Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10958 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10958 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FONTANA GIAMPAOLO N. IL 02/06/1951
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 2/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
15/05/2012

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sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott.I COMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 40%.

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Uditi difen r Avv.;

Data Udienza: 28/11/2013

-1- Fontana Giampaolo ricorre per cassazione, per il tramite del difensore, avverso
l’ordinanza della Corte d’Appello di Brescia, del 15 maggio 2012, che ha respinto la
richiesta, dallo stesso avanzata, di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta in esecuzione
di provvedimento restrittivo emesso a suo carico dal Gip del Tribunale della stessa città per il
reato di cui agli arti. 110 cod. pen., 73 del d.p.r. n. 309/90 per avere, secondo l’ipotesi
accusatoria, partecipato, con altri soggetti, ad un’operazione di illecita importazione dalla
Francia di 2 kg di cocaina; reato dal quale, dopo ripetute condanne in sede di merito, è stato
successivamente assolto con sentenza di questa Corte, di annullamento senza rinvio della
sentenza di merito, perché il fatto non sussiste.
La corte d’appello ha rigettato l’istanza di riparazione, avendo ritenuto che il Fontana, con
il suo comportamento gravemente colposo, aveva contribuito a dar causa all’adozione ed al
mantenimento del provvedimento restrittivo; la stessa corte ha altresì individuato i profili di
un comportamento gravemente colposo anche nella condotta processuale del richiedente, che
si era avvalso della facoltà di non rispondere e che solo nel giudizio aveva depositato una
memoria difensiva.
-2- Avverso tale decisione viene proposto, dunque, ricorso dal Fontana, che deduce il vizio
di motivazione dell’ordinanza impugnata, con riguardo all’affermata sussistenza del
presupposto impeditivo al riconoscimento del diritto alla riparazione, cioè di una condotta
gravemente colposa del richiedente. Il giudice della riparazione, inoltre, si aggiunge nel
ricorso, avrebbe erroneamente ritenuto di valutare il termini colpa grave anche la scelta
difensiva dell’imputato di avvalersi della facoltà di non rispondere; ciò, peraltro, senza
considerare che lo stesso aveva reso dichiarazioni davanti al giudice dell’udienza preliminare
e davanti ai giudici della corte d’appello.
-3- L’Avvocatura Generale dello Stato, ritualmente costituitasi in giudizio nell’interesse del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiede dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il
ricorso.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato.
-1- Secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di riparazione per ingiusta detenzione,
la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il
richiedente dato o concorso a dar causa, per dolo o colpa grave, all’adozione del
provvedimento restrittivo, deve manifestarsi con comportamenti concreti, precisamente
individuati, che il giudice di merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo e completo, al
fine di stabilire, con valutazione “ex ante”, non se essi abbiano rilevanza penale, bensì solo se
si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del provvedimento di
custodia cautelare.
A tal fine, egli deve prendere in esame tutti gli elementi probatori disponibili, relativi alla
condotta del soggetto, sia precedente che successiva alla perdita della libertà, al fine di
stabilire se tale condotta abbia, o meno, determinato, ovvero anche solo contribuito alla
formazione di un quadro indiziario che ha provocato l’adozione o la conferma del
provvedimento restrittivo. Di guisa che non ha diritto all’equa riparazione per la custodia
cautelare sofferta chi, con il proprio comportamento, anteriore o successivo alla privazione
della libertà personale, abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. Viceversa,
l’indennizzo deve essere accordato a chi, ingiustamente sottoposto a provvedimento
restrittivo, non sia stato colto in comportamenti di tal genere.

Ritenuto in fatto.

