Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10972 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10972 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: ROMIS VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCRIVA SAVERIO N. IL 30/12/1969
avverso l’ordinanza n. 108/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 05/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS;
lette/s~le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

(2A9″—LÀ-.

à) 4A 1,-/ 1

Data Udienza: 18/12/2013

4.
:

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Assise d’Appello di Reggio Calabria accoglieva l’istanza di equa riparazione
proposta da Scriva Saverio, ristretto in carcere con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso ed altro, e poi, con provvedimento del Tribunale del riesame di Perugia, scarcerato, ed infine scagionato con decreto di archiviazione del GIP del Tribunale
di Reggio Calabria cui erano stati trasmessi gli atti per competenza.

va – nel periodo dal 6 febbraio 2008 al 6 marzo 2008 – liquidava la somma di euro
6.500,00, a fronte di un importo di euro 5.423,83 riconducibile al calcolo matematico,
dando conto di tale “aggiustamento” in aumento rispetto al mero criterio aritmetico con il
richiamo alle singole “voci” di danno prospettate con l’istanza.

2. Avverso detto provvedimento ricorre per Cassazione lo Scriva deducendo vizio motivazionale in ordine all’entità della somma liquidata, da ritenersi a suo avviso esigua sotto il
profilo di un inadeguato riconoscimento delle sofferenze derivate dal periodo di privazione
della libertà personale, con particolare riferimento alla detenzione in carcere in località
lontana dagli affetti familiari, al danno all’immagine ed alla perdita di numerose opportunità di lavoro quale titolare, unitamente al fratello, di una ditta operante nell’ambito dei
lavoro edili, stradali e di movimento di terra.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con la sua requisitoria scritta, ha chiesto
il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

2. In materia di equa riparazione per ingiusta detenzione, questa Corte ha elaborato alcuni parametri per conferire fondamento razionale ed equilibrato alla determinazione equitativa. Tali parametri riguardano, in particolare, la durata della privazione della libertà, la cifra massima fissata dal legislatore con l’art. 315, comma secondo, c.p.p., e il limite massimo di durata complessiva della custodia cautelare, indipendentemente (come
precisato dalle Sezioni Unite con la sentenza Caridi del 9 maggio 2001)

dal titolo del rea-

to in concreto contestato. La stessa giurisprudenza ha chiarito – in conformità al principio
enunciato in materia dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza N. 1 del 31 maggio 1995, proc. Castellani (RV. 201035) – che i dati aritmetici, in tal modo ottenuti, possono subire aggiustamenti che tengano conto di particolari aspetti soggettivi ed oggettivi
del caso concreto, in ordine ai quali, peraltro, il giudice di merito è ovviamente tenuto a

La Corte territoriale, in relazione al periodo della detenzione sofferta in carcere dallo Scri-

fornire adeguata e congrua motivazione, anche circa le regole di esperienza che ne hanno
suggerito l’adozione.

3. Nella concreta fattispecie, per quel che riguarda la valutazione degli effetti pregiudizievoli prospettati dall’interessato ai fini della quantificazione della riparazione, il giudice del
merito ha seguito un percorso argomentativo che non presenta alcuna connotazione di illogicità. Ed invero la Corte territoriale, dopo aver ricordato i princìpi enunciati nella giuri-

per l’ingiusta detenzione, ha indicato i pregiudizi derivati allo Scriva, e da ritenersi meritevoli di considerazione ai fini della quantificazione della somma da liquidare – con particolare riferimento all’incensuratezza ed al danno all’immagine – ed ha riconosciuto a favore dello Scriva stesso un indennizzo superiore all’importo derivante dal mero calcolo aritmetico; le ulteriori “voci” di danno elencate dall’interessato erano risultate prive di adeguato riscontro, ed in particolare non era stata dimostrata la revoca di appalti a causa
della detenzione ingiusta.

4. Come affermato, e più volte ribadito, da questa Corte, e come evidenziato anche dalla
Corte territoriale nell’impugnata ordinanza, la riparazione per l’ingiusta detenzione non
ha natura di risarcimento del danno ma di semplice indennità o indennizzo in base a principi di solidarietà sociale per chi sia stato ingiustamente privato della libertà personale.
Mette conto sottolineare inoltre che il legislatore, se avesse voluto intendere la riparazione dell’ingiusta detenzione come risarcimento dei danni, avrebbe dovuto richiedere, per
coerenza, l’onere per il danneggiato di fornire la dimostrazione dell’esistenza dell’elemento soggettivo, fondante la responsabilità per colpa o per dolo, nelle persone che hanno
agito e dell’entità dei danni subiti; ma ciò si sarebbe posto in contraddizione con l’esigenza (fondata non solo su una precisa disposizione della nostra Costituzione – art. 24 Cost.
comma 4 – ma anche sull’art. 5 comma 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo
e sull’art. 9 n. 5 del Patto internazionale dei diritti civili e politici) di garantire un adeguato ristoro a chi sia stato ingiustamente privato della libertà personale senza costringerlo a
complicate controversie sull’esistenza dell’elemento soggettivo e sulla determinazione dei
danni. La natura di indennizzo della somma liquidata a titolo di riparazione conduce a rilevanti conseguenze anche nel giudizio di legittimità perché i criteri, necessariamente equitativi, utilizzati dal giudice di merito, non possono essere oggetto di sindacato in questa sede se non entro i ristretti limiti che una valutazione di natura equitativa comportano, e certamente non quando, con il ricorso, si intende in realtà non dedurre un vizio di
violazione di legge o un vizio di motivazione del provvedimento impugnato bensì denunciare l’insufficienza della somma liquidata a favore dell’istante.

5. Il controllo sulla congruità della somma liquidata a titolo di riparazione – quale tipico

sprudenza di legittimità circa i criteri per la determinazione dell’importo quale indennizzo

giudizio di merito – è sottratto al giudice di legittimità che può soltanto verificare se il
giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento, e non certo sindacare
la sufficienza, o insufficienza, della somma liquidata a titolo di riparazione; a meno che,
discostandosi in modo assai sensibile dai criteri usualmente seguiti che fanno riferimento
al tetto massimo liquidabile correlato al termine massimo della custodia cautelare, il giudice non abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia liquidato in modo simbolico la somma dovuta: orbene, nel caso in esame, avuto riguardo al

ce ha motivato sull’applicazione dei criteri di liquidazione, e la somma liquidata risulta,
come detto, superiore al massimo aritmetico. La valutazione del giudice di merito si presenta, dunque, sul pano equitativo immune da censure, attesa la natura di indennizzo, e
non di risarcimento del danno, della somma da liquidare.

6. Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 18 dicembre 2013

Il Presidente

percorso seguito dalla Corte distrettuale, non è ravvisabile alcuno di questi casi; il giudi-

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