Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 11 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) BOLTMARI TAREK ALIAS N. IL 01/01/1984
avverso l’ordinanza n. 258/2011 TRIBUNALE di REGGIO EMILIA,
del 11/11/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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2,5 °

Data Udienza: 27/11/2012

1. Con ordinanza del 28 novembre 2011 il Tribunale di Reggio
Emilia, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza
con la quale Boumari Tarek aveva chiesto la sospensione della
esecuzione della sentenza pronunciata dal medesimo Tribunale il 25
luglio 2011. Con tale pronuncia, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., era
stata applicata nei confronti dell’imputato la pena di anni due e
mesi due di reclusione ed euro 3000,00 di multa. Ad avviso
dell’istante la sentenza non era passata in giudicato perché
depositata il 1.8.2011 ed impugnata con ricorso per cassazione il 17
ottobre 2011, tesi questa contrastata dal G.E., il quale con
l’ordinanza anzidetta ha ritenuto che la sentenza impugnata è
passata in giudicato il 16 ottobre 2011 e cioè dopo trenta giorni a
decorrere dal 16 settembre 2011, all’esito del periodo di
sospensione dei termini feriali del processo.
2. Propone ricorso per cassazione avverso detto provvedimento il
Boumari, personalmente, denunciando violazione di legge, anche
processuale (artt. 585 co. 1 lett. b) e d), 172 co. 4 c.p.p., ed l L.
742/1969) nonché illogicità della motivazione sul punto. Assume in
particolare il ricorrente che nel conteggio del termine ad impugnare
la sentenza depositata in costanza di sospensione dei termini feriali,
sospensione che, come è noto, termina il 15 settembre, non deve
essere conteggiato come termine a quo il 16 settembre.
3. Il P.G. in sede, con motivata requisitoria scritta, concludeva per il
rigetto del ricorso dappoichè in contrasto, la tesi difensiva,con il
costante insegnamento del giudice di legittimità.
4. La doglianza è infondata e pienamente condivise dal Collegio
sono le ragioni argomentate dal rappresentante della pubblica
accusa.
Invero, questa Corte ha statuito il principio secondo cui, nel
computo del termine di impugnazione, ove il “dies a quo” cada nel
periodo di sospensione feriale, non deve tenersi conto, operato il
differimento alla fine del periodo di sospensione, del giorno 15
settembre ma di quello immediatamente successivo (V. sez. 5
sentenza n. 34223 del 24.04.2009, RV 245086).
Giova rammentare che la L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1 stabilisce

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

che i termini processuali sono sospesi di diritto dal 1 agosto al 15
settembre di ciascun anno e riprendono a decorrere dalla fine del
periodo di sospensione e che “ove il decorso abbia inizio durante il
periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto
periodo”.
Secondo un indirizzo giurisprudenziale, (Cass. pen., sez. 2, 15
maggio 2008, n. 23649, Cass. pen., Cass. pen., sez. 5, 22 maggio
2008, n. 34 645, Cass. Pen. sez. 5, 21 ottobre 2008, n. 43229) la
norma contenuta nella predetta disposizione legislativa va
interpretata nel senso che la parola inizio deve essere collegata con
l’art. 172 c.p.p., il quale stabilisce che nel termine non si computa
l’ora e il giorno in cui è iniziata la decorrenza. Così che in quello
stabilito a giorni, nel caso di sospensione nel periodo feriale, per la
presentazione dell’impugnazione, non deve computarsi il 16
settembre, in quanto momento di inizio della decorrenza (dies a
quo).
Per un altro indirizzo, quando il dies a quo cade nel periodo feriale
di sospensione dei termini processuali (1 agosto – 15 settembre),
l’inizio è differito “alla fine del periodo di sospensione”, cioè al 15
settembre, come espressamente prevede la disposizione legislativa,
cosicchè quello che non si computa è il 15 settembre, dies a quo, e
non il successivo giorno 16, il quale viceversa deve essere
compreso nel termine per impugnare (Cass. pen. sez. 1, 20 gennaio
1992, n. 198, Bernasconi, Cass. pen. sez. 4, 13 febbraio 2001, n.
10060).
Anche le sezioni civili di questa Corte si sono occupate del
problema interpretativo della L. n. 1969 cit., art. 1 e, dopo un
contrasto giurisprudenziale risolto (sez. un. riv. n. 4814/83), nel
senso della computabilità del giorno 16 settembre nel termine di
impugnazione, sono tornate sull’argomento, con la sentenza del
1995, (sezioni unite n. 3668) confermando il citato orientamento
secondo cui il giorno 16 settembre deve essere compreso nel
termine per impugnare. Questo orientamento è stato seguito anche
da Cass. civ. 688/2006, 6016/2007, 7757/2007.
Questo collegio ritiene di dovere aderire al secondo indirizzo
giurisprudenziale affermato anche dalle sezioni unite civili.
Anzitutto, va rilevato che non vi è una differenza normativa tra l’art.
155 c.p.c. che dispone che nel computo dei termini a giorni e ad
ore, si escludono il giorno e l’ora iniziali” e l’art. 172 c.p.p. che
prevede che “nel termine non si computa l’ora e il giorno in cui è
iniziata la decorrenza”.
2

