Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11 del 21/11/2017


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 11 Anno 2018
Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: PICARDI FRANCESCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GUISO LUCA nato il 01/01/1948 a CALANGIANUS

avverso la sentenza del 20/04/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA PICARDI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore DELIA CARDIA
che ha concluso per

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Data Udienza: 21/11/2017

RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza emessa all’udienza del 20 aprile
2017 e depositata in data 4 maggio 2017, in parziale riforma di quella
impugnata del Tribunale dì Lodi, ha assolto Luca Guiso in ordine al reato di cui
all’art. 624 e 61 n. 11 cod.pen. relativamente all’impossessamento degli
assegni nn. 231110309 e 23110310 sulla banca Carige sul conto corrente

2010, per essere stato già condannato per lo stesso fatto dalla sentenza del
Tribunale di Monza del 21 ottobre 2013, irrevocabile dal 26 febbraio 2016, e,
ritenuta la continuazione relativamente alla sottrazione di ulteriori moduli di
assegno con finale da 05 a 08, non oggetto di altra pronuncia giudiziale, ha
determinato l’aumento della pena già irrogata in mesi due di reclusione ed euro
200 di multa, così quantificando la pena complessiva in anni 2 e mesi 2 di
reclusione e euro 800 di multa.
2.

Avverso tale sentenza, in data 29 maggio 2017, ha proposto ricorso per
cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo la
violazione dell’art. 649 cod.proc.pen. in ordine al diniego di applicazione del
principio ne bis in idem relativamente a tutta la condotta oggetto del presente
procedimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

Il ricorso non merita accoglimento, dovendo essere disattesa l’exceptio rei

iudicatae formulata dal ricorrente. Correttamente il giudice di appello ha
escluso l’operatività del ne bis in idem relativamente a quella frazione della
condotta che non risulta oggetto della sentenza del Tribunale di Monza n. 3417
del 2013 e, cioè, relativamente all’impossessamento, da parte di Luca Guiso, di
altri assegni, sottratti alla medesima persona offesa, diversi da quelli nn.
231110309 e 23110310.
Nella giurisprudenza di questa Corte era consolidato il principio di diritto,
secondo il quale, “poiché all’unicità di un determinato fatto storico può far
riscontro una pluralità di eventi giuridici (come si verifica nell’ipotesi di
concorso formale di reati), il giudicato formatosi con riguardo ad uno di tali
eventi non impedisce l’esercizio dell’azione penale in relazione ad un altro inteso sempre in senso giuridico – pur scaturito da un’unica condotta” (v. Sez.
2, n. 10472 del 04/03/1997, Rv. 209022; Sez. 5^, n.1842 del 25/11/1998, Rv.
212352; Sez. 1, n. 7262 del 08/04/1999, Rv. 213709; Sez. 6, n.10790 del
24/05/2000 , Rv. 218337; Sez. 1, n. 27717 del 18/05/2004, Rv. 228724; Sez.
4, n. 25305 del 02/04/2004, Rv. 228924; Sez. 3, n. 25141 del 15/04/2009,
Rv. 243908; Sez. 4, n. 10180 del 11/11/2004, Rv. 231134; Sez. 6,

5199880 intestato a Concetta Pardo, avvenuto in epoca anteriore al 30 maggio

n. 1157 del 09/10/2007 , Rv. 238442; Sez. 5, n. 16556 del 14/10/2009, Rv.
246953, la quale ha ribadito: “il principio del “ne bis in idem” impedisce al
giudice di procedere contro la stessa persona per il medesimo fatto su cui si è
formato il giudicato, ma non di prendere in esame lo stesso fatto storico e di
valutarlo in riferimento a diverso reato, dovendo la vicenda criminosa essere
valutata alla luce di tutte le sue implicazioni penali”).
Detto orientamento è stato superato dall’intervento del giudice delle leggi di cui

