Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10951 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 10951 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARAGLIOLA CRESCENZO N. IL 04/02/1935
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 253/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/10/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

41

‘”-

Uditi dife or Avv.;

Iv ettz,

“AcA”,3
*
0/1

Data Udienza: 28/11/2013

-1- Paragliola Crescenzo ricorre per cassazione, per il tramite del difensore, avverso
l’ordinanza della Corte d’Appello di Napoli, del 27 ottobre 2011, che ha respinto la richiesta,
dallo stesso avanzata, di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta in esecuzione di
ordinanza di custodia cautelare emessa, il 9.12.05, dal Gip del Tribunale di Santa Maria
Capua Vetere per il reato di cui all’art. 12 d.lgs. n. 286/98. Annullato dal tribunale del
riesame detto provvedimento in relazione a tale titolo di reato, è stata successivamente
applicata al Paragliola, su appello del PM, la misura degli arresti domiciliari per il reato di
cui all’art. 605 cod. pen.
Dai fatti contestati l’esponente è stato successivamente assolto, secondo quanto sostenuto
nel provvedimento impugnato, perché il fatto non sussiste (art. 605 c.p.), ex art. 530 co. 2
cod. proc. pen., e perché il fatto non costituisce reato (art. 12 d.lgs 286/98). Dallo stesso
provvedimento si apprende che, con riferimento al delitto di sequestro di persona, il giudice
della cognizione ha evidenziato la mancanza di prova della responsabilità, inizialmente
sostenuta alla stregua di dichiarazioni rese, in sede di indagini preliminari, dalle persone
offese, divenute successivamente irrintracciabili.
La corte d’appello ha rigettato l’istanza di riparazione, avendo ritenuto che l’istante, con il
suo comportamento, precedente l’arresto, gravemente colposo, aveva contribuito a dar causa
al provvedimento restrittivo.
-2- Avverso tale decisione viene proposto, dunque, ricorso per cassazione, ove si denuncia:
a) il vizio di violazione di legge, in relazione all’art. 314 cod. proc. pen., con riguardo alla
carcerazione subita dal Paragliola dal 14 dicembre 2005 al 3 gennaio 2006, a seguito
dell’ordinanza del 9.5.08 poi annullata dal tribunale del riesame in quanto emessa in
violazione dell’art. 273 cod. proc. pen.; sostiene il ricorrente l’illegittimità della detenzione, a
tal titolo subita malgrado l’insussistenza, “ab origine”, delle condizioni di applicabilità della
misura;
b) i vizi di violazione di legge, ancora in relazione all’art. 314 cod. proc. pen, e di
motivazione dell’ordinanza impugnata, con riguardo all’affermata sussistenza del
presupposto impeditivo al riconoscimento del diritto alla riparazione, cioè di una condotta
gravemente colposa del richiedente.
Considerato in diritto.
Premessa l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, in quanto genericamente dedotto,
attesa l’assenza di più specifiche allegazioni capaci di chiarire i diversi passaggi che hanno
caratterizzato la fase cautelare, osserva la Corte che, nel merito, il ricorso è infondato.
-1- In tema di riparazione per ingiusta detenzione, questa Corte ha costantemente affermato
che ha diritto all’indennizzo colui che, oltre ad essere stato giudicato non colpevole per il
reato in relazione al quale ha subito ingiusta privazione della libertà personale, non abbia
tenuto comportamenti dolosi o gravemente colposi che abbiano determinato, o concorso a
determinare, l’intervento dell’autorità giudiziaria, sia pure in presenza di errore da parte della
stessa. Tale condotta, ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, deve manifestarsi
con comportamenti concreti, precisamente individuati, che lo stesso giudice è tenuto ad
apprezzare in modo autonomo e completo al fine di stabilire, con valutazione “ex ante”, se
essi si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del provvedimento
custodiale. Nulla vieta al giudice della riparazione di prendere in considerazione gli stessi
comportamenti oggetto dell’esame del giudice penale, sempre che la valutazione di essi sia
eseguita dal primo, non rapportandosi ai canoni di giudizio del processo penale, bensì a quelli
propri del procedimento riparatorio, che è diretto, non ad accertare responsabilità penali,

2_

Ritenuto in fatto.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla
rifusione, in favore del Ministero delle Finanze, delle spese del presente giudizio che liquida
in complessivi euro 750,00.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2013.

bensì solo a verificare se talune condotte abbiano quantomeno concorso a determinare
l’adozione del provvedimento restrittivo.
-2- Orbene, osserva la Corte che, nel caso di specie, la corte distrettuale si è attenuta ai
principi sopra richiamati, avendo ritenuto, sulla base di quanto emerso in sede di indagini,
con motivazione adeguata e coerente sotto il profilo logico, e nel rispetto della normativa di
riferimento, che la condotta del Paragliola aveva certamente contribuito ad ingenerare, sia
pure in presenza di errore dell’autorità giudiziaria, la rappresentazione di una condotta
illecita dalla quale è scaturita, con rapporto di causa-effetto, la detenzione ingiustamente
sofferta.
I giudici della riparazione, richiamando circostanze emerse nella sede di cognizione, hanno
legittimamente ritenuto che:
-l’avere l’odierno ricorrente svolto, rispetto al lavoro di cittadine extracomunitarie, attività
di intermediazione illecita, in quanto esercitata fuori dalle vie istituzionali e dalle procedure
di legge,
-il trattenere indebitamente i passaporti delle giovani donne che ospitava, dando altresì
precise disposizioni alla sua coimputata di chiudere a chiave la porta dell’abitazione ove le
stesse si trovavano,
costituivano palese manifestazione di una condotta quantomeno fortemente ambigua e
comunque particolarmente imprudente, che aveva contribuito alla formazione del
significativo quadro indiziario che aveva determinato l’adozione dell’ordinanza restrittiva.
Il sindacato del giudice di legittimità sul provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta
di riparazione è, d’altra parte, limitato alla correttezza del procedimento logico-giuridico
attraverso cui il giudice di merito è pervenuto alla decisione; mentre resta di esclusiva
pertinenza di quest’ultimo la valutazione dell’esistenza e dell’incidenza della colpa o
dell’esistenza del dolo. Anche in ragione di ciò, l’ordinanza in esame non merita di essere
censurata, essendo la decisione impugnata del tutto coerente rispetto alle circostanze emerse
in sede processuale, correttamente valutate dalla corte territoriale e perfettamente in linea con
i principi di diritto affermati da questa Corte in tema di riparazione.
-3- Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle
spese processuali ed alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore del ministero
resistente, che complessivamente si liquidano in euro 750,00.

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