Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10957 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10957 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIURDANELLA ANGELO N. IL 15/08/1968
avverso l’ordinanza n. 38/2009 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 10/04/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere ott. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ce(„Ze,044441
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Data Udienza: 28/11/2013

-1- Giurdanella Angelo ricorre per cassazione, per il tramite del difensore, avverso
l’ordinanza della Corte d’Appello di Caltanissetta, del 10 aprile 2012, che ha respinto la
richiesta, dallo stesso avanzata, di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta in esecuzione
di provvedimento restrittivo emesso a suo carico dal Gip del tribunale della stessa città per i
reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, omicidio ed altro; reati dai quali è stato
successivamente assolto.
La corte d’appello ha rigettato l’istanza, avendo ritenuto che il richiedente, con la sua
condotta, precedente l’arresto, gravemente colposa, aveva contribuito a dar causa al
provvedimento restrittivo.
-2- Avverso tale decisione viene proposto, dunque, ricorso dal Giurdanella, che deduce i
vizi di violazione di legge e di motivazione dell’ordinanza impugnata, con riguardo
all’affermata sussistenza del presupposto impeditivo al riconoscimento del diritto alla
riparazione, cioè di una condotta gravemente colposa del richiedente.
-3- L’Avvocatura Generale dello Stato, ritualmente costituitasi in giudizio nell’interesse del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiede il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato.
-1- Secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di riparazione per ingiusta detenzione,
la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il
richiedente dato o concorso a dar causa, per dolo o colpa grave, all’adozione del
provvedimento restrittivo, deve manifestarsi con comportamenti concreti, precisamente
individuati, che il giudice di merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo e completo, al
fine di stabilire, con valutazione “ex ante”, non se essi abbiano rilevanza penale, bensì solo se
si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del provvedimento di
custodia cautelare.
A tale scopo, egli deve prendere in esame tutti gli elementi probatori disponibili, relativi
alla condotta del soggetto, sia precedente che successiva alla perdita della libertà, al fine di
stabilire se tale condotta abbia, o meno, determinato, ovvero anche contribuito alla
formazione di un quadro indiziario che ha provocato l’adozione o la conferma del
provvedimento restrittivo. Di guisa che non ha diritto all’equa riparazione per la custodia
cautelare sofferta chi, con il proprio comportamento, anteriore o successivo alla privazione
della libertà personale, abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. Viceversa,
l’indennizzo deve essere accordato a chi, ingiustamente sottoposto a provvedimento
restrittivo, non sia stato colto in comportamenti di tal genere.
Ovviamente, nell’un caso e nell’altro, il giudice della riparazione deve valutare con
attenzione la condotta del soggetto, indicare i comportamenti esaminati e dare congrua e
coerente, sotto il profilo logico, motivazione delle ragioni per le quali egli ha ritenuto che
essi debbano, ovvero non debbano, ritenersi come fattori condizionanti e sinergici rispetto
all’adozione del provvedimento restrittivo.
Nulla vieta, peraltro, allo stesso giudice di prendere in considerazione gli stessi
comportamenti oggetto dell’esame del giudice penale, sempre che la valutazione di essi sia
eseguita dal primo non rapportandosi ai canoni di giudizio del processo penale, bensì a quelli
propri del procedimento riparatorio, che è diretto, non ad accertare responsabilità penali,
bensì solo a verificare se talune condotte abbiano quantomeno concorso a determinare
l’adozione del provvedimento restrittivo.

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Ritenuto in fatto.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla
rifusione, in favore del Ministero delle Finanze, delle spese del presente giudizio, che liquida
in complessivi euro 750,00.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2013.

-2- Orbene, nel caso di specie la corte distrettuale si è attenuta a tali principi, avendo
ritenuto, sulla base di quanto emerso in sede di indagini, con motivazione adeguata e
coerente sul piano logico e nel rispetto della normativa di riferimento, che la condotta del
Giurdanella avesse sostanzialmente contribuito ad ingenerare, sia pure in presenza di errore
dell’autorità inquirente, la rappresentazione di una condotta illecita dalla quale è scaturita,
con rapporto di causa-effetto, la detenzione ingiustamente sofferta.
In particolare, i giudici della riparazione, richiamando circostanze emerse nella sede di
cognizione, in particolare i contenuti di diverse conversazioni intercettate, intercorse tra il
Migliore, il genero dello stesso Burgio Rosario e l’odierno ricorrente, hanno giustamente
individuato, nel comportamento di quest’ultimo, evidenti e gravi profili di colpa, laddove egli
ed il suo socio e coimputato, Migliore Raffaele, avendo subìto il danneggiamento della
condotta idrica al servizio delle loro proprietà, invece di rivolgersi alle locali autorità di
polizia, si erano rivolti a due soggetti il cui inserimento in un’organizzazione mafiosa era
loro certamente nota.
Dal contenuto delle conversazioni, inoltre, hanno ancora rilevato i giudici della riparazione,
era emerso, non solo la perfetta conoscenza che l’odierno ricorrente aveva delle dinamiche
interne all’organizzazione in questione, variamente commentate, e dei problemi, ai quali
appariva interessato, che potevano insorgere da una spaccatura all’interno della stessa, ma
anche l’interesse dell’esponente verso la possibilità di organizzare un attentato in pregiudizio
di un soggetto mafioso, accompagnato da disquisizioni in ordine alle differenze esistenti tra
l’esecutore ed il mandante di un omicidio e da considerazioni sulla necessità di fare
attenzione. Era emerso, ancora, il forte rancore dei conversanti (tra cui il Giurdanella) verso
Bordonaro Felice, sospettato di essere il responsabile del danneggiamento della condotta
idrica, poi rimasto ucciso.
Conversazioni e comportamenti che legittimamente la corte territoriale ha ritenuto
indicativi di modelli comportamentali, non solo riprovevoli, seppur non penalmente rilevanti,
ma anche caratterizzati da grave leggerezza, potendo gli stessi essere interpretati in termini di
concreta partecipazione dei conversanti a logiche prettamente mafiose.
L’ordinanza impugnata non merita, dunque le censure svolte nel ricorso che deve essere, in
conseguenza, rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed
alla rifusione, in favore del Ministero resistente, delle spese del presente giudizio, che
complessivamente si liquidano in euro 750,00.

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