bis) che ha richiamato la giurisprudenza della Corte europea dei diritti
dell’uomo, espresso sin dalla sentenza 10 febbraio 2009, Zolotoukhine c.
Russia, per giungere alla sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia, per
cui il principio del ne bis in idem impone una valutazione ancorata ai fatti e non
alla qualificazione giuridica degli stessi, dal momento che quest’ultima è da
ritenersi troppo restrittiva in vista della tutela dei diritti della persona. In tal
senso, come emerge dalla citata sentenza Zolotoukhine (par. 84) e come
ribadito dalla più recente decisione emessa nel caso Grande Stevens c. Italia
(par. 221), la nozione di condotta si traduce nell’insieme delle circostanze
fattuali concrete, collocate nel tempo e nello spazio, la cui esistenza deve
essere dimostrata ai fini della condanna.
La giurisprudenza più recente ha, pertanto, precisato che, ai fini della
configurabilità della preclusione connessa al divieto di un secondo giudizio, è
necessaria la corrispondenza tra il fatto storico – considerato in tutti i suoi
elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle
circostanze di tempo, di luogo e di persona – sul quale si è formato il giudicato
e quello per cui si procede (ex multis Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, Rv.
270387; Sez. 4, n. 3315 del 06/12/2016. Rv. 269223 ).
La sentenza impugnata non ha messo in dubbio questi principi, ma ha escluso
che nel caso di specie sussista violazione del divieto di un secondo giudizio.
Come ricordato, l’identità del fatto ai fini della preclusione di un secondo
giudizio deve essere, infatti, valutata in relazione al concreto oggetto del
giudicato e della “nuova” contestazione, per cui va affermato che ai fini della
preclusione del giudicato, costituisce fatto diverso anche quello che, pur
violando la stessa norma ed integrando gli estremi del medesimo reato, è però
l’ulteriore estrinsecazione dell’attività del soggetto, diversa, sia pure
“quantitativamente”, da quella accertata con sentenza definitiva.
La stessa Corte costituzionale nella citata sentenza ha chiarito che nel
riconoscere o meno un’ipotesi di doppio giudizio così come vietato dall’art. 649
c.p.p., “l’autorità giudiziaria…, sarà tenuta a porre a raffronto il fatto storico,
secondo la conformazione identitaria che esso abbia acquisito all’esito del
2

alla sentenza 31 maggio 2016, n. 200 (relativamente al cd. processo Eternit

processo concluso con una pronuncia definitiva, con il fatto storico posto a base
della nuova imputazione”. Detto raffronto deve avvenire “sulla base della triade
condotta-nesso causale-evento naturalistico: il giudice può affermare che il
fatto oggetto del nuovo giudizio è il medesimo solo se riscontra la coincidenza
di tutti questi elementi, assunti in una dimensione empirica, sicché non
dovrebbe esservi dubbio, ad esempio, sulla diversità dei fatti, qualora da
un’unica condotta scaturisca la morte o la lesione dell’integrità fisica di una

senso storico”.
Nel caso in esame, difetta tale coincidenza relativamente all’elemento materiale
del reato nelle sue componenti essenziali e più precisamente relativamente ad
una frazione della condotta e, cioè, all’impossessamento, mediante sottrazione
alla persona offesa, degli assegni nn. 231110305 a 231110308, di cui si è
occupata soltanto la sentenza del Tribunale di Lodi e non anche quella di
Monza, in cui – si ribadisce- è stato contestato ed accertato esclusivamente il
furto degli assegni nn. 231110309 e 23110310, quale reato-mezzo rispetto
all’ulteriore reato fine in esame in tale processo. L’oggetto del giudizio
celebrato dinanzi al Tribunale di Lodi è, dunque, più ampio di quello celebrato
dinanzi al Tribunale di Monza, ricomprendendo l’intera condotta delittuosa e
non soltanto una sua parte. Ne discende che correttamente la Corte di Appello
di Milano ha limitato l’operatività del ne bis in idem a tale frazione del contegno
criminoso, irrogando l’aggravamento della pena in considerazione dell’ulteriore
sviluppo della fattispecie incriminatrice, non potendo l’ipotesi delittuosa più
grave (furto di 6 assegni) restare integralmente assorbita in quella meno grave
(furto di 2 assegni) – cfr. in materia di esecuzione,

Sez. 1, n. 20015 del 15/02/2016 Cc. (dep. 13/05/2016) Rv. 267278.
4. In definitiva il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 21 novembre 2017
Il Consigliere estensore
Francesca Picardi

Il Presidente
Francesco Mri, Ciampi

persona non considerata nel precedente giudizio, e dunque un nuovo evento in

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