Ovviamente, nell’un caso e nell’altro, il giudice della riparazione deve valutare con
attenzione la condotta del soggetto, indicare i comportamenti esaminati e dare congrua e
coerente, sotto il profilo logico, motivazione delle ragioni per le quali egli ha ritenuto che
essi debbano, ovvero non debbano, ritenersi come fattori condizionanti e sinergici rispetto
all’adozione del provvedimento restrittivo.
Nulla vieta, peraltro, allo stesso giudice di prendere in considerazione gli stessi
comportamenti oggetto dell’esame del giudice penale, sempre che la valutazione di essi sia
eseguita dal primo, non rapportandosi ai canoni di giudizio del processo penale, bensì a quelli
propri del procedimento riparatorio, che è diretto, non ad accertare responsabilità penali,
bensì solo a verificare se talune condotte abbiano quantomeno concorso a determinare
l’adozione del provvedimento restrittivo.
-2- Orbene, nel caso di specie la corte distrettuale si è attenuta a tali principi, avendo
ritenuto, sulla base di quanto emerso in sede di indagini, con motivazione adeguata e
coerente sul piano logico, che la condotta del Fontana avesse sostanzialmente contribuito ad
ingenerare, sia pur in presenza di errore dell’autorità inquirente, la rappresentazione di una
condotta illecita dalla quale è scaturita, con rapporto di causa-effetto, la detenzione
ingiustamente sofferta.
In particolare, i giudici della riparazione, richiamando circostanze emerse nella sede di
cognizione, hanno ricordato che, nell’ambito del procedimento penale nel quale l’esponente è
stato coinvolto, sono stati accertati contatti e spostamenti dello stesso con personaggi che
sembravano interessati a traffici illeciti. In particolare, sono stati ricordati i rapporti del
Fontana con tali Valter Di Modugno e Gritti Carlo, quest’ultimo detenuto di semilibertà
presso la casa circondariale di Bergamo. Con costui, uscito dall’istituto di pena alle ore 7 del
mattino del 21 settembre 2001, si era incontrato l’odierno ricorrente, partito da Brescia nella
prima mattina dello stesso giorno e poi controllato lungo il tratto Ventimiglia-Albenga
dell’autostrada ligure a bordo dell’auto di proprietà della moglie del Gritti, ove gli inquirenti
ritenevano di trovare sostanza stupefacente, in realtà non rinvenuta. Il tutto, tuttavia, in un
contesto di conversazioni telefoniche, intercettate il giorno precedente, intercorse tra lo stesso
Gritti ed il Di Modugno, dai contenuti criptici, dai quali emergeva che quest’ultimo era in
attesa di qualcosa che il Gritti avrebbe dovuto consegnargli il giorno successivo.
Gli spostamenti del Fontana, in accordo con il Di Modugno ed il Gritti, registrati nella
giornata del 21, l’utilizzazione, per tali spostamenti, dell’auto della moglie di quest’ultimo,
benché il Fontana fosse giunto a Bergamo, partendo da Brescia, a bordo della propria auto,
nonché la serie di conversazioni dalle quali traspariva nei dialoganti, malgrado la criticità del
linguaggio, l’interesse verso traffici illeciti ed a qualcosa che avrebbe dovuto giungere il 21
settembre, sono state legittimamente ritenute dal giudice della riparazione significative di una
condotta certamente fortemente sospetta, tale da rappresentare un forte presupposto
impeditivo al riconoscimento del diritto alla riparazione.
Giustamente, inoltre, lo stesso giudice ha dato rilievo alla condotta processuale dell’odierno
ricorrente che ha preferito, a fronte delle contestazioni rivoltegli, avvalersi della facoltà di
non rispondere, secondo quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, genericamente
contestato, sul punto, dal ricorrente.
Condotta certamente legittima, ma che altrettanto legittimamente è stata ritenuta dal
giudice della riparazione gravemente colposa, nei termini intesi dall’art. 314 cod. proc. pen,
che aveva contribuito al perdurare della condizione detentiva.
Se è vero, infatti, che l’imputato o la persona sottoposta ad indagine ha il diritto al silenzio,
alla reticenza ed anche alla menzogna, è tuttavia altrettanto vero che tale comportamento, di
per sé certamente legittimo, può, in sede di giudizio riparatorio, ritorcersi contro l’interessato.
Ciò non perché possa essere censurata la scelta difensiva, ma per l’omessa tempestiva
allegazione di spiegazioni e chiarimenti idonei ad eliminare il valore indiziante di elementi
acquisiti in sede di indagini. Dunque, nella sede riparatoria rilevano, secondo quanto già

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla
rifusione, in favore del Ministero delle Finanze, delle spese del presente giudizio, che liquida
in complessivi euro 750,00.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2013.

affermato da questa Corte, non il silenzio, la reticenza o la menzogna in quanto tali, ma “il
mancato esercizio di una facoltà difensiva, quanto meno sul piano dell’allegazione di fatti
favorevoli che, se non può essere da solo posto a fondamento dell’esistenza della colpa
grave, vale però a far ritenere l’esistenza di un comportamento omissivo casualmente
efficiente nel permanere della misura cautelare, del quale può tenersi conto nella
valutazione globale della condotta in presenza di altri elementi di colpa” (Cass. n.
16370/03).
Orbene, nel caso di specie, all’iniziale posizione del Fontana rispetto a condotte ed al tenore
di conversazioni che giustificavano i sospetti degli inquirenti, ha fatto seguito un
comportamento altrettanto censurabile, caratterizzato dal sostanziale rifiuto di chiarire i termini
della vicenda, cioè, almeno, di chiarire i propri rapporti con il Di Modugno ed il Gritti e di
indicare le ragioni della sua presenza a Bergamo e sull’autostrada ligure a bordo dell’auto della
moglie di quest’ultimo. Condotta che legittimamente il giudice della riparazione ha ritenuto
avere contribuito al protrarsi della misura restrittiva.
-3- Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento
delle spese processuali ed alla rifusione, in favore del Ministero resistente, delle spese del
presente giudizio, che complessivamente si liquidano in euro 750,00.

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