Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11039 del 24/01/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 11039 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: RAMACCI LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BASILE FRANCESCO N. IL 12/01/1952
avverso la sentenza n. 2619/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
22/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

Data Udienza: 24/01/2014

– che la Corte di appello di Genova con sentenza del 22/5/2013, ha parzialmente riformato la
sentenza in data 26/3/2012 del Tribunale di Massa — Sezione Distaccata di Pontremoli, che aveva
affermato la responsabilità penale di BASILE Francesco per il reato di cui all’art. 5 d.lgs.
74\2000 (in Aulla 9/4/2009);
— che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunciando:
violazione di legge in ordine alla sua posizione di mero amministratore di fatto, cui non sarebbe
addebitabile la condotta contestata; vizio di motivazione in punto di diniego delle attenuanti
generiche e della sospensione condizionale della pena;
— che, quanto alla prima censura, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa
Corte Suprema, il reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o
IVA (art. 5, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) è configurabile nei confronti dell’amministratore di
diritto di una società e l’amministratore di fatto, quale mero prestanome, risponde a titolo di
concorso per omesso impedimento dell’evento (artt. 40, comma secondo, cod. pen. e 2932 cod.
civ.), a condizione che ricorra l’elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice (Sez. III
n.23425, 10 giugno 2011). Nella fattispecie, peraltro, la Corte territoriale, oltre ad evidenziare la
genericità del motivo di appello ha posto in evidenza il dato fattuale relativo alla disponibilità, in
capo all’imputato, delle scritture contabili ed alla non estraneità dello stesso all’amministrazione
della società;
— che, il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche è rimesso al potere discrezionale del
giudice di merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura
sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità
effettiva del reato ed alla personalità del reo. La concessione delle attenuanti generiche
presuppone la sussistenza di positivi elementi di giudizio e non costituisce un diritto conseguente
alla mancanza di elementi negativi connotanti la personalità del reo, cosicché deve ritenersi
legittimo il diniego operato dal giudice in assenza di dati positivi di valutazione (Sez. III n. 19639,
24 maggio 2012; Sez. I n. 3529, 2 novembre 1993; Sez. VI n. 6724, 3 maggio 1989; Sez. VI n.
10690, 15 novembre 1985; Sez. I n. 4200, 7 maggio 1985). Inoltre, riguardo all’onere
motivazionale, deve ritenersi che il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli
elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare
riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque rilevanti ai fini del diniego delle
attenuanti generiche (v. Sez. II n. 3609, l febbraio 2011; Sez. VI n. 34364, 23 settembre 2010)
con la conseguenza che la motivazione che appaia congrua e non contraddittoria non è suscettibile
di sindacato in sede di legittimità neppure quando difetti uno specifico apprezzamento per
ciascuno dei reclamati elementi attenuanti invocati a favore dell’imputato (Sez. VI n. 42688, 14
novembre 2008; Sez. VI n. 7707, 4 dicembre 2003). Nella fattispecie in esame, la Corte di merito,
nel corretto esercizio del potere discrezionale riconosciutole in proposito dalla legge, ha dato
rilevanza decisiva alle gravi modalità della condotta, alla presenza di un grave precedente
dell’imputato ed al comportamento processuale;
— che la valutazione, da parte del giudice di merito, delle condizioni per la concessione del
beneficio della sospensione condizionale non richiede l’esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133
cod. pen., ben potendosi questi limitare ad indicare quelli ritenuti prevalenti (Sez. III n. 6641, 18
febbraio 2010; Sez. IV n.9540, 20 ottobre 1993; Sez. I n.6239, 30 aprile 1990). Tra i suddetti
elementi rilevano finanche i precedenti giudiziari, ancorché non definitivi, quali i procedimenti
pendenti a carico (Sez. III n.9915, 11 marzo 2010; Sez. II n.3851, 6 aprile 1991; Sez. VI
n.13122, 2 ottobre 1990; Sez. IV n.5504, 2 giugno 1982).Nella fattispecie, la Corte territoriale ha
negato il beneficio richiesto considerando rilevanti i precedenti penali dell’imputato;
– – che il ricorso, conseguentemente, va dichiarato inammissibile (poiché manifestamente
infondato) e, a norma dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità — non potendosi
escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) —
consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00

Ritenuto:

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di euro 1.000,00 (mille/00) alla Cassa delle ammende.
A, nell. camera di consiglio del 24/1/2014
Così deliberato in4f

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