Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10959 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10959 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VARRIALE PIETRO N. IL 07/02/1944
avverso l’ordinanza n. 250/2011 TRIBUNALE di NAPOLI, del
14/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 28/11/2013

-1- Il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Napoli, decidendo in sede di rinvio dalla terza
sezione di questa Corte, ha respinto, con provvedimento del 14 marzo 2013, l’istanza di
sospensione e/o revoca dell’ordine di demolizione emesso dalla procura della Repubblica
presso lo stesso tribunale nei confronti di Varriale Pietro, nell’ambito di un procedimento
penale ex art. 44 del d.p.r. n. 380/01, definito con sentenza che aveva, tra l’altro, disposto la
demolizione dell’immobile sottoposto a sequestro, ex art. 31 dello stesso d.p.r.
Nel provvedimento impugnato, il giudice, premesso che alla revoca o alla sospensione
dell’ordine di demolizione si può procedere solo in caso di assoluta incompatibilità dello stesso
con atti amministrativi dell’autorità competente che abbiano conferito all’immobile una diversa
destinazione, ovvero abbiano provveduto alla sanatoria dello stesso, ha rilevato come, nel caso
di specie, nessuna di tali eventualità si era realizzata. Invero, ha sostenuto lo stesso giudice,
non erano state adottate dall’autorità amministrativa decisioni che potessero consentire una
revisione delle valutazioni espresse in sentenza.
-2- Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione il Varriale che, con unico motivo,
deduce la violazione di legge in relazione all’art. 665 cod. proc. pen.
Sostiene il ricorrente che l’incidente di esecuzione proposto era volto ad evidenziare
l’incompatibilità dell’ordine di demolizione con la situazione di fatto esistente; in particolare,
era stato rilevato che era stata avanzata richiesta di sanatoria per l’abuso contestato in via
amministrativa ed era stata eccepito l’omesso controllo della situazione di fatto esistente
all’atto della emanazione dell’ingiunzione. Nel rigettare il proposto incidente, il giudice della
esecuzione avrebbe, a parere del ricorrente, commesso un errore di valutazione, laddove lo
stesso ha ritenuto che l’istante avesse proposto ricorso amministrativo ed ha sostenuto che
l’ordine di demolizione non poteva essere revocato o sospeso sulla base della mera pendenza di
una richiesta di sanatoria del bene. In realtà, sostiene il ricorrente, con l’incidente di esecuzione
era stata segnalata la pendenza, non di un ricorso giurisdizionale, bensì di una richiesta di
sanatoria dell’immobile. La pendenza della sanatoria, si sostiene, è cosa ben diversa dalla
proposizione di un ricorso amministrativa e la pendenza della stessa si pone in insanabile
contrasto con l’ordine di demolizione. Erroneamente, inoltre, lo stesso giudice non aveva
considerato che l’amministrazione era intervenuta disponendo l’acquisizione del bene in
sequestro al patrimonio comunale.
Conclude il ricorrente chiedendo l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.

Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato, ai limiti dell’inammissibilità.
-1- In realtà, il giudice dell’esecuzione, premesso che non risultava neanche dedotta
l’esistenza di provvedimenti amministrativi che potessero consentire una revisione delle
valutazioni svolte nella sentenza di condanna in termini di eventuale revoca dell’ordine di
demolizione, ha preso in esame l’ipotesi della pendenza di una istanza di sanatoria, ai fini di
una eventuale pronuncia di sospensione dello stesso ordine, ed ha correttamente osservato che
la sospensione dell’ordine di demolizione, impartito con la sentenza di condanna, può essere
disposta solo allorché, in pendenza del procedimento amministrativo, sia concretamente e
ragionevolmente prevedibile che, entro un breve lasso di tempo, l’autorità amministrativa, o
anche quella giurisdizionale, adotti un provvedimento che si ponga in contrasto con l’ordine
stesso.
Circostanza che lo stesso giudice ha motivatamente ritenuto non ricorrere nel caso di specie,
in vista della impossibilità di formulare giudizi di sorta circa le decisioni della P.A. ed i tempi
a tal fine occorrenti.

2-

Ritenuto in fatto.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2013.

Nello stesso ricorso, d’altra parte, nulla si chiarisce circa lo stato della procedura, né sono
indicate le ragioni in forza delle quali dovrebbe ragionevolmente ritenersi che la stessa debba
esser definita con l’adozione, da parte dell’Autorità adita, di provvedimenti in contrasto con
l’ordine di demolizione.
Chiaramente infondate sono, dunque, le censure svolte, sul punto, nel ricorso, a fronte di una
decisione che si presenta del tutto in linea con i condivisi principi affermati da questa Corte, la
quale ha sostenuto che, in sede esecutiva, l’ordine di demolizione può essere revocato ove già
sussistano atti amministrativi che si pongano in insanabile contrasto con la statuizione che
impone la demolizione del manufatto; ed ancora, che lo stesso ordine può essere sospeso
laddove sia ragionevolmente e concretamente prospettabile che, entro un breve lasso di tempo,
possa essere adottato dall’autorità o dalla giustizia amministrativa un provvedimento
incompatibile con la demolizione (Cass. nn. 1104/05, 38997/07, 24273/10, 25212/12,
3456/13).
-2- Generica infine, è l’osservazione del ricorrente concernente l’acquisizione dell’immobile
in questione al patrimonio comunale, alla luce delle argomentazioni svolte nell’impugnato
provvedimento, laddove il giudice, richiamando i principi affermati sul punto da questa Corte,
ha osservato che la prospettiva di una tal acquisizione non è incompatibile con l’ordine di
demolizione emesso nella sentenza di condanna, né con il successivo ordine di esecuzione
“ostandovi soltanto la delibera consiliare che abbia stabilito l’esistenza di prevalenti interessi
pubblici al mantenimento delle opere abusive” Cass. n. 1904/07).
Delibera alla cui esistenza il ricorrente neanche accenna.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento
delle spese processuali.

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