Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11120 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11120 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
– FERRU BERNARDINO n. 27/01/1965 a SESTU

avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di CAGLIARI in data 27/09/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Cons. Dott. Pietro Gaeta, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso;
udite per il ricorrente le conclusioni dell’Avv.

,

Data Udienza: 07/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 27/09/2013, depositata in data 24/10/2013, il tribunale del
riesame di CAGLIARI rigettava l’appello cautelare presentato dall’indagato FERRU
BERNARDINO con cui veniva rigettato l’appello avverso il provvedimento

sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli
arresti domiciliari.

2.

Ha proposto tempestivo ricorso il difensore – procuratore speciale

cassazionista dell’indagato FERRU, impugnando l’ordinanza predetta, deducendo
un unico motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari
per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, in particolare, l’inosservanza dell’art. 125, comma 3, c.p.p. e
l’insufficienza ed illogicità della motivazione, anche in relazione agli atti del
procedimento (artt. 606, lett. c) ed e), c.p.p.); in sintesi, si duole il ricorrente
per l’avvenuto travisamento da parte del tribunale di un atto processuale
d’indagine, rappresentato da un’intercettazione ambientale risalente al
16/06/2012 tra tale Isa Bullitta (coniuge di Roberto Palla, uno dei vertici
dell’organizzazione criminale cui sarebbe stato legato l’attuale ricorrente) ed il
marito cui la stessa, nel corso di un colloquio in carcere, avrebbe riferito di aver
ricevuto dal Ferru (indicato come “Dino”) una somma di 10.000,00 C, che
secondo i giudici, rappresentava il provento dei traffici di stupefacente, così
giustificandosi l’attualità della misura cautelare in quanto le condotte illecite
sarebbero state risalenti ad epoca inferiore all’anno rispetto all’ordinanza
genetica (emessa il 7/05/2013); che, in particolare, il dato processuale sarebbe
stato travisato in quanto, da un lato, era evidente che la donna avesse ricordato
e non riferito al coniuge di aver ottenuto in passato il denaro e, dall’altro, che i
giudici avrebbero individuato un elemento immaginifico, non essendo inequivoco
il riferimento del nome “Dino” al nome dell’indagato (Bernardino) in quanto
utilizzato anche come diminutivo di altri nomi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito esposte.

2

27/09/2013 del GIP presso il medesimo Tribunale, reiettivo della richiesta di

4. Deve premettersi che le valutazioni compiute dal giudice ai fini dell’adozione
di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo le linee
direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo giudizio
prognostico di “elevata probabilità di colpevolezza”, tanto lontano da una
sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure
presuntivo, poiché di tipo “statico” e condotto, allo stato degli atti, sui soli

Cost., sent. n. 121 del 2009, ord. n. 314 del 1996, sent. n. 131 del 1996, sent.
n. 71 del 1996, sent. n. 432 del 1995).
La specifica valutazione prevista in merito all’elevata valenza indiziante degli
elementi a carico dell’accusato, che devono tradursi in un giudizio probabilistico
di segno positivo in ordine alla sua colpevolezza, mira, infatti, a offrire maggiori
garanzie per la libertà personale e a sottolineare l’eccezionalità delle misure
restrittive della stessa.
Il contenuto del giudizio da farsi da parte del giudice della cautela è evidenziato
anche dagli adempimenti previsti per l’adozione dell’ordinanza cautelare.
L’art. 292 c.p.p., come modificato dalla L. n. 332 del 1995, prevedendo per detta
ordinanza uno schema di motivazione vicino a quello prescritto per la sentenza di
merito dall’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), impone, invero, al giudice della
cautela sia di esporre gli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, di
indicare gli elementi di fatto da cui sono desunti e di giustificare l’esito positivo
della valutazione compiuta sugli stessi elementi a carico, sia di esporre le ragioni
per le quali ritiene non rilevanti i dati conoscitivi forniti dalla difesa, e comunque
a favore dell’accusato (comma 2, lett. c) e c bis).

4.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di misure
cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza devono intendersi tutti quegli
elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che – contenendo in nuce
tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non
valgono di per sè a dimostrare, oltre ogni dubbio, la responsabilità dell’indagato
e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la
futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale
responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza
(Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, dep. 01/08/1995, Costantino e altro, Rv. 202002,
e, tra le successive conformi, Sez. 2, n. 3777 del 10/09/1995, dep. 22/11/1995,
Tomasello, Rv. 203118; Sez. 6, n. 863 del 10/03/1999, dep. 15/04/1999,
Capriati e altro, Rv. 212998; Sez. 6, n. 2641 del 07/06/2000, dep. 03/07/2000,

3

br

elementi già acquisiti dal pubblico ministero, e non su prove, ma su indizi (Corte

Dascola, Rv. 217541; Sez. 2, n. 5043 del 15/01/2004, dep. 09/02/2004,
Acanfora, Rv. 227511).
A norma dell’art. 273 c.p.p., comma 1-bis, nella valutazione dei gravi indizi di
colpevolezza per l’adozione di una misura cautelare personale si applicano, tra le
altre, le disposizioni contenute nell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, (Sez. F, n.
31992 del 28/08/2002, dep. 26/09/2002, Desogus, Rv. 222377; Sez. 1, n.

