Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10998 del 20/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 10998 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TARELLI GENTI N. IL 15/01/1993
avverso l’ordinanza n. 1349/2013 TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA, del
19/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
ov/-rY
ct9 ,-(
DLC,

1)–,

Uditi difensor Avv.;1//

t-e (,),c+-1-0

to

Data Udienza: 20/02/2014

!

Ritenuto in fatto

TARELLI GENTI ricorre avverso l’ordinanza di cui in epigrafe con cui il Tribunale
libertate,

de

ha accolto l’appello del pubblico ministero proposto nei confronti del

provvedimento con cui il Gip di Venezia aveva sostituito con quella degli arresti domiciliari
la misura cautelare della custodia in carcere, applicata nei confronti del TARELLI,

Il 10 agosto 2013 il TARELLI era stato tratto in arresto nella flagranza del reato di illecita
detenzione di oltre 600 grammi di cocaina [circa 1087 dosi medie]. Gli era stata applicata
dal Gip la misura della custodia carceraria, in ragione del pericolo di reiterazione che
veniva desunta dalla quantità della sostanza stupefacente.

Successivamente, in data 19 ottobre 2013, a fronte dell’intervenuto decreto di giudizio
immediato e della richiesta dell’imputato di definire la sua posizione con il ricorso al rito
del patteggiamento “allargato”, il giudice riteneva di sostituire la misura con quella degli
arresti domiciliari, considerandola sufficiente a soddisfare le esigenze di cautela, in
ragione del fatto che queste, decorsi due mesi dall’ingresso in carcere, potevano
considerarsi attenuate.

Sull’appello del pubblico ministero, il Tribunale, con l’ordinanza qui impugnata, riteneva
di dover applicare nuovamente la misura carceraria, evidenziando che il mero decorso
del tempo dall’originaria applicazione del carcere non aveva consentito di apprezzare un
mutamento delle esigenze di cautela e della adeguatezza della misura originariamente
applicata: rilevavano gli elementi acquisiti che escludevano il ruolo di mero depositario
della droga e confortavano dell’attività di spaccio [possesso della strumentazione per il
confezionamento delle dosi, luogo di occultamento, ecc.]; la richiesta di
“patteggiamento” [ancora, all’epoca sub iudice ] non poteva considerarsi come
dimostrativa di una univoca presa di distanza dalla condotta criminosa; non risultava
riscontrata l’intenzione di sottoporsi a programma terapeutico.

Con il ricorso la difesa censura il provvedimento, sostenendo che le ragioni
dell’attenuazione delle esigenze di cautela, con conseguente applicazione della più
gradata misura cautelare, doveva desumersi sia dall’intervenuto esercizio dell’azione
penale [in tempi molto contenuti, con il rito immediato, dimostrativo dell’insussistenza di
ulteriori esigenze processuali] sia dalla richiesta di definire la propria posizione con il rito
del patteggiarnento ovvero, in via subordinata, con il rito abbreviato.

2

chiamato a rispondere del reato di cui all’articolo 73 del dpr n. 309 del 1990.

Considerato in diritto
Il ricorso non è fondato.

In materia di impugnazioni de libertate, l’ordinamento non conferisce alla Corte di
cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende
indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ [per quanto qui interessa] alcun
potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso

accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata
richiesta l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale del riesame. Il controllo di
legittimità è perciò circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare
che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di
carattere negativo, il cui possesso rende l’atto insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni
giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo
dell’esposizione di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al
fine giustificativo del provvedimento (Sezione IV, 21 giugno 2012, Proc. Rep. Trib. Larino
in proc. Tritella).

In questa prospettiva, il tema da affrontare in questa sede è quello del rispetto dei
principi in materia di [persistente] adeguatezza della misura cautelare.

Sul punto, è principio pacifico quello secondo cui, a fronte della tipizzazione da parte del
legislatore di un “ventaglio” di misure di gravità crescente, il criterio di “adeguatezza” di
cui all’articolo 275, comma 1, c.p.p., dando corpo al principio del “minore sacrificio
necessario” (di recente, ribadito dalla Corte costituzionale, nella sentenza 22 luglio 2011
n. 231), impone al giudice di scegliere la misura meno afflittiva tra quelle astrattamente
idonee a tutelare le esigenze cautelari ravvisabili nel caso di specie (Sezione VI, 22
settembre 2011, L.).

A tal fine, in tema di scelta ed adeguatezza delle misure cautelari, ai fini della
motivazione del provvedimento di custodia in carcere non è ovviamente necessaria
un’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è
sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici tratti dalla natura e dalle
modalità di commissione dei reati, nonché dalla personalità dell’indagato, gli elementi
specifici che, nella singola fattispecie, fanno ragionevolmente ritenere la custodia in
carcere come la misura più adeguata ad impedire la prosecuzione dell’attività criminosa,
rimanendo in tal modo superata ed assorbita l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle

3

l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di

subordinate misure cautelari (Sezione II, 22 marzo 2007, Savastano ed altro; Sezione II,
15 maggio 2007, Granieri).

Nello specifico, il Tribunale ha rispettato tali principio, fornendo sul punto adeguata e
incensurabile spiegazione in forza della quale il carcere dovesse ritenersi [ancora] l’unica
misura adeguata, dando contezza della gravità del fatto e della non idoneità a mitigare il
giudizio sulle esigenze cautelari ai fini della scelta della misura della scelta processuale di

E’ spiegazione che, almeno allo stato, non può essere qui censurata.

Del resto, anche sul tema del fattore “tempo”, rilevante ai fini del giudizio sul rischio di
recidiva e dell’adeguatezza della misura, il tribunale si è positivamente soffermato,
considerandone l’irrilevanza, in ragione di un lasso temporale obiettivamente modesto.

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
competente Tribunale distrettuale del riesame perché provveda a quanto stabilito dall’art.
92 disp. att. c.p.p.
Manda alla Cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax ,
Così deciso nella camera di consiglio del 20 febbraio 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

definire il giudizio mediante il ricorso ad un rito alternativo.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA