Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11124 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11124 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
Sulla istanza ex art.625-bis cod. proc. pen. avanzata da

FEOLA Francesco, nato a S. Maria Capua Vetere il 9/10/1943
avverso la sentenza del 14/3/2013 della Corte Suprema di Cassazione, Sez.4
Penale, che ha accolto parzialmente il ricorso del sig. Feola pronunciando nel
senso di annullare la sentenza del 27 settembre 2011 della Corte di appello di
Napoli con rinvio ad altra Sezione della medesima Corte territoriale in relazione
al capo A e di rigettare i restanti motivi dell’odierno ricorrente;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
Ortnt. il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Nicola
Lettieri, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14/3/2013 la Corte Suprema di Cassazione, Sez.4
Penale, ha accolto parzialmente il ricorso del sig. Francesco Feola pronunciando
nel senso di annullare la sentenza del 27 settembre 2011 della Corte di appello
di Napoli con rinvio ad altra Sezione della medesima Corte territoriale in
relazione al capo A e di rigettare i restanti motivi dell’odierno ricorrente.

Data Udienza: 13/02/2014

2. Con atto depositato il 17/10/2013 l’avv. Angelo Santoro, difensore del sig.
Feola, sollecita ex art.625-bis cod. proc. pen. la correzione di errore sotto un
duplice profilo:
a)

per essere stato il giudizio celebrato senza che il co-difensore, avv. Pietro
Sorbo, sia stato notiziato della data di celebrazione del processo di primo
grado, questione che il Tribunale ha rigettato e alla quale la Corte di appello
non ha dato risposta, a sua volta omettendo di notiziare l’avv. Sorbo della

b)

per avere la Corte di appello omesso di applicare con effetto estensivo anche
al sig. Feola, applicato invece al coimputato Kananaj, la circostanza attenuate
della lieve entità ex art.74, comma 6, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva la Corte che la sentenza pronunciata dalla Quarta Sezione

Penale di questa Corte in data 14/3/2013 affronta in modo esplicito la doglianza
relativa ai vizi di comunicazione al co-difensore del sig. Feola e qualifica la stessa
come “aspecifica” e “manifestamente infondata”, oltre che improponibile in sede
di legittimità ex art.606, comma 3, cod. proc. pen. (pag.3), illustrando con
chiarezza le ragioni di tale giudizio. Ora, anche volendo considerare non puntuale
il giudizio con riguardo al vizio ex art.606, comma 3, cod. proc. pen., rispetto al
quale peraltro il ricorrente non chiarisce in quali termini sia stato proposto al
giudice di appello, resta il fatto che la decisione del 14/3/2013 fonda la reiezione
della censura su altri due profili (genericità e palese infondatezza) che non sono
toccati dall’odierna istanza di correzione e appaiono tali da rendere la decisione
immeritevole di intervento correttivo.
2. Quanto al secondo profilo di errore prospettato dal sig. Feola, la Corte
rileva che la sentenza del 24/3/2013 ha annullato con rinvio la condanna inflitta
a tutti i ricorrenti dalla Corte di appello in ordine al reato associativo sub A;
avendo riconosciuto “il totale difetto motivazionale in ordine alla integrazione
degli estremi del reato associativo”, la sentenza di annullamento rimette in toto
la questione al giudice di merito, in ciò ricomprendendo anche l’esame della
contraddizione relativa al mancato riconoscimento della circostanza attenuante
della lieve entità dopo avere applicato alla fattispecie l’ipotesi prevista dal
comma 6 dell’art.74, citato. L’esame specifico anche di tale profilo è stato
demandato al giudizio di rinvio ed è in quella sede che il sig. Francesco Feola
potrà far valere le proprie richieste in ordine al giudizio circa la sussistenza del
reato ex art.74, citato, e circa le ipotesi circostanziate di tale delitto.

2

celebrazione delle udienze del 28 giugno e del 27 settembre 2011;

3. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/2/2014

P.Q.M.

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