Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10952 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10952 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ASCIONE ASSUNTA N. IL 21/02/1967
nei confronti di:
MINSTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 295/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
22/11/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
(1″-

ePti

Udit i difens Avv.;

Aptto

ivze.4140,

Data Udienza: 28/11/2013

-1- Ascione Assunta propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, avverso
l’ordinanza della Corte d’Appello di Napoli, del 22 novembre 2011, che ha respinto la
domanda, dallo stesso avanzata, di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta in
conseguenza dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del tribunale
della stessa città nell’ambito di procedimento penale che l’ha vista indagata, in concorso con
altri, ex artt. 416, 648, 648 bis cod. pen. ed altro; procedimento definito con sentenza
assolutoria perché il fatto non sussiste.
La corte d’appello ha rigettato l’istanza, avendo ritenuto che la richiedente, con il suo
comportamento gravemente colposo, aveva contribuito a dar causa al provvedimento
restrittivo.
-2- Avverso tale decisione viene, dunque, proposto ricorso per cassazione, ove si deduce il
vizio di violazione di legge, con riguardo all’affermata sussistenza del presupposto
impeditivo al riconoscimento del diritto alla riparazione, cioè di una condotta gravemente
colposa del richiedente.
-3- L’Avvocatura Generale dello Stato, ritualmente costituitasi in giudizio nell’interesse del
Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiede dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il
ricorso.

Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato.
-1- Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di riparazione per
ingiusta detenzione al giudice del merito spetta, anzitutto, di verificare se chi l’ha patita vi
abbia dato causa, ovvero vi abbia concorso, con dolo o colpa grave. A tal fine, egli deve
prendere in esame tutti gli elementi probatori disponibili, relativi alla condotta del soggetto,
sia precedente che successiva alla perdita della libertà, al fine di stabilire se tale condotta
abbia determinato, ovvero anche solo contribuito a determinare, la formazione di un quadro
indiziario che ha indotto all’adozione o alla conferma del provvedimento restrittivo. Tale
condizione, ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, deve manifestarsi attraverso
comportamenti concreti, precisamente individuati, che il giudice di merito è tenuto ad
apprezzare, in modo autonomo e completo, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante”, non
se essi abbiano rilevanza penale, ma solo se si siano posti come fattore condizionante rispetto
all’emissione del provvedimento di custodia cautelare. Condotte rilevanti in tal senso
possono essere di tipo extra processuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere
determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (auto
incolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal
giudice della cognizione. Nulla vieta al giudice della riparazione di prendere in
considerazione gli stessi comportamenti oggetto dell’esame del giudice penale, sempre che la
valutazione di essi sia eseguita dal primo non rapportandosi ai canoni di giudizio del
processo penale, bensì a quelli propri del procedimento riparatorio, che è diretto non ad
accertare responsabilità penali, bensì solo a verificare se talune condotte abbiano quantomeno
concorso a determinare l’adozione del provvedimento restrittivo.
-2- Orbene, nel caso di specie la corte distrettuale si è attenuta a tali principi, avendo
ritenuto, sulla base di quanto emerso in sede di indagini, con motivazione adeguata e
coerente sotto il profilo logico e nel rispetto della normativa di riferimento, che la condotta
della richiedente avesse sostanzialmente contribuito ad ingenerare, sia pure in presenza di
errore dell’autorità inquirente, la rappresentazione di una condotta illecita dalla quale è
scaturita, con rapporto di causa-effetto, la detenzione ingiustamente sofferta.

Ritenuto in fatto.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla
rifusione, in favore del Ministero delle Finanze, delle spese del presente giudizio, che liquida
in complessivi euro 750,00.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2013.

I giudici della riparazione, richiamando circostanze emerse nella sede di cognizione, hanno
legittimamente ritenuto:
-che le frequentazioni ed i rapporti intrattenuti dalla Ascione con i coindagati, in particolare
con Lauri Rita, condannata per i delitti di associazione a delinquere, contraffazione di
banconote, riciclaggio e ricettazione, delle cui attività illecite era pienamente a conoscenza;
-che i contenuti ambigui di talune conversazioni intercettate, intercorse con la Lauri, in
occasione di una delle quali quest’ultima aveva chiesto alla sua interlocutrice di nascondere
“quei cosi falsi” (assegni), perché era stata avvisata da altro complice di un’operazione di
polizia che la riguardava;
-che tale incarico l’odierna ricorrente, come dalla stessa ammesso, aveva eseguito, senza
chiedere spiegazione alcuna, avendo poi telefonato alla Lauri per comunicarle di avere
nascosto gli assegni e per indicarle il luogo del nascondiglio;
-che in altra telefonata la Lauri l’aveva messa a conoscenza di una denuncia e l’aveva
esortata ad agire con prudenza in quanto “la polizia le sarebbe stata addosso”;
erano l’espressione di una condotta quantomeno fortemente ambigua, connotata da colpa
grave, che aveva contribuito alla formazione del significativo quadro indiziario che aveva
determinato l’adozione del provvedimento restrittivo.
Il sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta
di riparazione è, d’altra parte, limitato alla correttezza del procedimento logico-giuridico
attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla decisione; mentre resta di esclusiva
pertinenza di quest’ultimo la valutazione dell’esistenza e dell’incidenza della colpa o
dell’esistenza del dolo. Anche in ragione di ciò, l’ordinanza in esame non merita di essere
censurata, essendo la decisione impugnata del tutto coerente rispetto alle circostanze emerse
in sede processuale, correttamente valutate dalla corte territoriale e perfettamente in linea con
i principi di diritto affermati da questa Corte in tema di riparazione.
-3- Il ricorso deve essere, quindi, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle
spese processuali ed alla rifusione delle spese del presente giudizio, in favore del ministero
resistente, che complessivamente si liquidano in euro 750,00.

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