Come affermato dalle sezioni unite civili (n. 3668/1995) non ha
alcun fondamento logico la distinzione concettuale tra decorso e
computo del termine, in quanto “nel decorso del termine entra
soltanto ciò che si computa, non ciò che non si computa. Il dies a
quo, che non viene computato nel termine, quindi, non è neppure
parte del decorso”. Poi, giustamente è stato rilevato che il principio
della non computalitità del termine iniziale è ispirato all’esigenza di
non considerare le frazioni del giorno in cui si sono realizzati atti e
gli effetti giuridici (ad es. la notifica della sentenza o la scadenza
del termine del deposito) che scandiscono il momento (dies a quo)
da cui parte il computo dei giorni interi del termine. Tale principio
riguarda i termini processuali in genere stante la unitarietà della
nozione di “termine” e la sostanziale uniformità normativa.
Per cui è illogico considerare come dies a quo un giorno intero, il
16 settembre, quando in questo nessun atto si è realizzato e nessun
effetto giuridico si è verificato. Infatti, nel caso di notifica della
sentenza o di scadenza del termine del deposito durante il periodo
di sospensione, l’atto e l’effetto giuridico si sono già realizzati ed è
all’interno di quel periodo che deve essere situato il dies a quo.
E letteralmente ciò ha voluto specificare l’art. 1 cit. quando dispone
che “ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione,
l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo”, nel senso che il
momento da cui parte il computo dei giorni interi del termine, in
seguito alla realizzazione degli atti e la verificazione degli effetti
giuridici, è situato all’interno del periodo di sospensione e
precisamente alla fine, che è il 15 settembre, che è il dies a quo, e
non già il 16 settembre, che è il primo giorno intero di inizio della
ripresa del periodo ordinario.
Tale interpretazione conduce ad unità l’interpretazione dell’art. l cit.
che è dettato per tutti i termini processuali, stante anche l’unitarietà
concettuale dei termini processuali. Pertanto, va confermato il
principio che ai fini del computo dei termini durante il periodo di
sospensione feriale il dies a quo va fissato al 15 settembre e il
giorno 16 settembre, intero, va computato nel termine (in termini e
qui ampiamente ripresa: Cass., sez. V, 7.10.2010, n. 43404, rv.
248941).
Nella specie, poichè andava computato nel termine per impugnare il
16 settembre 2011, il ricorso di legittimità proposto il 17 ottobre
2011 è stato legittimamente ritenuto intempestivo.
Il ricorso va pertanto rigettato ed il ricorrente condannato, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.
3

P. Q. M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Roma, addì. 27 novembre 2012

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