36767 del 04/06/2003, dep. 25/09/2003, Grasso Rv. 226799; Sez. 6, n. 45441
del 07/10/2004, dep. 24/11/2004, Fanara, Rv. 230755; Sez. 1, n. 19867 del
04/05/2005, dep. 25/05/2005, Cricchio, Rv. 232601).
Relativamente alle regole da seguire, questo Collegio ritiene che, alla stregua del
condivisibile orientamento espresso da questa Corte, dell’art. 273 c.p.p., comma

1-bis, nel delineare i confini del libero convincimento del giudice cautelare con il
richiamo alle regole di valutazione di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, pone un
espresso limite legale alla valutazione dei “gravi indizi”.

4.2. Si è, inoltre, osservato che, in tema di misure cautelari personali, quando
sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal Tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla
peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, all’esame del
contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza
del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Sez. 4, n. 2050 del
17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; Sez. 6, n. 3529 del
12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. U, n.
22/03/2000,

dep.

02/05/2000,

Audino,

Rv.

215828;

Sez.

2,

n.

11 del

9532

del

22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. 4, n. 22500
del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa
integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre,
Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; Sez.
1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. 1, n.
6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331).

4.3. Per quanto di interesse in questa sede, essendo stata impugnata l’ordinanza
del tribunale del riesame, investito esclusivamente della richiesta inerente la
4

29403 del 24/04/2003, dep. 11/07/2003, Esposito, Rv. 226191; Sez. 6, n.

sostituzione della custodia carceraria in quella detentiva domiciliare, il detto
limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche
il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del
giudice della cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle stesse e rendere
un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep.
14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).

tema di misure cautelari, “l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il
provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale
provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo
di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze
motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni
addotte a sostegno dell’altro” (Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008,
Beato, Rv. 238903; Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998,
Panebianco R., Rv. 212685).

5. Tanto premesso è quindi possibile affrontare i profili di censura afferenti
all’unico motivo di ricorso, essendo possibile la loro trattazione unitaria, atteso
che gli stessi, pur formalmente denunciando, contestualmente, sia vizi
motivazionali che di violazione di legge, esprimono nella sostanza doglianze
attinenti al percorso logico – argomentativo che sostiene il provvedimento
impugnato, più che alla violazione di legge ipotizzata.
Di tale motivo, ad avviso del Collegio, emerge, all’evidenza, sia la manifesta
infondatezza che la genericità.
Da un lato, infatti, il ricorrente si limita a riproporre le medesime
doglianze già espresse davanti al tribunale del riesame senza tener conto delle
argomentazioni offerte dal giudice del gravame a confutazione delle originarie
censure, apparendo dunque il motivo aspecifico, ossia generico ed
indeterminato, in quanto ripropone le stesse ragioni già esaminate e ritenute
infondate dal giudice del riesame, risultando tale motivo carente della necessaria
correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, la quale non può ignorare le affermazioni
del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce,
ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità del ricorso
(v. tra le tante: Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv.
253849).
Dall’altro lato, il motivo appare comunque manifestamente infondato.

5

Peraltro, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in

Ed invero, l’impugnata ordinanza motiva adeguatamente circa l’insussistenza
della dette carenze motivazionali dell’ordinanza impositiva della misura
cautelare, dando atto di averne criticamente valutato le ragioni nel momento in
cui valorizza quegli elementi che escludono il dedotto vizio motivazionale.

