da ciò la impossibilità ex lege di accedere alla misura
alternativa richiesta, non potendosi operare alcuna scissione della porzione di
pena già espiata – imputando la stessa all’aggravante – come richiesto dal
Tarroni.

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo
del difensore – Tarroni Antonio, articolando distinti motivi.
Con il primo si deduce vizio processuale ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c
cod.proc.pen. . Il Tarroni, in regime di arresti domiciliari, pur formalmente
autorizzato, su sua richiesta, a partecipare all’udienza camerate, non aveva
ricevuto notifica della autorizzazione concessa e pertanto non era stato posto in
condizioni tali da partecipare all’udienza.
Da ciò, ad avviso del ricorrente, la violazione del disposto normativo di cui all’art.
666 comma 4 cod.proc.pen., con conseguente nullità dell’ordinanza emessa.
Con il secondo si deduce intervenuta violazione della disciplina normativa di
riferimento, rappresentata dall’art. 94 dPr 309/’90.
Ad avviso del ricorrente, che non contestava il dato rappresentato dal giudicato
in esecuzione per il reato di cui all’art. 73 aggravato ai sensi dell’art. 80 dPr
309/90 con pena residua superiore a quattro anni, il Tribunale avrebbe dovuto
considerare che la porzione di pena già scontata era «imputabile» alla
circostanza aggravante di cui all’art. 80, sì da rendere possibile l’accesso alla
misura alternativa richiesta, in base al principio giurisprudenziale della
«scindibilità» del cumulo.

3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi
addotti.
Va infatti osservato che, quanto al primo motivo, la tipologìa di pronunzia
emessa dal Tribunale, di inammissibilità per difetto delle condizioni di legge, non

2

(art. 73 aggravato dall’art. 80 dPr 309/’90) rientra tra quelli previsti dall’art. 4bis

richiede – ai sensi dell’art. 666 comma 2 cod.proc.pen. – lo svolgimento del
contraddittorio camerale.
Tale conformazione normativa del potere presidenziale di dichiarare la manifesta
infondatezza dell’istanza rende – in tutta evidenza – non rilevabile l’eventuale
vizio correlato alla mancata partecipazione dell’interessato all’udienza camerale,
erroneamente fissata.
Quanto al secondo motivo, va affermato che l’elaborazione giurisprudenziale del
principio di «scindibilità» del cumulo (sulla base dell’orientamento espresso da

«scomposizione» del provvedimento di determinazione delle pene concorrenti
emesso per reati tra loro diversi e consente di realizzare l’accesso ai benefici
penitenziari lì dove risulti scontata la «frazione» di pena relativa al cd. «reato
ostativo», ma non risulta logicamente applicabile al rapporto esistente tra una
singola previsione incriminatrice e una circostanza aggravante.
Come correttamente osservato dal Procuratore Generale presso questa Corte
nella requisitoria scritta, nel caso di fattispecie aggravata, presa in
considerazione dall’art. 4bis legge n.354 del 1975 come fattispecie rilevante, ad
essere ostativa è la condanna per il delitto aggravato in quanto tale e non la
semplice aggravante che, da sola, non avrebbe alcuna autonomia fattuale e
giuridica.
Pertanto non risulta possibile compiere alcuna scissione della pena, inerente
l’unico reato oggetto del rapporto esecutivo.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in
favore della cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro 500,00 .

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di euro 500,00 a favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 9 dicembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Sez. U, n.14 del 30.6.1999, Ronga) si concentra – da sempre – sulla necessità di

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