6. In particolare, l’ordinanza impugnata si preoccupa si evidenziare come non sia

espresse nell’ordinanza genetica, mostrando di ben conoscere i poteri, anche
officiosi, attribuiti al tribunale della libertà successivamente alla declaratoria di
incostituzionalità dell’art. 275, comma terzo, secondo periodo, cod. proc. pen.
per effetto della sentenza n. 231/2011 della Corte Costituzionale. Nella specie,
rileva il tribunale del riesame come, in relazione alle esigenze cautelari, l’unico
dato dedotto dalla difesa (decorso del tempo) è, di per sè, privo di rilievo a fini
cautelari, in difetto di ulteriori elementi, non ravvisati dal Collegio di merito nel
caso in esame – tali da consentire una modifica del giudizio espresso
precedentemente in sede applicativa della misura custodiale, quanto all’esigenza
da salvaguardare (lett. c), art. 274, c.p.p.); sul punto, in particolare, l’ordinanza
impugnata si fa carico di chiarire che i rilievi difensivi non sono sufficienti, in
quanto il vincolo associativo che legava il Ferru al Palla si sarebbe protratto ben
oltre le date indicate nell’imputazione cautelare, tant’è che, successivamente
all’arresto del Palla in data 16/06/2012, la moglie gli aveva riferito in carcere che
il Ferru le aveva versato l’ingente somma indicata (diecimila euro) che, in difetto
di qualsivoglia causale alternativa, risulta essere provento di traffici illeciti legati
agli stupefacenti; inoltre, l’arco temporale intercorso tra le condotte contestate e
l’emissione dell’ordinanza custodiale non solo risultava essere inferiore all’anno,
ma, tenuto conto della gravità dei fatti, della permanenza del vincolo associativo
e del ruolo dell’indagato, il mero dato cronologico non era sufficiente a vincere la
presunzione sancita in ordine all’adeguatezza della sola misura custodiale
detentiva carceraria in relazione al reato di cui all’art. 74, d. P.R. n. 309/1990; a
ciò si aggiungeva, come esplicitato nell’ordinanza impugnata, anche il rispetto
del canone della proporzionalità, tenuto conto dell’elevatissima pena edittale
prevista nonché il limitato periodo trascorso dall’inizio della custodia (5 mesi
circa).

7. Alla stregua di quanto sopra, dunque, nessuna violazione di legge o vizio
motivazionale denunciato emerge dall’analisi dell’impugnata ordinanza.
Le doglienza difensive, che si appuntano su una presunto travisamento del
contenuto del colloquio e di un errore attributivo del nome “Dino”, non
6

sopraggiunto alcun elemento nuovo che consenta di modificare le valutazioni

univocamente riferibile al nome di battesimo dell’indagato, in realtà, si traducono
in censure in fatto e tradiscono il mero dissenso sulla valutazione degli elementi
indiziari operato dal giudice della cautela, richiedendo in sostanza a questa Corte
di svolgere un inammissibile sindacato di merito, non consentito in questa sede
di legittimità. A tal proposito, va ribadito in questa sede, da un lato, che
l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce

sindacato di legittimità se motivata – come nel caso di specie – in conformità ai
criteri della logica e delle massime di esperienza (Sez. 6, n. 11794 del
11/02/2013 – dep. 12/03/2013, Melfi, Rv. 254439); dall’altro, che in sede di
legittimità è possibile prospettare una interpretazione del significato di una
intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza
del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia
indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti
decisiva ed incontestabile, circostanza da escludersi nel caso di specie (Sez. 6, n.
11189 del 08/03/2012 – dep. 22/03/2012, Asaro, Rv. 252190).
Con riferimento, poi, agli argomenti valutativi espressi dal giudice del riesame in
relazione alla irrilevanza del mero dato cronologico, questo Collegio condivide
questa già affermato da questa Corte secondo cui il mero decorso del tempo non
è elemento rilevante perché la sua valenza si esaurisce nell’ambito della
disciplina dei termini di durata massima della custodia stessa, e quindi necessita
di essere considerato unitamente ad altri elementi idonei a suffragare la tesi
dell’affievolimento delle esigenze cautelari, ne caso di specie adeguatamente
esclusi dalla Corte di merito (Sez. 1, n. 24897 del 10/05/2013 – dep.
06/06/2013, Sisti, Rv. 255832) ed, inoltre, che il decorso del tempo dalla
commissione del reato associativo – nella specie, quello previsto dall’art. 74, T.U.
Stup. -, per il quale v’è un contesto di gravità indiziaria, assume rilievo al fine di
superare la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari solo se, e quando,
risulti con certezza che la persona sottoposta alle indagini abbia irreversibilmente
reciso i legami con l’organizzazione criminosa di appartenenza, circostanza
motivatamente esclusa dal Collegio cautelare (v., in precedenza, con riferimento
al delitto di cui all’art. 416-bis c.p.: Sez. 2, n. 21106 del 27/04/2006 – dep.
16/06/2006, Guerini ed altro, Rv. 234657).
Del resto, come già in precedenza evidenziato, l’ordinamento non
conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di revisione degli elementi
materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi,
ne’ alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli
indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure
7

questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al

ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed
insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione delle misura cautelare
e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è, perciò, circoscritto
all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia
rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere
negativo, il cui possesso rende l’atto insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni

dell’esposizione di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo del provvedimento.
E l’ordinanza gravata risponde ai predetti requisiti, così positivamente superando
il sindacato di questa Corte.

8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma alla Cassa
delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, somma che si stima equo
fissare, in euro 1000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore
dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1 – ter, disp.
Att. C.p.p.
Così deciso in Roma, il 7 gennaio 2014

Il Consigliere est.

Il Presidente

giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo

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